Il conto dell'energia per le imprese continua a salire. A correre più velocemente delle stime già pessimistiche dei mesi scorsi. Il mondo produttivo quest'anno dovrà pagare una bolletta energetica più cara di 80 miliardi. Dall'assemblea di Assolombarda, è il presidente degli industriali Carlo Bonomi a lanciare il grido di allarme. «La bolletta energetica delle imprese - ha detto il numero uno di Confindustria - ha avuto un brusco aumento in pochi mesi passando dagli oltre 60 miliardi a 80 miliardi». Un peso che rischia di schiacciare le imprese. Non si contano più i casi degli stabilimenti costretti a ridurre la produzione per il caro bollette. Da mesi, ha ricordato Bonomi, Confindustria spinge perché venga introdotto un tetto al prezzo del gas. «Avevamo chiesto», dice il numero uno degli industriali, «che fosse fatto a livello europeo e, nel caso non fosse stato possibile, almeno a livello nazionale». L'auspicio di Bonomi è che «finalmente si arrivi a questa soluzione, che consente di evitare qualsiasi speculazione». A Bruxelles sul tema qualcosa si muove, ma ancora troppo lentamente. E le misure, come sempre più spesso accade, rischiano di arrivare fuori tempo massimo.
Nel pressing di Confindustria non c'è però una critica al governo guidato da Mario Draghi.
I punti critici
Non c'è solo questo. C'è la questione aperta della Cassa integrazione dove le imprese, ha detto Bonomi, sono utilizzate come «un bancomat». E c'è soprattutto la questione del lavoro e dei redditi che, in qualche modo, è legata a quella dei sussidi. Bonomi non ama bonus e reddito di cittadinanza. E non ne fa mistero. «Abbiamo 800 miliardi in più di debito pubblico in un decennio e non abbiamo sconfitto la povertà, anzi l'abbiamo aumentata», ha detto. Aggiungendo: «La spesa assistenziale è raddoppiata ma abbiamo anche aumentato la povertà».
La strategia
Siamo ormai, sostiene Bonomi, un Paese che «vive di bonus». Più di un italiano su due incassa qualche forma di sussidio. Dagli 80 euro di Renzi al bonus per gli psicologi. «Questo», dice il presidente di Confindustria, «è un Paese che ha dei problemi». A chi, come il ministro della transizione digitale Vittorio Colao, ha fatto notare agli industriali che per convincere a lavorare i giovani bisogna pagarli di più, Bonomi ha riconosciuto che su questo gli imprenditori hanno le loro «colpe». Ma, ha aggiunto, «quando cerchiamo i giovani abbiamo la concorrenza del reddito di cittadinanza». È vero, il sussidio esiste anche negli altri Paesi. «Se però rifiuti il lavoro una volta lo perdi», ha detto Bonomi. La soluzione, secondo il leader degli industriali, è quella già proposta da Confindustria. Tagliare il cuneo fiscale di 16 miliardi di euro, mettendo 1.223 euro l'anno in più nelle tasche dei lavoratori con redditi fino a 35 mila euro. In pratica un altro stipendio. Nell'aria da «sciogliete le righe» che secondo Bonomi si respira tra i partiti politici, l'unico a scaldare il cuore degli industriali è Sergio Mattarella. A lui la platea ha tributato l'applauso più lungo.