Gli Ori all’ExpO, MarTa alla ribalta

Gli Ori all’ExpO, MarTa alla ribalta
di Anita Preti
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Venerdì 7 Agosto 2015, 21:09 - Ultimo aggiornamento: 8 Agosto, 18:43

Lei era una fanciullina, vissuta agli inizi del terzo secolo avanti Cristo. Alcuni degli oggetti che le sono stati più cari, i monili che adornavano la sua innocente bellezza, partono adesso alla volta di Milano per rappresentare il perduto splendore di Taranto alla grande Expo, nell’ambito di rassegna speciale riservata alla Puglia ed aperta dal 21 al 27 agosto.

Conferenza stampa, ieri mattina, al Museo nazionale archeologico, indetta per illustrare l’iniziativa e permettere all’assessore regionale alla Cultura, Gianni Liviano, un tarantino sul quale si appuntano le speranze dei concittadini per un eventuale risveglio della città, di rinfocolare le aspettative.

Conferenza affollata ma ben poca cosa rispetto all’adunata oceanica che salutò la partenza degli Ori del museo, sempre in direzione di Milano, trent’anni fa. Il tempo intercorso è servito almeno a far scemare lo spirito polemico che accompagnò quella trasferta, nei confronti della quale si contavano più detrattori che adulatori.

Oggi Taranto si mostra orgogliosa dinanzi alla possibilità di mostrare le sue bellezze, le sue potenzialità (sebbene patrimonio di un passato che solo gli archeologi possono tenere in vita). La corona di sponsor posata sul tavolo dei relatori, ieri mattina, lasciava intendere che finalmente è acclarato che la cultura è un euro sonante da spendere bene su tavoli nazionali ed internazionali e questa nuova trasferta, ha detto Liviano, è frutto sì di un progetto e della sapienza della Soprintendenza ma anche della disponibilità di un certo numero di aziende del territorio che affiancano l’impresa.

Terzo protagonista del viaggio (Liviano indirizza subito un ringraziamento al questore di Taranto, Giuseppe Mangini) è un variegato team di forze dell’ordine: prevista infatti una staffetta mista che scorterà questi Ori, il corredo funebre della giovinetta tarantina e una corona aurea, verso le teche di vetro dell’Expo.

«Vogliamo creare interesse nei visitatori dell’esposizione, sollecitarli a venire a Taranto», ha detto e ripetuto Gianni Liviano mentre, quatti quatti, rispettosi del momento, sfilavano dinanzi alla biglietteria otto attempati stranieri, cappello di paglia, scarpe comode e flipstick, il bastone con seggiolino. Erano arrivati a Taranto da soli, senza iniziative di promozione, nè attratti dall’elefantiaco manifesto che reclamizza i Miti al MarTa, perchè il Museo nazionale di Taranto è un’istituzione talmente importante che non ha bisogno di pubblicità alcuna. Ma Liviano ha l’obbligo di incalzare: «Dobbiamo valorizzare queste bellezze per provare a raccontare delle altre bellezze che ci sono in città, sempre descritta, soprattutto negli ultimi tempi, per le sue sofferenze. Lo sforzo che stiamo facendo è finalizzato a questo».

La panacea aurea, ambasciatrice di una storia plurisecolare (sepolta sotto secoli di ignavia per colpa collettiva di una città che non nutre una particolare simpatia per la cultura), è rappresentata dunque all’Expo da quattro gioielli e da una coppia di orecchini “a protome leonina” come si deve indicare per osservanza scientifica, decorati cioè (come nella chiusura del bracciale e della collana) da due teste di leoni, marchio di fabbrica degli orefici della città.

E’ stata Antonietta Dell’Aglio, direttrice del museo, ad individuare i reperti da inviare a Milano nel mare di un ricco corredo archeologico (la più parte del quale non è esposta al pubblico).

Dice l’archeologa: «Abbiamo fatto questa scelta perchè tutti i monili provengono da un’area cittadina di scavo: la corona aurea a foglie di quercia è stata trovata in contrada Santa Lucia nel 1885 ed il corredo funebre è stato rinvenuto nell’estate del 1912 nella zona dell’Arsenale». L’identità territoriale, insomma, custodita nella perizia artigiana degli antichi orafi. Del resto lo slogan che accompagna il viaggio verso la mostra al Padiglione Italia dell’Expo è: “Puglia: tutta la luce del nondo...negli ori di Taranto”. Altro che identità territoriale, è come se la bellezza dell’universo si riflettesse lì.

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