«Bisogna puntare sul turismo». Una frase spesso ripetuta da politici

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Lunedì 14 Marzo 2016, 04:09
«Bisogna puntare sul turismo». Una frase spesso ripetuta da politici ed amministratori di destra e di sinistra. Ma, a conti fatti, la situazione del Polesine non è delle migliori. Anche se la scorsa annata è stata migliore della precedente, sono lontani gli anni d'oro. Nel 2001, tanto per dare una misura, come testimoniano i dati dell'Ufficio statistico regionale, le presenze erano state circa 2milioni (1.026.300 italiani, 932.709 stranieri), l'anno scorso poco meno di 1,5 (730.480 italiani e 762.075). In quindici anni, insomma, la Provincia di Rovigo ha perso 500mila turisti. E questo, inevitabilmente, si ripercuote anche sulle strutture, costrette a chiudere o ridimensionarsi. Rispetto al 2014 i posti letto sono diminuiti di 380 unità (100 negli alberghi, 280 fra agriturismi, campeggi ed altre strutture). L'annus horribilis è stato il 2013, quando il settore ha toccato il fondo con 1.480.000 presenze ma, soprattutto, con un crollo verticale degli italiani passati da 846mila dell'anno precedente a 704mila, e per la prima volta inferiori agli stranieri. Le presenze sono il numero delle notti trascorse dai clienti negli esercizi ricettivi. Gli arrivi sono invece il numero dei turisti ospitati. Ed è da quest'ultimo dato che si capisce meglio quale sia il mutamento in atto nel turismo polesano, trainato da quello balneare. Rispetto al 2001, anno d'oro, gli arrivi sono ben superiori: 290mila a fronte di 241mila. Cosa significa questo? Che le vacanze in Polesine sono sempre più «mordi e fuggi». Il numero dei turisti, infatti, aumenta, ma crolla la loro permanenza. Per quanto riguarda il turismo estivo, la fetta più consistente considerando che gli arrivi da maggio a settembre 2015 hanno superato i 220mila, questo ha ripercussioni pesantissime. Perché non ci sono più i cosiddetti «stagionali» ed i turisti tendono ad essere «pendolari della vacanza», concentrati soprattutto nel fine settimana e pronti a scegliere mete alternative in caso di maltempo. Dati questi che mostrano una fragilità del settore che rischia di divenire strutturale e con la quale è necessario fare presto i conti. Prima che sia troppo tardi.
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