Ebola, il Nordest alza le difese
e attiva il protocollo d'emergenza

Ebola, il Nordest alza le difese e attiva il protocollo d'emergenza
di Daniela Boresi
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Venerdì 10 Ottobre 2014, 20:25 - Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 11:09
É la terza volta nel giro di pochi anni che il Veneto alza le difese: la Sars, l’Aviaria, poi il coronavirus cheavrebe dovuto provocare una pandemia epocale. Per non parlare dell’Aids in tempi addietro. Oggi ad "allarmare" gli esperti è ebola, virus datato 1976 e che dopo aver mietuto vittime in Africa inizia a minacciare anche il mondo occidentale. Il primo protocollo sanitario "anti ebola" il Veneto lo ha presentato il 1 settembre e la prossima settimana lo implementerà con nuovi protocolli. Protocollo anche nel vicino Friuli VG. La Regione ha chiamato a raccolta tutti gli esperti del settore, con competenze diverse. Una giornata per verificare se la rete messa in atto abbia o meno le maglie sufficientemente strette. Con questa (ipotetica) epidemia non si scherza. Ci saranno i direttori generali delle Asl e delle due Aziende ospedaliere di Padova e Verona, il Comitato per l’emergenza in Sanità pubblica, i direttori dei Dipartimenti di prevenzione, virologi, biologi, i direttori delle Cure primarie territoriali e tutti coloro che si offrono dei controlli sanitari alle frontiere, nelle protezione degli operatori sanitari dal rischio di agenti biologici. Gli obiettivi del Veneto sono due: mettere in sicurezza le frontiere attivando una rete di protezione e avere il mondo sanitario preparato ad eventuali casi.

Come spiega l’assessore alla Sanità Luca Coletto, «Nulla può essere lasciato al caso, anche se i professionisti e le tecnoligie presenti negli ospedali sono perfettamente in grado di affrontare qualsiasi tipo di emergenza». E lo ribadisce anche il presidente Luca Zaia. «La prevenzione è al massimo livello pensabile - sottolinea Zaia - sia in generale, sia rispetto all'arrivo di migranti che presentassero sintomi sospetti di questa o altre malattie trasmissibili, e i percorsi sanitari per affrontare al meglio un possibile caso sono ben determinati e condivisi da ogni struttura sanitaria. Si tratta di un'ipotesi remota, ma non potendola escludere a priori, abbiamo il dovere di fare tutto quanto necessario per garantire la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini Veneti e di chiunque avesse bisogno di assistenza». Il protocollo del ministero della Salute prevede che in caso di un sospetto contagio le indagini vengano effettuate dai laboratori Bls4 (massima sicurezza) degli ospedali Sacco di Milano e Spallanzani di Roma. Anche se in prima battuta sarà il laboratorio del Centro di Medina molecolare dell’Università di Padova (Bls3, protezione altissima), direttore dal professor Giorgio Palù, a isolare il virus, come centro di riferimento regionale. Ma non solo, come spiega la professoressa Arianna Calistri, Padova sta anche studiando una molecola in collaborazione con l’ospedale Karolinska di Stoccolma molto promettente nella cura della malattia. Per quello che riguarda l’isolamento di eventuali pazienti sono già stati allertati i reparti di malattie infettive di Padova e Verona, oltre a quelli negli ospedali capoluogo. Stretti anche i contatti tra la regione e l’Usmaf (Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di frontiera) con sede in regione con il quale si stanno predisponendo protocolli ad hoc per gli aeroporti e i porti, sia per le merci sia per i passeggeri.

«La contagiosità inizia quando iniziano i sintomi - spiega la dottoressa Francesca Russo, direttore della Prevenzione delle Regione Veneto - La trasmissione tra persona a persona arriva per contatto diretto, stiamo mettendo in atto in tutti possibili di igiene pubblica».
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