Taranto, la città nascosta dell'archeologia

Taranto, la città nascosta dell'archeologia
di Francesca RANA
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Domenica 3 Aprile 2016, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 17:12
TARANTO - Taras e la sua acropoli nell'area dell'attuale Castello Aragonese si visualizzavano nella fantasia, quando, alla “Giornata jonica di cultura classica”, ha iniziato a relazionare Luigi La Rocca, soprintendente alle antichità archeologiche della Puglia, in carica fino all'attuazione della Franceschini bis. Ha ricordato l'unica colonia di fondazione spartana nell'VIII secolo a.C, nell'Italia meridionale, ed un sito archeologico dopo l'altro ha fatto immaginare la vita dei coloni dopo lo sbarco a Satyrion, area del santuario extraurbano, aspettando l'esposizione al MarTa di ulteriori reperti legati ad aspetti votivi del rituale, trovati nell'area. La vera città era, invece, tra i due mari e, lungamente, non ha avuto bisogno di proteggersi: «Le indagini archeologiche hanno consentito di definire la topografia di insediamento fino al V, IV a.C secolo, quando si definisce il concetto di Megale Ellas. Era estesa fino a via Acclavio ed alle necropoli. Non c'erano le mura fino alla crescita demografica ed alle guerre contro i Messapi».
 
Il livellamento, ai tempi del Piano Conversano e dell'Arsenale, originò il salto di quota e, nell'isola di oggi, vengono curate le colonne del tempio dorico, dedicato presumibilmente ad una divinità femminile, e si ambisce a valorizzare il Convento di San Domenico: «Sono visibili i resti in carparo. C'era un nostro progetto di rendere visitabile un luogo sotto la Chiesa di San Domenico, dove si sono poggiate le fondazioni della peristasi (colonnato, ndc) di un tempio dorico. Grazie alla Confraternita dell'Addolorata e ad Antonietta Dell'Aglio, siamo riusciti a ripulire ed a fare un rilievo. Adesso, abbiamo una planimetria quasi completa».

Da anni, si investono soldi e valorizzano siti archeologici, puntualmente incustoditi e saccheggiati. Al caso di Largo San Martino, con tracce di tre epoche, a rischio devastazione e murato, si unisce Palazzo Delli Ponti, con sepolcreto ad arcosolio e tombe a fossa, restaurato con fondi pop e devastato: «Era di grande fascino. La maledetta ricerca di rame mette a repentaglio questi siti. I luoghi con una destinazione d'uso definitiva non sono stati distrutti. Accolgo con speranza la possibile destinazione d'uso universitaria». I fondi europei dell'agenda 2007/2013 stanno servendo: a migliorare allestimenti e fruibilità in tombe a camera - approfondite anni fa grazie all'insistenza degli Amici dei Musei - luoghi di culto misterici, forse dionisiaci, e necropoli di via Marche, puntando a garantire visite immersive, realtà aumentata e sicurezza; e, soprattutto, ad accelerare il completamento del futuro Parco di Collepasso, in un certo senso archeobotanico, nei pressi del Ponte Punta Penna.

«Probabilmente - ha concluso - era il limite nord orientale della città antica. Furono indagate le mura, con segni di cava consistenti, a doppia cortina. E fu rinvenuto il fossato, a livello di fondazione e primo livello. L'area, del demanio, si presentava in maniera piuttosto mal conservata. Era già stata recintata e l'intervento di natura archeologica ha riportato alla luce tutto il tratto di mura indagato, tagli nella roccia di tombe di età ellenistica e romana. Abbiamo pensato, non avendo emergenze di straordinaria monumentalità, ad un parco urbano dove la gente possa passeggiare sulle passerelle e trovare giardini con essenze mediterranee e disegni particolari. Stiamo rifacendo una vecchia masseria, dove nascerà un centro di accoglienza e visite verso il MarTa, centro propulsore di flussi turistici. Ci sarà un centro di documentazione multimediale e sarebbe un miglioramento della qualità della vita».
Il nuovo itinerario potrebbe essere presentato ufficialmente entro questa primavera: «Ora, dobbiamo mettere tutto a sistema. Altrimenti, fa tutto la fine di Palazzo Delli Ponti. E non ce lo possiamo più permettere».
 
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