Energia e Ue/ Una proposta per fermare la Merkel sul gas russo

di Romano Prodi
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Domenica 20 Dicembre 2015, 00:34
Timothy Garton Ash, uno dei più attenti studiosi dell’Europa, ricordava ieri, sulle pagine del Financial Times, il momento più alto dell’Unione Europea quando, dieci anni fa, essa si presentava come la più larga associazione di economie liberali del mondo. L’Europa aveva infatti messo in sicurezza i Paesi che erano stati sotto il controllo dell’Unione Sovietica, si preparava ad approvare una nuova Costituzione e il suo euro marciava a gonfie vele. Dieci anni fa, il secolo XXI sembrava appartenere all’Europa. L’analisi si dilungava poi con lo spiegare le ragioni della decadenza successiva, sottolineando il fatto che, non volendo prendere atto della crisi, tutto “l’armamentario” europeo rimane in vigore ma non ha più munizioni. In questo nuovo quadro i vertici europei sono ancora un luogo di dibattito ma sempre meno una sede di decisioni. Così è avvenuto nell’ultimo vertice dove nulla di nuovo è stato definito, perché ormai il potere è nelle mani delle Cancellerie dei singoli Paesi, o meglio della Cancelleria di Berlino, alla quale gli altri membri dell’Unione vengono invitati ad accodarsi. Se, come ormai di consueto, nessuna decisione è stata presa, vi è stato finalmente uno scontro aperto su tutti i punti importanti all’ordine del giorno, cioè sulla garanzia dei depositi bancari, sulle regole concernenti le migrazioni, sulle sanzioni alla Russia e, soprattutto, sul raddoppio dell’ormai famoso gasdotto che, col nome di North Stream, congiunge direttamente la Russia alla Germania.


Ed è sul North Stream che si gioca una delle più importanti partite del futuro dell’Europa. Un grande progetto, che costa ben più di dieci miliardi di euro e che vede coinvolte, oltre alla russa Gazprom, grandi imprese energetiche tedesche, francesi, olandesi, austriache e britanniche.

Un gasdotto di cui non vi è assolutamente bisogno, perché i tubi esistenti sono più che sufficienti, dato che la domanda è prevista in stagnazione, così come sono previsti nuovi investimenti nell’area mediterranea. Perché quindi spendere tanti soldi? Le spiegazioni sono semplici. Da parte russa non ci si fida del governo ucraino. Io stesso mi sono trovato, proprio dieci anni fa come presidente della Commissione Europea, a dovere raffreddare le tensioni in materia di forniture energetiche tra Russia ed Ucraina. Tensioni sul prezzo e perfino sui furti di gas dai tubi in transito dall’Ucraina. Tensioni che, allora, la Commissione Europea era in grado di mediare.
Da parte tedesca l’interesse è evidente: diventare sostanzialmente l’unico punto d’arrivo del gas russo in Europa, aggiungendo un ulteriore tassello al proprio ruolo dominante su tutta la politica europea. Una strategia appoggiata dall’intera coalizione di governo e, ovviamente, dalle imprese interessate a questo grande investimento. Non voglio entrare nelle polemiche che riguardano la coerenza del governo tedesco che, da un lato, spinge per il prolungamento delle sanzioni alla Russia e, dall’altro, conclude con la Russia stessa un accordo politico ed economico di importanza secolare. Voglio invece ritornare su un’alternativa, su cui già ho scritto molti mesi fa sul Messaggero e della quale ho parlato, sempre ricevendo riscontri positivi, con alcuni dei maggiori leader politici europei e russi, Putin incluso.

La proposta è quella di creare una società per un terzo di proprietà del governo russo, per un terzo dell’Unione Europea e per un terzo del governo ucraino, una società che sovrintenda, diriga e controlli il flusso del gas dalla Russia all’Europa nei gasdotti che già esistono in Ucraina, la portata dei quali può essere anche ampliata con una minima spesa. Questo semplice progetto garantirebbe alla Russia la sicurezza del suo mercato e all’Europa l’approvvigionamento di cui ha bisogno.

Tale accordo sarebbe inoltre in grado di fornire, come compenso per il transito del gas, almeno due miliardi di euro all’anno alle casse del povero governo ucraino, che tanto ne ha bisogno oggi e ancora più ne avrà bisogno in futuro. L’ultima conferenza stampa del presidente Putin torna a prendere in considerazione l’ipotesi di mantenere gli esistenti legami con l’Ucraina, purché siano fornite le stesse garanzie di sicurezza e di rispetto dei contratti che sono contenute nel North Stream. Si tratta di un’apertura che l’Ucraina deve cogliere e l’Unione Europea deve incoraggiare poiché questo progetto, che si basa su ineccepibili fondamenta economiche e politiche, costituisce un passo fondamentale per il cammino della pace in Ucraina.

La dura presa di posizione di Renzi, appoggiata anche dalla Polonia, può quindi aiutare a prendere iniziative non limitate all’interesse di un Paese o delle imprese coinvolte ma a costruire la pace, che è superiore ad ogni interesse.

Al debole vertice europeo seguiranno infatti prossimi incontri fra Renzi e la Merkel a Berlino e fra Renzi e Juncker a Roma. Se confortate dalle necessarie alleanze, questi incontri saranno occasioni preziose per compiere passi avanti non solo sul problema del North Stream ma su tutti i delicati interrogativi riguardo ai quali le riunioni di Bruxelles, come scrive Timothy Garton Ash, non sembrano oggi in grado di dare una risposta.


 
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