Casa e canone Rai, il governo blocca gli aumenti nel 2015

Casa e canone Rai, il governo blocca gli aumenti nel 2015
di Luca Cifoni
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Domenica 14 Dicembre 2014, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 09:36
Tasi ferma ai livelli del 2014, canone tv congelato a quota 113,50 euro anche per il prossimo anno, conferma dell’esclusione dei cosiddetti macchinari imbullonati dall’applicazione dell’Imu. Di fronte alla difficoltà di definire in tempi rapidi nuove regole su alcune delle questioni fiscali più scottanti, il governo corre ai ripari per evitare, quanto meno, un inasprimento del prelievo rispetto ai livelli attuali.



La questione più urgente era senza dubbio quella della tassa sui servizi indivisibili, che per la generalità degli immobili è dovuta in aggiunta all’Imu, mentre per quanto riguarda le abitazioni principali rappresenta sostanzialmente l’unico tributo comunale. Le due imposte - insieme all’addizionale comunale Irpef e ai canoni su pubblicità e occupazione di spazi pubblici - sarebbero dovute confluire nella cosiddetta “local tax” già annunciata anche dal presidente del Consiglio Renzi. Le probabilità di portare a termine questa operazione nel 2015 appaiono però scarse, per una serie di difficoltà tecniche: a partire da quelle connesse al progettato scambio tra Imu sui fabbricati produttivi (il cui gettito è attualmente di competenza dello Stato) e addizionale Irpef.



DECRETO IMPROBABILE

Così qualche giorno il governo ha preso atto della situazione rinunciando a inserire la materia nella legge di Stabilità. E a questo punto appare improbabile anche l’ipotesi di un decreto a inizio anno, che a sua volta innescherebbe una corsa da parte dei Comuni per adeguarsi al volo alle nuove norme. Insomma il tema del nuovo tributo comunale potrebbe slittare al 2016. In questo scenario però l’esecutivo avrebbe rischiato il prossimo anno di subire le conseguenze di nuovi aumenti Tasi decisi dai Comuni. Infatti per il solo 2014 era operativo un tetto all’aliquota, fissato al 2,5 per mille, oltre alla regola generale per cui la somma di Imu e Tasi non può superare le vecchie aliquote massime dell’Imu (6 per mille per le abitazioni principali e 10,6 per gli altri immobili). Scaduta la norma transitoria, i Comuni avrebbero potuto quindi potuto far crescere fino al 6 per mille il prelievo sulle prime case: opzione non improbabile visti anche gli ulteriori tagli dei trasferimenti destinati agli enti locali.



L’AIUTO DELLO STATO

Di qui la scelta di intervenire per congelare lo scenario di quest’anno. Dunque nel 2015 la Tasi sarà applicata esattamente allo stesso modo: l’aliquota massima resta fissata al 2,5 per mille ma alla somma di Imu e Tasi (in realtà solo quest’ultima nel caso della abitazioni principali non di lusso che l’Imu non la pagano) potrà essere aggiunto un ulteriore 0,8 per mille a condizione che il Comune istituisca, per un importo complessivo equivalente, detrazioni finalizzate a ridurre il prelievo sulle case di basso valore catastale. Per le amministrazioni comunali però questo assetto non è sufficiente a garantire gli introiti degli anni precedenti: lo scorso anno c’era stato un intervento dello Stato per 625 milioni.

Anche per il canone televisivo dopo molte discussioni l’esecutivo ha abbandonato l’idea di portare avanti in tempi rapidi la riforma (che collegava il pagamento all’utenza elettrica) e ha preferito stabilire che il prossimo anno la tassa sul possesso dell’apparecchio televisivo resti all’attuale livello di 113,50 euro.



Risolta con un emendamento pure la questione dei cosiddetti macchinari imbullonati, apparecchiature che fanno parte, ma non stabilmente, degli immobili produttivi. Alcuni Comuni avevano iniziato a conteggiarli nella rendita castatale complessiva, con conseguente aumento del prelievo per le imprese: con una semplice norma di interpretazione il governo richiama, rendendola vincolante, una precedente circolare dell’Agenzia del Territorio che escludeva dal calcolo questi macchinari.



Infine un’altra modifica fa partire dal primo gennaio, indipendentemente dal via libera europeo, il regime dello split payment per cui le pubbliche amministrazioni versano direttamente l’Iva dovuta per i propri acquisti, che quindi vengono pagati ai privati al netto dell’imposta.
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