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 La questione dei neri di Arrigo Sacchi: non è razzismo, la società cambia

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Mercoledì 18 Febbraio 2015, 23:35
 Arrigo Sacchi non è un razzista. Adesso tutti contro di lui perché si è lasciato andare in una dichiarazione non certamente corretta sotto il profilo dell’opportunità. Lo accusano in molti, il presidente della Fifa, Blatter, affida a un tweet il suo pensiero contro Arrigo ma non parla, non lo ha mai fatto, di quello che accade nella sua Federazione, di un Mondiale finito in Qatar per soldi e non per sport. In barba al caldo pazzesco, in barba alla salute dei calciatori: tanto loro sono pedine di un bel giocattolo che ha negli sponsor e nelle tivù il fine. Il gioco del calcio? Un opzional. Ma lasciamo da parte queste cose. Torniamo ad Arrigo Sacchi. Il padre della zona è finito fuorigioco parlando di troppi neri nei settori giovanili. Non è così e siamo certi che Sacchi non voleva esprimersi in negativo parlando di neri. La questione è, a nostro avviso, squisitamente tecnica e riguarda tutto lo sport, non solo il calcio. Adesso, dato che siamo in un momento di passaggio per quanto riguarda la società, ossia non c’è ancora una completa integrazione e non c’è ancora la visione di una società globale, quelli che sono gli italiani, ovvero ragazze e ragazzi nati qui, figli di genitori italiani, sembrano essere in minoranza. Lo sono certamente sotto il profilo sportivo perché non hanno quelle capacità, quella voglia che peraltro avevano ragazze e ragazzi di qualche generazione fa, che hanno i cosiddetti stranieri. Non c’è nulla di strano e tantomeno di razzismo dicendo questo. E’ solo un dato di fatto. Un dato di fatto che deve essere accettato e che deve dare la voglia e la forza ai ragazzi italiani – ma italiani sono tutti coloro che fanno sport in Italia, al di là del colore della pelle – di fare altrettanto. Poniamoci una domanda: perché Balotelli è così forte (comportamenti a parte)? Non certo perché ha la pelle nera. Lo ha perché ha saputo abbinare alle sue qualità fisiche la voglia di arrivare al massimo. Perché Yeman Crippa è diventato, lo scorso dicembre, campione europeo di cross? Crippa è nero essendo nato in Etiopia e adottato da una famiglia italiana (vive in Valsugana). Certo, ha talento e doti naturali ma non si vince solo per questo: si vince allenandosi, faticando ogni giorno e ogni giorno facendo sacrifici. Ricordate che negli anni Novanta c’era un certo Totò Antibo che teneva testa nei 10 mila metri agli africani. E Antibo era bianco, italiano come pensano in molti, mica un importato. Aveva solo voglia di allenarsi, di correre, di vincere. Qualità che nel tempo i ragazzi italiani hanno perso. I nuovi italiani, italiani al cento per cento, quella voglia, quella determinazione la hanno e devono trasmetterla. Arrigo Sacchi ha notato questo e ha detto che nel calcio giovanile i neri sono troppi e non permettono ai nostri di emergere. Certo, è così perché il calcio di oggi non è il calcio di Gianni Rivera quando il talento era tutto. Oggi è diverso, oggi serve un fisico bestiale, serve atletismo, serve forza – come nel tennis dove i palleggiatori non fanno tanta strada – e gli italiani acquisiti – chiamiamoli così ma ripetiamo sono italianissimi – di atletismo, di forza e di voglia di allenarsi ne hanno tanta. Arrigo Sacchi ha notato questo e probabilmente non ha fatto distinzione tra quelli che sono italiani veri, come pensa lui, e italiani acquisiti. Solo una questione di tempo per convincere anche lui che la società sta cambiando, che il mondo si apre a nuove realtà e non ci devono essere più distinzioni. Una frase infelice quella di Arrigo, certo, ma che da la possibilità di aprire un dialogo e non una polemica, sulla questione.
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