De Nittis e Pascali: lo sguardo lungo tra arte e coraggio. Ecco la Puglia oltre gli stereotipi del bene e del male

De Nittis e Pascali: lo sguardo lungo tra arte e coraggio. Ecco la Puglia oltre gli stereotipi del bene e del male
di Oscar IARUSSI
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Giovedì 28 Marzo 2024, 18:05 - Ultimo aggiornamento: 18:46

Da alcuni giorni Bari e la Puglia sono in prima pagina per il malaffare che si teme possa aver contagiato le istituzioni, vedremo se e quanto. Fra polemiche politiche e differenti versioni dei fatti o presunti tali, è tornata alla ribalta mediatica - purtroppo - l’immagine di una terra ancestrale, fosca, regressiva, clanica, se non mafiosa «tout court». Viene così risospinta all’indietro una regione che si è impegnata tanto negli ultimi decenni, diremmo fin dagli anni ’80-90, per riuscire a riscattarsi dalla condanna all’immutabilità. Non è mica giusto. La Puglia non merita di essere associata a un rinnovato “Inferno”, per dirla con il titolo del libro-inchiesta di Giorgio Bocca sul «profondo sud, male oscuro» uscito trent’anni fa, né alla “Gomorra” scandagliata da Roberto Saviano nella sua coraggiosa indagine sulla camorra del 2006.

Queste interpretazioni in chiave luciferina sono in fondo l’altra faccia della vulgata sull’eden delle tarantelle & orecchiette in masseria, sbandierato da «influencer» scrocconi, divi di passaggio e stilisti in auge.

Costoro promuovono una rappresentazione della Puglia come una sorta di parco giochi del mondo arcaico e vorrebbero che restasse tale: una iattura di cui paradossalmente noi pugliesi ci compiacciamo…

Certo, le opposte letture congiurano nell’eternare lo stereotipo del «Paradiso abitato da diavoli», la celebre definizione di Napoli coniata da un presbitero quattrocentesco, il fiorentino Pievano Arlotto, poi ripresa nel ‘900 con intenti critici da Benedetto Croce. Compressa fra preconcetti avversi e speculari, la realtà rischia di essere inghiottita da una voragine come il carro di Anfiarao, il re di Argo in fuga, raffigurato sul vaso monumentale custodito nel MarTa di Taranto.

Eppure, la Puglia riserva un’attitudine per l’innovazione e un’energia visionaria che in questi stessi giorni sono testimoniate da due importanti mostre milanesi. Parliamo di grandi protagonisti dell’arte moderna e contemporanea, l’ottocentesco Giuseppe De Nittis, nativo di Barletta, e il novecentesco barese Pino Pascali, la cui memoria è custodita nel Museo di Polignano a Mare, entrambi scomparsi troppo presto nel pieno del flusso creativo.

Oggi 28 marzo s’inaugura una retrospettiva dedicata a Pascali, a cura di Mark Godfrey, articolata in una cinquantina di opere, più video, fotografie e altri materiali industriali e pubblicitari nei molteplici spazi della Fondazione Prada, dove resterà aperta fino al 23 settembre. S’annuncia una rivisitazione sfaccettata della personalità forse più ardita ed eclettica delle Neoavanguardie, in particolare nei vulcanici anni ’60 dell’Arte povera a Roma, dove Pino morì trentaduenne nel 1968 per le ferite riportate in un incidente stradale alla guida della sua amatissima motocicletta.

Sempre a Milano, già da qualche settimana e fino al 30 giugno, a Palazzo Reale viene celebrato “De Nittis – Pittore della vita moderna”, come recita il titolo della mostra a cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti. Di scena vi sono una novantina di olii e pastelli, provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e straniere, tra cui il Musée d’Orsay di Parigi, gli Uffizi di Firenze, la GAM di Milano e naturalmente la Pinacoteca De Nittis nel Palazzo della Marra di Barletta. Una mostra imperdibile, che include capolavori relativamente poco visti quali “Kimono color arancio”, “Piccadilly” e “Pranzo a Posillipo”, e segue il percorso di “Peppino” dall’adolescenza nell’assolatissima e polverosa piana dell’Ofanto all’apprendistato sulle pendici del Vesuvio scalate in cerca di ispirazione, poi nella Parigi dei Salon, dei boulevard innevati e delle corse dei cavalli al Bois de Boulogne. Nella capitale francese De Nittis è folgorato da Léontine Lucille Gruvelle, musa e quindi moglie amatissima dal fascino candido ed enigmatico, restituito in numerose tele. Con Léontine il Nostro sarà in Svizzera e di nuovo a Napoli, a lei voterà le visioni della «dolce vita» giapponese del «sognatore al quale basta una distesa di cose bianche o una pioggia di neve». Eccoli insieme anche a Londra, dove De Nittis dipinge un gruppo di operai scamiciati nella nebbia e appoggiati al parapetto del ponte di Westminster, una scena di «working class» dalla resa quasi «cinematografica» per l’intrinseco dinamismo.

De Nittis – che morì all’improvviso a 38 anni nel 1884 – emerge dalla mostra milanese quale un indiscutibile maestro dell’Impressionismo ben oltre la propensione alla «modernité élégante», che a lungo lo retrocesse a «pittore delle signore» nella considerazione critica. Macché! In lui è evidente un formidabile intuito del nuovo, ovvero delle contraddizioni di un tempo lacerato tra natura e cultura, tra contemplazione e irruzione (si pensa a Leopardi, si pensa ai fratelli Lumiére).

Settant’anni dopo, il monello Pino Pascali elabora il dilemma alla sua maniera bagnandosi nel Mediterraneo e giocando con le armi e gli animali, il mito e la postmodernità, la nascita di Venere e l’America Pop.

Due sguardi sull’imprevedibile e sul futuro, curiosi e coraggiosi, pur sempre fedeli al «genius loci». Proviamo a ricordarci di cosa parliamo quando parliamo di Puglia.

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