Lucarelli: «Ecco chi sono le dieci persone che mi hanno resa peggiore»

Lucarelli: «Ecco chi sono le dieci persone che mi hanno resa peggiore»
di Claudia PRESICCE
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Domenica 23 Luglio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 00:23
Alcuni non lo sanno, pensano di essere persone normali e addirittura di essere amati così come sono. Altri invece si applicano pervicacemente, coltivando, ricercando e affilando nel proprio seno le migliori parole per instillare nei malcapitati a tiro corrosive gocce di perfidia. In realtà molti dei mali del mondo derivano da loro, anche da quelli più piccoli e insignificanti che agiscono senza particolari risvolti enfatici. Questo perché i gesti di cattiveria gratuita vanno creando voragini di disperazione nelle personalità più sensibili, lasciando ferite interiori per sempre, focolai corrosivi che spesso tramutano anche giovanissimi potenziali angeli in nuove fresche canaglie.
Loro sono gli “infami”, personaggi apparentemente normali ma in realtà estremamente pericolosi che si aggirano tra noi “armati” di perfidia ed esercitando violenze subdole e striscianti, spesso sussurrate piuttosto che urlate in faccia (cosa che fornirebbe alla vittima la possibilità di una liberatoria immediata reazione). Alcuni tra questi indossano i panni di prototipi classici (la suocera, il capufficio, il primogenito, la professoressa, il vigile urbano ecc), ma in realtà questa latente crudeltà si annida anche in luoghi dove nessuno si immaginerebbe di trovarla. Ed è lì, quando le nostre difese sono in “stand by”, che questi piccoli mostri sentono l’odore della vittima, escono dall’ombra e per tutti noi il pericolo aumenta esponenzialmente.
 

“Dieci piccoli infami” (Rizzoli) è il nuovo libro di Selvaggia Lucarelli che in questi giorni fa tappa nel Salento: oggi alle 21.30 sarà ad Ostuni ospite della rassegna “Librinfaccia”.
In sostanza è il racconto di dieci di questi incontri con la malvagità umana, a volte anche del tutto inconsapevole, che sono entrati e mai più usciti nella sua vita. Sono cioè episodi che, sin da bambina, hanno scansito la sua esistenza, andando a denudare punti nevralgici di sensibilità lasciandoli esposti alle intemperie della vita fino al giorno della vendetta: questo libro. Compaiono infatti circostanze, luoghi e contestualizzazioni dei personaggi in questione, utili anche ad eventuali catarsi collettive di chi è capitato nella stessa rete (o anche in altre analoghe) e non ha mai osato dirlo. Confessare di essere vittime di una cattiveria non è sempre cosa facile e divertente, soprattutto quando mancano le condizioni di opportune possibilità reattive.

Comunque questa giornalista blogger non sarebbe stata così com’è, lucida, combattiva, critica e poco incline all’omologazione (altri aggettivi ognuno potrà sceglierli secondo le proprie visioni della vita) senza incontri come quello della suora che aveva visto in lei bambina la nuova santa Selvaggia.
Si chiamava Suor Clelia ed era la preside dell’istituto religioso che ha visto crescere la piccola Selvaggia dall’asilo alla terza media. “Per spiegarvi il clima di democrazia che si respirava lì dentro provate a immaginare l’istituto di suore irlandesi del film “Magdalene” però in Corea del Nord con Vladimir Putin eletto preside” scrive la Lucarelli. La bambina venne accolta con serenità all’asilo, ma quando mise in tasca la capretta del presepe per salvarla dalla solitaria rupe infarinata a cui era stata destinata cominciarono a ravvisarsi le fisionomie del lager. La suora infatti le disse dolcemente: “Lo sai che uno dei chiodi sulla croce di Gesù gliel’hai piantato tu, se hai rubato quella capra?”. La piccola così confessò il terribile reato a quel punto certa, a soli 5 anni, “di essere il più bullo dei centurioni”. Scrive Selvaggia: “Ancora oggi, quando infilo la saponetta dell’hotel in valigia, sento il rumore del martello sul legno e il fruscio delle foglie d’ulivo sulla collina del Golgota”. Fu l’imprinting di una storia lunga che negli anni le avrebbe poi fatto incontrare anche Suor Ada. Denominata “forget Montessori” la dolce suorina usava malmenare fisicamente i piccoli studenti non diligenti, cercando di stanarli in ogni modo, anche interrogando sempre gli stessi per giorni di seguito per evitare che si potesse prevedere il nome del “condannato”. Spiega con ironia Selvaggia che la suora agiva “con un sadismo che nella vita ho ritrovato solo in un ex fidanzato che mi mostrava le foto della sua ex e la sua ex era una testimonial di Yamamay”.
Questi e altri nove piccoli “sadici” colorano le pagine tragicomiche del libro. Tra questi non manca un ex fidanzato con l’ossessione per la pulizia, l’ordine e manie asettiche soprannominato Mister Amuchina, uno di quegli uomini (ma ci sono anche tante donne così) che ti fanno sentire un “untore” di manzoniana memoria, o l’amica del cuore delle elementari che ti tradisce dopo cinque anni di complicità simbiotica e assoluta.
In buona sostanza poi, tutte le esperienze della vita, anche ogni piccola crudeltà subita (delle grandi meglio farne a meno), rientrano nella scatola che contiene e forma la nostra personalità. E in qualche modo questo libro mostra anche che c’è sempre spazio per sorridere di se stessi e degli altri e anche perdonare. L’autrice in questi giorni ha anche ricevuto la notizia dell’assoluzione per la chiusura di un processo che la vedeva sul banco degli imputati (insieme a due blogger) per una presunta storia di foto rubate a personaggi dello spettacolo attraverso supposti accessi abusivi in computer e account di posta elettronica. Un netto “il fatto non sussiste” ha liberato Lucarelli (e gli altri due) da questa accusa dura dopo ben sette anni. Il tempo per la giornalista è maturo per festeggiare, ma anche per noi per perdonare tutti i piccoli infami che in fondo movimentano le nostre vite.
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