Il retroscena/«Avanti, questione di serietà». Ma Renzi rischia sui numeri

Il retroscena/«Avanti, questione di serietà». Ma Renzi rischia sui numeri
di Nino Bertoloni Meli
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Venerdì 15 Gennaio 2016, 00:25
ROMA - Ci si son messi pure i cattolici di ispirazione renziana, a creare problemi al premier segretario. Al grido di «no alle adozioni gay, i figli non sono un diritto», in 37 deputati hanno firmato un documento che respinge la proposta di legge Cirinnà con annesso vade retro alla stepchild adoption, che altro non sarebbe che «il cavallo di Troia per inserire le adozioni gay in un testo destinato alle unioni civili, quest’ultimo sacrosanto». Tra i firmatari, Alfredo Bazoli, cattolico e renziano, così come cattolici e renziani sono Lepri e Di Giorgi, tutti sulle barricate anche se, come Bazoli, dicono che stanno cercando «la mediazione».

 

SITUAZIONE CRITICA
Al Senato, dove il testo andrà discusso e votato a fine mese, la situazione è precipitata: non ci sta Ncd («se rimane così, non lo votiamo», Alfano dixit), non ci stanno i centristi, verdiniani o meno, e non ci stanno una ventina di senatori dem già sul piede di guerra. Conclusione: la maggioranza non c’è più. Solo un soccorso grigio-azzurro di forzisti e grillini potrebbe far uscire dall’angolo il Pd, ma non se ne vedono le premesse e neanche le conseguenze, a che pro berluscones e grillinos dovrebbero offrire stampelle all’odiato premier? Sicché tra i renziani fedeli, che restano la stragrande maggioranza, e ai piani alti di palazzo Chigi si va diffondendo l’idea che questa volta le mediazioni sono difficili assai, che la partita si può giocare non necessariamente portando palla. Insomma, si può anche mettere nel conto di perdere. Sarebbe la prima, vera sconfitta di Renzi leader del Pd, ma una vittoria di Renzi premier ”illuminato”, come a dire: io, Matteo, ho tentato di far passare una legge civile che il Paese attende e altrove in Europa già esiste, finanche nella cattolicissima Irlanda, ma il Parlamento non ha voluto né il Pd si è prodigato a cercare mediazioni tali da inficiare la legge stessa. «No allo stralcio, no a mediazioni al ribasso, si va in aula, è una questione di serietà», le parole del premier segretario ai suoi scandite come linea guida. Del resto, la stepchild è certo un provvedimento importante, ma non tale da mettere in discussione il governo, non è nel programma di palazzo Chigi né è paragonabile alla riforma costituzionale sulla quale Renzi e Pd renziano hanno fatto di tutto perché passasse e ancora scommettono in vista del referendum. Le maggioranze variabili, questa volta, sono più difficili se non impossibili da trovare, e comunque Renzi non ha scatenato nessun Lotti e nessuna Boschi per trovare a ogni costo i numeri.

IL NODO POLITICO
Rimane il rimpianto di quanti al testo hanno creduto, a una mediazione ancora sperano, e nel Pd credono. «Abbiamo fatto il Pd anche per superare l’annosa dicotomia tra laici e cattolici, ma vedo che era e rimane difficile», allargava le braccia uno sconsolato Walter Verini, braccio destro di Veltroni. Quello che non riuscì al primo segretario del Pd, i Dico che non riuscirono al successore Bersani, è materia che si tramanda e si ritrova pari pari anche nella gestione renziana. E’ più forte il richiamo di Oltretevere rispetto a quello del Nazareno? «Niente di tutto questo. Monsignor Galantino ha detto chiaro che il Vaticano ha la sua posizione ben definita, ma in Parlamento ce la dobbiamo vedere noi, mica è più come una volta, che ci chiamavano uno per uno», spiega e informa Ernesto Preziosi, primo firmatario dei 37 del no pasaran, ora che Fioroni è impegnato a svelare i misteri di Moro.
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