Gli antichi testi e la vita di Cristo

Gli antichi testi e la vita di Cristo
di Claudia PRESICCE
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Sabato 9 Agosto 2014, 15:33 - Ultimo aggiornamento: 16:14
L’esistenza terrena di Cristo resta uno degli enigmi più affascinanti della storia. Franco Tommasi, docente presso la facoltà di Ingegneria dell’ Università del Salento e cultore di storia delle origini del cristianesimo, passa in rassegna interpretazioni, analisi, studi della tradizione cristiana e non, nel suo libro “Non c’è Cristo che tenga” (Manni; 26 euro). L’obiettivo della pubblicazione che verrà presentata lunedì 11 agosto, alle 21, nel fossato del Castello a Otranto, è quello di segnalare fonti inesistenti, vuoti di informazioni, rabberciamenti operati per creare, occultare o plasmare la storia di Gesù.



Tommasi “Non c’è Cristo che tenga” è un titolo provocatorio, ma entra sostanzialmente subito in argomento.



«È una provocazione, perché nel libro si individua anche una sorta di figura storica credibile di Cristo. Ma è vero che entra in argomento, perché la mia tesi è che la maggior parte delle interpretazioni correnti della vicenda storica di Gesù offerte da media, stampa, scuola, ancora oggi, non sono credibili. E bisogna cercare allora di capire se ce ne sono di valide».



Lei fa la differenza tra storici cristiani e non, sottolineando che gli storici di poco successivi al periodo in cui sarebbe vissuto Gesù, non ne parlano. E Gesù non poteva certo passare inosservato.



«Il vuoto delle informazioni riguarda tutte le fonti non cristiane del primo secolo, che sono molte e importanti. Colpiscono omissioni clamorose, per esempio quelle di Filone, filosofo ebraico morto nel 50 che viveva ad Alessandria d’Egitto, che lasciò scritti sulla vita religiosa della Palestina, ma non nominò mai né Cristo né il cristianesimo. Eclatante è pure la storia del fratello di Seneca che, secondo gli Atti degli Apostoli, avrebbe giudicato Paolo e avrebbe avuto contatti diretti con lui. Eppure Seneca, che muore nel 64, non parla mai di questa storia e non dà nessuna notizia dei cristiani. Il dubbio è: le notizie su Cristo non ci sono mai state o sono state cancellate? Per esempio c’era un importante scritto in cui Seneca parlava degli ebrei: è andato perduto, ma Agostino disse che non c’era lì traccia di Cristo. Omissioni? Nel primo secolo lo storico palestinese Giuseppe Flavio nel Testimonium Flavianum avrebbe messo qualche riferimento su Cristo, ma gli stessi studiosi cristiani più seri hanno riconosciuto che è stato manomesso».



Poi ci sono quelli che lei chiama gli “imbarazzi”.



«Sì, ci sono molte ricostruzioni che mostrano imbarazzi sulla lettura del Nuovo Testamento: negazioni soprattutto e omissioni, ma anche invenzioni, fantasie. Gli storici cattolici seri, soprattutto un prete che si chiama Meyer, stimano che solo dodici dei trentadue miracoli riferiti dal Nuovo Testamento possano avere qualche origine storica, gli altri venti non hanno alcuna base nelle cronache del tempo».



Nel libro si ricostruiscono le posizioni di molti studiosi, risultati di ricerche secolari, notizie storiche vecchie e aggiornate, seguendo un filo rosso che unisce tutto. C’è una conclusione?



«Diciamo che la chiave del puzzle è la oggi conclamata ebraicità di Gesù, per secoli negata, sin dal primo evangelista che è Marco (e non Matteo) che si adopera in questo senso. Dall’essere ebreo seguono importanti conseguenze come il fatto che Gesù non potesse essere indifferente al clima dell’oppressione romana in Palestina. Capire come abbia reagito è oggi difficile da dire, però certamente la reazione descritta nei Vangeli non è credibile. Come non è credibile che Pilato abbia fatto crocifiggere un uomo che predicava di pagare le tasse ai romani al posto di un assassino rivoltoso come lo zelota Barabba».



Ma la motivazione di questi rimaneggiamenti qual è?



«Un fatto fondamentale della storia ebraica è la guerra giudaica finita nel 73, il Vangelo di Marco è stato scritto quando nel 70 cadde Gerusalemme. Andare a presentare un personaggio religioso, un presunto salvatore ebreo ai romani durante la guerra giudaica sarebbe stato come portare un ebreo alla porta di un nazista. Gesù non poteva essere proponibile come ebreo, bisognava quindi de-giudeizzarlo per poterne predicare il verbo».
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