Il valore delle cose e il ricordo che ci portiamo dietro

Il valore delle cose e il ricordo che ci portiamo dietro
di Anna DE LAURO
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Mercoledì 7 Dicembre 2016, 08:20
Siamo tra gli anni Trenta e Quaranta del Ventesimo secolo, agli esordi di un mondo che si sta globalizzando, nel periodo in cui fioriscono i mezzi di comunicazione di massa; nel periodo in cui, un articolo scritto a New York,
incominciava a sconvolgere anche l'Europa, quello in cui una frase sul giornale poteva cambiare le sorti di un voto in parlamento o lo stile di vita di un'intera nazione. È il "quarto potere", quello dei mass media, capace di modificare a suo piacimento l'opinione pubblica, di lanciare la moda del prossimo decennio, di arrivare là dove la comunicazione faccia a faccia non avrebbe mai potuto.

Tutto questo fa gola a Charles Foster Kane, un miliardario che, nell'opulenza della sua vita, non può desiderare altro se non di esercitare la sua influenza in tutti gli Stati Uniti, diventando direttore di un giornale. Kane diventa così, agli occhi dell'America, il "grande Gatsby" del giornalismo, un esteta, un edonista, l'uomo che tutto può e a cui tutto è concesso. La sua morte mette a lutto il mondo e per giorni non si fa che parlare di lui. Il direttore di un cinegiornale, con l'intenzione di ereditare la sua stessa fama,decide di raccontare la storia di questo "superuomo", ma non quella che tutti conoscono, non quella che lo presenta come una sorta di "Mazzarò D'America" che ha passato la vita ad accumulare "roba", ma la sua storia più intima, quella dell'uomo e basta, quella che ancora tutti ignoravano.

Thompson, giovane dipendente del cinegiornale, comincia così a ricercare informazioni su di lui, partendo da "Rosabella", l'ultima misteriosa parola pronunciata da Kane prima di spirare, di cui il giornalista prova a scoprire il significato.
Orson Welles, attore, regista e sceneggiatore del lungometraggio, ha l'abile intuizione di narrare la biografia, non dal punto di vista distaccato di un narratore esterno, ma attraverso gli aneddoti che i personaggi raccontavano a Thompson su di lui. La storia assume così la prospettiva di chi l'ha vissuta dal suo interno e non di chi l'ha semplicemente letta su qualche giornale.

Dall'ex moglie ai suoi nemici, ai suoi più cari colleghi, ciò che Thompson ricava è il ritratto di un bambino diventato ricco troppo presto, un uomo che non ricorda il sapore dolce delle cure materne e che colma i suoi vuoti e le sue mancanze con degli oggetti di valore e con i lussi e gli eccessi effimeri della vita. Un uomo indubbiamente carismatico, ma pur sempre un uomo.
Quanto a Rosabella, Thompson non riesce a ricavare alcuna informazione. Sarà lo spettatore a scoprirne l'identità nell'ultima inquadratura: Rosabella è l'infanzia, Rosabella è la semplicità di un momento felice, è il tempo che nemmeno l'uomo più ricco può comprare, Rosabella è la dimostrazione che il valore delle cose non sta nel loro prezzo, ma dentro di noi e nel ricordo che di loro ci portiamo dietro.
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