Trent'anni fa la scomparsa di Teodoro Pellegrino. Rinnovò la Biblioteca di Lecce

Trent'anni fa la scomparsa di Teodoro Pellegrino. Rinnovò la Biblioteca di Lecce
di Alessandro LA PORTA
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Lunedì 13 Aprile 2015, 15:47
Quando Gregorovius il celebre autore delle Passeggiate in Italia visitò il Salento alla fine dell’800, ebbe a lamentarsi della mancanza di biblioteche sul territorio, mentre Norman Douglas, scrittore, bibliofilo ed editore di rarità, una trentina di anni più tardi, scrivendo di Taranto con amabile buon gusto, annotò che “la biblioteca municipale fondata da poco è quanto di meglio si possa desiderare”. Ma è il grande Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia” ad affermare perentoriamente: “La Biblioteca di Lecce, riordinata nel dopoguerra, è tra le migliori del Sud” e l’elogio, del tutto meritato e rispondente alle qualità oggettive dell’istituzione, ricade sul direttore di allora, Teodoro Pellegrino, che fu l’artefice della ristrutturazione “moderna” della Biblioteca, consistente, prima del suo mandato, in un disorganico coacervo di libri di natura eterogenea e di provenienza diversa, per lo più monastica.



Ma Piovene incalza e la sua penna acutamente registra “l’aspirazione all'Università”, il Centro di Studi Salentini, il cosiddetto “piano L” (per Lettura) che avveniristicamente puntava alla capillare diffusione della lettura attraverso le biblioteche in tutti i Comuni della provincia, le fortunatissime Celebrazioni Salentine, che coagularono intorno a Lecce l’attenzione di giornalisti e scrittori “importanti” (compreso lo stesso Piovene), il Premio Salento, che congiunse al nome di Lecce Calvino e Silone, Vittorini e Cassola, per finire con Comi e la sua casa-museo che portava direttamente in Europa, grazie agli autografi dei “francesi”, nei libri del poeta-industriale di Lucugnano, non ancora destinati all’amministrazione provinciale.



Ora in tutte queste iniziative, in questo fervore culturale insolito per una città “morta” (l’aggettivo è usato da Piovene per Otranto, ma calza benissimo alla Lecce degli anni ’50) che si risvegliava in nome della cultura, Pellegrino svolse un ruolo da protagonista, lui così attivo e dinamico, preparatissimo nelle discipline che erano di sua competenza, l’archivistica e la biblioteconomia, ma anche versatile e colto, nonché disponibile a quanto, nel segno della bellezza, poteva contribuire alla crescita della sua città. Lo conferma il sodalizio con l’Accademia di Belle Arti, da lui fortemente voluta, e le mostre che vi organizzò; lo dimostra il travolgente entusiasmo per la civiltà bizantina del Salento, cui dedicò un eccezionale documentario, fra i primi a colori, firmato dalla maestria di Adriano Barbano, ed ancora i tanti articoli di storia e folklore locale pubblicati sui giornali leccesi con il suo brillante ed inconfondibile stile, aristocratico ed ironico, ma caustico al tempo stesso.



La “presenza” di Pellegrino è percepibile ancora oggi nell’allestimento della splendida Sala di Lettura della Biblioteca di piazzetta Carducci, sulla cui funzionalità ed unicità insisteva deplorandone il trasferimento, che invece fu poi effettuato, nel palazzo del Collegio Argento in viale Gallipoli: non solo aveva previsto l’inadeguatezza di quest’ultima sede che ha inflitto all’edificio mutilazioni architettoniche ormai irreversibili, ma l’insufficienza a contenerne il patrimonio bibliografico, come è facile constatare dopo appena un trentennio di vita (le biblioteche, si sa, sono organismi in continua e costante crescita numerica).



La sua “direzione” è palpabile in alcune soluzioni pratico-logistiche, nel pensiero fisso della Sezione Salentina e della Fototeca (non ancora realizzata a Lecce), nell’idea avveniristica della Biblioteca per i ragazzi ed i bambini, oggi che si fa tanto per progetti loro indirizzati come “Nati per leggere” ed “In Vitro”. Ed almeno un’altra iniziativa va ricordata, che fu coronata da successo e ne mise in evidenza la lungimiranza: l’Enciclopedia illustrata antica e moderna del Salento (1970) che doveva diventare un veicolo di informazione storico-turistica e che partì col piede giusto individuando nell’Abbazia di Cerrate uno dei monumenti più significativi dell’hinterland.



Dulcis in fundo la battaglia per l’Università, già segnalata da Piovene, che – è il caso di sottolinearlo – Pellegrino titolava “degli studi umanistici mediterranei” in tempi non sospetti, con incredibile precocità e singolare coerenza, quasi una profezia a giudicare da quanto accade oggi.

Insomma in tempi di magra per il beneamato Ministero per i Beni culturali (Spadolini che lo aveva fondato, teneva moltissimo al “per”, contro ogni possibile ritorno di sgradevoli ricordi) fra economie imposte dalla spending review che esclude l’acquisto di arredi (e quindi anche delle scaffalature) fra biblioteche costrette a chiudere un po’ dappertutto (la crisi ha infatti investito anche Lecce nei giorni scorsi) per l’impossibilità di retribuire il personale che vi lavora e dal futuro incerto nella logica della possibile separazione dalle Provincie, mentre si fa avanti minacciosamente l’opinione che il patrimonio librario o archivistico costituisce una zavorra per il cittadino del terzo millennio, il prezioso insegnamento che deriva dall’esperienza di Teodoro Pellegrino rimane un luminoso punto di riferimento, un faro nelle presenti difficoltà della “navigazione” culturale.



E se è vero che Internet ha risolto in maniera brillante tanti problemi connessi alla vita del libro e delle biblioteche, è altrettanto vero che la “lezione” di Pellegrino resta di grande attualità, ed a noi non tocca che di renderla attuale e praticabile nel ricordo della sua straordinaria personalità.
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