Scajola, nuovi indagati nell'inchiesta. Il gip: «Aveva piena consapevolezza spostamenti Matacena»

Claudio Scajola
Claudio Scajola
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Martedì 13 Maggio 2014, 14:46 - Ultimo aggiornamento: 14 Maggio, 12:44
Nell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria che ha portato all'arresto dell'ex ministro Claudio Scajola ci sono nuovi indagati. Lo si è appreso da fonti vicine all'inchiesta. La Dda, intanto, ha presentato appello al Tribunale del riesame contro l'esclusione dell'aggravante mafiosa nei confronti di Scajola e degli altri sette arrestati.



Scajola sarà interrogato venerdì prossimo nel carcere romano di Regina Coeli. L'ex ministro è stato arrestato insieme ad altre sette persone per il favoreggiamento della latitanza dell'ex deputato Pdl Amedeo Matacena.



I nuovi indagati, sull'identità dei quali c'è uno stretto riserbo, avrebbero ruotato, secondo quanto si è appreso, intorno alla cerchia di persone, tra le quali Scajola, che per l'accusa avrebbero agevolato la latitanza di Amedeo Matacena, l'ex deputato di Fi condannato a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa.



Gemayel Tra carte sequestrate forse anche atti coperti da segreto Stato. Sulla lettera che gli investigatori attribuiscono all'ex presidente libanese Gemayel, trovata nell'archivio di Claudio Scajola, c'è un appunto scritto a mano dell'ex ministro. La lettera è una delle tante carte, raccolte in oltre 100 faldoni sequestrate a Scajola e che potrebbero contenere anche atti coperti da segreto di Stato.



La lettera attribuita a Gemayel riguarda il trasferimento in Libano, da Dubai, di Amedeo Matacena e la sua successiva accoglienza. A margine della lettera c'è un appunto di Scajola che i magistrati della Dda di Reggio Calabria gli contesteranno nell'interrogatorio in programma venerdì. Comunque, per un esame completo delle carte sequestrate, occorreranno mesi vista la loro mole impressionante.



Parla Chiara Rizzo «Ho fatto ciò di cui ero convinta. Mi avevano fatto credere che a mio marito potessero dare asilo politico in Dubai». Così Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena arrestata in Francia ai suoi legali. La Rizzo si ritiene «completamente innocente» ha detto l'avvocato Carlo Biondi tanto che «non ha mai rifiutato il processo. Rifiuta le accuse, questo sì, ma è pronta a chiarire».



L'ex ministro aveva la «piena consapevolezza di tutti gli spostamenti del latitante Amedeo Matacena», rileva il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio Calabria nell'ordinanza di custodia cautelare relativamente a una intercettazione telefonica del 16 agosto 2013 alle ore 11.29 tra Scajola e Chiara Rizzo, moglie di Matacena.



Il Dipartimento di Pubblica sicurezza intanto ha disposto un'analisi sull'uso della scorta dell'ex ministro. Lo ha detto il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, intervistato dalla trasmissione Agorà su RaiTre. In alcune intercettazioni telefoniche, che fanno parte dell'ordinanza di custodia cautelare, emerge che Scajola disponeva della scorta e di alcuni poliziotti in forza al Viminale in modo improprio «con spregiudicatezza - scrive il pm - tanto che Scajola si spinge a dare disposizioni che la scorta si rechi all'estero senza "gli attrezzi"».



I frenetici contatti registrati tra Scajola e gli uomini della scorta, secondo il giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, Olga Tarzia «erano parte attiva e determinante per garantire agevoli spostamenti nel territorio italiano della moglie di Matacena». Il 10 maggio scorso su questo fronte il questore di Imperia, Pasquale Zazzaro, ha dato incarico di eseguire un'ispezione per verificare se vi sia stato un uso non corretto della scorta e la regolarità delle relative procedure amministrative.



Si è detta estranea alle accuse Raffaella De Carolis, la mamma di Amedeo Matacena, nel corso dell'interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, Olga Tarzia. De Carolis, difesa dagli avvocati Giuseppe Verdirame e Corrado Politi, è detenuta agli arresti domiciliari per avere l'intestazione fittizia di beni del figlio e avere favorito la mancata esecuzione dell'ordine di carcerazione nei suoi confronti.
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