Bufera ad Atene, Syriza si spaccata: si sfascia l'alleanza con i nazionalisti

Bufera ad Atene, Syriza si spaccata: si sfascia l'alleanza con i nazionalisti
di Teodoro Andreadis Synghellakis
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Lunedì 13 Luglio 2015, 15:26 - Ultimo aggiornamento: 14 Luglio, 08:36
ATENE - Per il momento Alexis Tsipras non è intenzionato a dimettersi. Il governo greco cerca di definire una nuova strategia per adattare il contenuto dell'accordo firmato da Atene alla necessità di riuscire a superare la crisi economica. Bisogna capire quanti deputati di Syriza, d'ora in poi, saranno disposti a votare le riforme volute dai creditori, a iniziare da quella dell'innalzamento delle aliquote Iva. Mentre Yanis Varoufakis si fa sentire per lanciare la sfida al premier: «Ha ceduto». E mentre è stato annunciato lo sciopero del pubblico impiego per domani, quando il Parlamento dovrà votare le riforme imposte da Bruxelles.



LE POSIZIONI

Ieri sera il leader del partito conservatore dei Greci Indipendenti e ministro della difesa, Panos Kammenos, ha fatto sapere di non condividere il compromesso con cui si è evitata la Grexit, ma che non intende uscire dal governo. Quanto a Syriza, all'interno del partito ci sono stati contatti frenetici per verificare se i dissidenti che non intendono votare i decreti attuativi sono circa trenta, come si ipotizzava, o il loro numero è destinato a calare. Tsipras ha incontrato i collaboratori, mentre il portavoce di della Coalizione della Sinistra Radicale al parlamento, Nikos Filis, ha ribadito che i deputati di Syriza, qualora si trovino a dissentire con scelte fondamentali del governo, devono dimettersi. «Due alternative: o elezioni nel 2015 o un governo di scopo», ha detto il ministro del Lavoro Panos Skourletis, chiarendo che un'eventuale collaborazione con altri partiti sarebbe solo mirata all'applicazione dell'accordo di Bruxelles nell'immediato futuro. «Tuttavia, è un accordo che non ci rappresenta, non mi sento di accusare chi non riesce a dire sì a questo compromesso» ha aggiunto Skourletis. La sfida, per Tsipras è chiara. Riuscire a gestire l'accordo secondo le linee della propria politica - cercando di suddividere in modo socialmente equo i sacrifici, rendendoli più accettabili - o un nuovo ricorso alle urne, in autunno, magari in concomitanza con le elezioni spagnole. Ciò che appare certo è che ci sarà un rimpasto di governo per mettere fuori gioco la minoranza interna.



LE TENSIONI

Nel frattempo si è dimesso da deputato il viceministro per gli Affari europei Nikos Chountis, che aveva reso nota la sua intenzione di non approvare le riforme. Tsipras è intenzionato a sostituire i due esponenti della minoranza Panajotis Lafazanis - responsabile del dicastero per la Riorganizzazione produttiva - e Dimitris Stratoulis, ministro aggiunto per la Previdenza sociale. È probabile, inoltre, che ci siano cambiamenti nei ministeri legati all'attuazione degli aspetti fondamentali della politica economica. Non certo del ministro delle Finanze, Efklidis Tsakalotos. Secondo alcune indiscrezioni si sarebbe dovuta dimettere anche la presidente del Parlamento Zoe Costantopoulou, ma in serata le stessa ha smentito. Nel frattempo, dal fronte delle opposizioni, il centrodestra di Nuova Democrazia fa sapere che «è stato scelto un accordo doloroso, molto peggiore di quelli firmati sino a ieri, per evitare la completa distruzione del Paese». Il partito, ufficialmente, si dice disponibile a sostenere l'approvazione dei vari decreti, ma ieri, da una riunione a porte chiuse è filtrato che una parte dei deputati conservatori non sarebbe disponibile a votare misure considerate recessive, come l'aumento dell'iva nelle isole.

Nessuno vuole essere associato al ritorno della Troika e all'applicazione di una nuova austerity, che nel sentire più profondo di molti greci, è percepita più come una sorta di insistenza ideologica dei creditori, che come una strategia realmente utile. I socialisti del Pasok, parte di Nuova Democrazia e la formazione centrista del Fiume, si dicono pronti a votare la maggior parte delle riforme richieste da Bruxelles, ma non intendono fornire un sostegno duraturo e incondizionato al governo. È da considerarsi indicativa la posizione della nuova presidente del Pasok, Fofi Jennimatà, che ha chiesto a Tsipras «di far sapere cosa intende fare con il governo, con il gruppo parlamentare e con Syriza».



Il capo del governo sa di essere sempre il politico più popolare del paese e cercherà di giocare questa carta nel migliore dei modi. «La fumata bianca dell'accordo è stata prodotta dalle ceneri dei greci», ha scritto il padre nobile della sinistra greca, l'ex partigiano ed eurodeputato Manolis Glezos. «Il mio obiettivo erano solo ed esclusivamente i creditori», ha poi voluto spiegare, per evitare fraintendimenti.
Ma l'amarezza è tanta, specie tra chi è rimasto disoccupato, o ha visto scomparire, in questi cinque anni di crisi, quasi la metà del proprio reddito. «È per loro che non dobbiamo mollare. E per non dare l'occasione ai neonazisti di Alba Dorata di presentarsi, ipocritamente, come avversari dell'austerità», spiegano alcuni tra i più stretti collaboratori del premier greco.
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