Varotsos, un artista che narra la politica

Varotsos, un artista che narra la politica
di Brizia MINERVA
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Domenica 26 Marzo 2017, 19:23

Può l’arte raccontare il tempo delle grandi migrazioni? Può ricoprire ancora una funzione politica?
A rispondere possono bastare le ultime installazioni di Ai Weiwei, super star dell’arte globale che porta l’attenzione sul tema con 22 gommoni esposti sulla facciata di Palazzo Strozzi a Firenze, o la realizzazione di un enorme gommone di 70 metri di lunghezza con 258 figure gonfiabili di migranti a bordo, allestito dall’artista cinese presso la Galleria Nazionale di Praga.
Un’altra risposta, forse, potrà venire da quella che rischia di essere la mostra piu interessante del 2017: “La Terra inquieta” ideata da Massimiliano Gioni e promossa da Fondazione Trussardi e Triennale di Milano in programma per il 28 aprile 2017. 

Gioni, direttore della Biennale d’arte di Venezia 2013 e curatore del New Museum di New York, sta progettando un percorso con oltre quaranta artisti per mappare cambiamenti e fratture della geografia globale. Alla base l’idea che culture diverse creino nuovi modelli di convivenza. Di coesistenza nella differenza. E lo fa oggi perché al surplus di immagini sull’immigrazione non corrisponde altrettanta comprensione del fenomeno. Le interazioni storiche tra i popoli del Mediterraneo che hanno ampliamente contribuito al disegno degli attuali confini culturali, linguistici e religiosi, confermano che la formazione delle identità è un processo fluido e continuo. L’Europa, in questo momento storico, si trova a ripensare il proprio ruolo in senso politico, economico e culturale, alla luce non soltanto dei drammatici fatti di attualità, ma soprattutto degli inarrestabili cambiamenti demografici e sociali che la stanno investendo. 

L’attualità quindi diventa più pressante di tutto. Oggi molti artisti adottano il mezzo del reportage e del cinema-veritè, creando immagini di migranti che, più che presentare una verità semplicistica o sensazionalistica, cercano una rappresentazione laterale che restituisca la complessità dei fenomeni. 
Chi fa arte si pone di nuovo il problema della sua responsabilità rispetto agli eventi che cambiano il mondo. Artisti per cui la priorità non è attirare l’attenzione su di sé, ma sulle storie che propongono. Non si tratta più di fare arte ma di prendere una posizione. L’arte è politica quando trasforma il linguaggio e incoraggia lo sguardo critico. Quando scardina la percezione della realtà. 

Vi è un’arte che parte dal Mediterraneo per riflettere sulla complessità degli eventi che stiamo vivendo. Proprio mentre il regista messicano Alejandro Gonzales Inarritu, un grandissimo del cinema contemporaneo vincitore di quattro premi Oscar negli ultimi due anni, propone di collocare in piazza Duomo a Milano il relitto del barcone affondato nel Canale di Sicilia nell’aprile 2015, in cui persero la vita non meno di settecento persone.
Un’operazione provocatoria quella di Inarritu che porta a comprendere la centralità del Mediterraneo e il drammatico senso di attualità della nostra storia. 

L’aspetto dell’evocazione della storia attraverso gli oggetti, da Cristhian Boltanski – artista, fotografo e regista francese di origine ucraina, che con le sue installazioni ha cercato di salvare brandelli di vita dall’oblio - ad Ai Weiwei è ormai un dato di fatto.

Anche Costas Varotsos, nato ad Atene, classe 1955, scultore inserito nel sistema dell’arte internazionale ma dalla visionarietà mediterranea, oltre che di formazione italiana, si diploma all’Accademia di Roma, punta l’attenzione su questa fenomenologia, riportando l’esperienza estetica al vissuto quotidiano e lo fa attraverso una scultura che reinterpreta lo spazio e la memoria collocata nell’area portuale di Otranto dal titolo “Approdo”. Opera all’umanità migrante, realizzata nel 2012. Dal relitto della nave Kater J Rades naufragata il 28 marzo del 1997 mentre attraversava il Canale d’Otranto con 120 persone a bordo, di cui 80 morti, in gran parte donne e bambini, lo scultore greco realizza, per volontà della locale amministrazione, un’opera dall’alta intensità drammatica e poetica, inglobando lo scheletro della barca affondata in un fitto incastro di vetro tagliente, materia suggestiva, essenziale e simbolica spesso utilizzata dall’artista nelle sue opere. L’incontro commuovente del rottame arrugginito con la cristallina trasparenza del vetro ne fa uno dei più efficaci monumenti della contemporaneità.
 

 

Lontano da ogni intento sociologico, da ogni retorica del monumento ai caduti, Varotsos libera la sua creatività attraverso un’arte fisica, oggettuale, in cui non rappresenta ma presenta il trauma del reale. Con l’utilizzo di materiali e oggetti prelevati direttamente dalla realtà disattiva ogni rapporto utilitaristico con il mondo per avviarne uno poetico. 
Quando nel 2011, l’artista vede 14 anni dopo l’affondamento nel Canale d’Otranto le foto del relitto, si rende conto che quel catorcio arruginito è diventato ormai il simbolo di un disastro umanitario che sta per abbattersi sull’Europa. E mentre oggi la Kater assume la forma di un’opera d’arte, migliaia di esseri umani, provenienti dall’Africa, dalla Siria si riversano sulle nostre coste per cercare di realizzare il sogno europeo. 

Il Mediterraneo è pieno di morti, l’unica risposta politica sembra essere quella di costruire campi profughi dove rinchiudere migliaia di esseri umani. Varotsos è nell’isola di Lesbo, guarda gli occhi di bambini, uomini e donne rinchiusi dentro alti recinti. Bisogna far sì che la nave riprenda la navigazione, farla entrare in una dimensione metafisica, dove la realtà si trasforma in sogno, un sogno denso di tolleranza, perdono, di speranza e amore. Come ricorda lo stesso artista questi sogni non sono né banali né retorici, ma necessità reali in tutti i paesi alle prese con una confusione esistenziale. Oggi nel ventennale del suo affondamento la Kater è qui, nel porto di Otranto, a ricordarci la sua missione, quella che l’arte deve avere, di abbattere tutti i muri. 

Un catalogo a cura di Giusi Giaracuni e Luigi De Luca, curatori e promotori del progetto, ne ripercorre ora le tappe fondamentali.
La nave era partita e doveva arrivare alla meta nonostante le intemperie.

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