Gli 80 anni di Banfi, un italiano come noi

Lino Banfi con Al Bano e Milena Vukotic
Lino Banfi con Al Bano e Milena Vukotic
di Francesca FILIPPI
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Domenica 10 Luglio 2016, 18:56 - Ultimo aggiornamento: 18:59
Avanspettacolo, teatro, cinema, televisione, commedie sexy anni ’70, l’impegno come ambasciatore Unicef, testimonial a favore di campagne contro il cancro. Allenatore nel pallone, commissario bonario, per tutti è Libero, il nonno d’Italia. Personaggio e maschera del Belpaese ma sopratutto della sua Puglia. Terra alla quale deve tutto, ma che se è conosciuta e amata nel mondo è anche merito di questo attore, Lino Banfi,[FI] al secolo Pasquale Zagaria. Il ragazzo che studiava da seminarista ed è finito protagonista di oltre mezzo secolo di comicità, domani compie 80 anni. «Festeggio l’11 luglio, perché così dicono i documenti». Anche se, in realtà, mamma Nunzia partorì ad Andria (al tempo provincia di Bari) il 9 luglio del 1936, «ma era tradizione delle balie registrare il bambino un po’ dopo, per regalargli qualche giorno di giovinezza in più».

Nei ritagli di tempo aiuterà il presidente Michele Emiliano che lo ha incluso nel Consiglio dei “30 esperti” (con lui anche altri pugliesi doc, come il foggiano Renzo Arbore e il brindisino Al Bano) per dare una mano alla Puglia, «regione bellissima ma che deve migliorare in qualità e progettazione». E dove torna volentieri, appena gli impegni lo consentono.
E proprio nel Salento Lino Banfi ha da poco finito di girare alcune puntate della decima edizione di “Un medico in famiglia”, sempre nei panni di nonno Libero, in onda a settembre su Rai1.
«È la più bella realizzata finora - racconta a Quotidiano - perché piena di sorprese. Finalmente, poi, si vede la mia Puglia. Sono anni che nella serie dico a mia moglie, in scena Milena Vukotic (oggi ormai quasi una seconda consorte), che dobbiamo andare giù a preparare la salsa di pomodoro e il vino Nero di Troia. Ripartiremo proprio da lì, con due puntate tra gli ulivi secolari e i trulli del Salento. E tornerà anche Giulio Scarpati».

Quale location avete scelto per le scene dedicate alla Puglia?
«Savelletri, un luogo da sogno che da solo vale una vacanza in Puglia. È stata un’esperienza unica, recitare in quel paradiso poi è facile. Erano diciotto anni che proponevo alla produzione di trasferirci nella mia terra, visto che la nomino ad ogni puntata. Finalmente il mio desiderio è stato esaudito».

Banfi, qual è il suo rapporto con il Salento?
«Ho conosciuto tardi questa terra magnifica, venti anni fa, ma è stato amore a prima vista. Lo dico spesso che amo questi luoghi. Ma io sono della provincia di Bari e i miei conterranei si “inghezzeno”, secondo loro parlo più del Salento che di Canosa e Andria. Ma è la verità. Qui tutto è più bello. Anche i ricci di mare sono più saporiti perché nascono dall’incontro di due mari. Non è magnifico?».

Fu Katia Ricciarelli a portarla per la prima volta a Lecce.
«È vero. La mia amica Katia allora era direttore artistico del Teatro Politeama. Mi chiamò per uno spettacolo. Mi innamorai del Barocco, della città e della sua gente. Ricordo i giovani. Tanti, allegri, garbati, affettuosi ma mai invadenti. Poi otto anni fa girai proprio a Lecce la serie tv “Il Commissario Zagaria”. Una produzione durata mesi. Alloggiavo all’Hotel Risorgimento, in pieno centro. La sera mi affacciavo dalla terrazza e salutavo la folla. Sembravo il Papa, pronto a benedire. Vi invidio, lavorate e vivete a Lecce. Anche se per me il Salento è molto altro».

Ovvero?
«Il mare di Gallipoli e di Santa Maria di Leuca, ad esempio, i tanti amici salentini, tra cui Adriano Pappalardo. E un fratello, Al Bano, che appena posso vado a trovare nel suo buen retiro di Cellino San Marco. E poi il buon vino, la cucina con ciceri e tria, una vera delizia».

Guardando alla sua lunga carriera, oggi cosa vede?
«Ho avuto fortuna ma ho faticato. E sono orgoglioso di aver aperto una strada a una “pugliesità” che non esisteva. Quando nel 1979 andai in America con Franco Franchi per una tournée perché Ciccio Ingrassia stava poco bene, scoprii che negli Usa c’erano tanti pugliesi che mi volevano bene. Tutte le sere venivano ad assistere allo spettacolo. Scene che non dimenticherò mai. E a proposito di “pugliesità” mi diverte molto anche la sfida Bari-Foggia che continuo a giocare con Renzo Arbore».

Per il compleanno in programma c'è una festa “da principe” in un albergo di lusso della Capitale («ma ai miei amici e familiari ho detto niente doni, solo opere di bene in favore ad una onlus che sostengo da anni») e una galleria di regali che il re delle commedie sexy anni ’70, protagonista per tanti grandi da Salce a Loy e poi Risi, Corbucci, Vanzina, Oldoini, indimenticabile Oronzo Canà e Commissario Auricchio, si è voluto concedere. Si parte con una linea di otto prodotti agricoli pugliesi, Bontà Banfi («Io ci metto la faccia, il resto lo mette la Puglia») e si prosegue con “Acqua di mare”, film del giovane Ciro De Caro di cui è produttore con la Alba Film 3000 e che forse lo porterà alla Mostra del Cinema di Venezia. E un libro in uscita.

«Il titolo è “Hottanta voglia di raccontarvi: la mia vita e altre stronzete”, con una rivelazione. Il mio incontro con Federico Fellini nel 1989, durante un doppiaggio. Rimase affascinato dai racconti dei miei anni nell’avanspettacolo e mi esortò a scrivere un libro. Gli mandai un dattiloscritto. Lo lesse in una settimana e mi rispose per lettera. “Non mancherà occasione di lavorare insieme”, mi scrisse. Purtroppo un anno dopo se ne è andato».

A settembre il governatore Emiliano la nominerà Ambasciatore della Puglia nel mondo. Che effetto le fa?
«Ambasciatore della Puglia “in the world”, prego (e ride). Che dire? Sono onorato. Devo molto alla Puglia, grazie alla mia terra sono entrato nel cuore della gente. Ora spetta a me fare la mia parte».

Un sogno nel cassetto?
«Vorrei conoscere di persona Papa Francesco. Così quando ha bisogno di sorridere mi chiama».
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