L'estate di Ada/E per il compleanno casa mia sembra
un circo con elefanti

L'estate di Ada/E per il compleanno casa mia sembra un circo con elefanti
di Simona TOMA
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Lunedì 7 Agosto 2017, 21:57 - Ultimo aggiornamento: 22:11

Ieri è stato il compleanno mio. Sono nata il 5 agosto del 1962, lo stesso giorno che moriva Marilyn Monroe, l’attrice americana, quella che tutti volevano e, poi, è morta sola e di morte misteriosa, con la pancia graffiata di cicatrici e tristezza. 55 anni ho fatto, tondi tondi, che, la verità vera, non me li sento proprio.
Mi sembra ieri che con la Eva, l’amica mia, quella che si è sposata a Pordenone e poi, bella mia, è morta di male brutto, mannaggia il demonio, stavamo andando in Grecia e, poi, non ci siamo andate più.
Ma questa storia non me la voglio neanche ricordare.
Quando è il compleanno mio significa che, oltre a tutto quello che solitamente faccio, devo pure impegnarmi a cucinare bene per tutti.
È la festa mia ma si divertono loro.
Che poi almeno mi facessero un regalo cristiano.
Eh no, i belli miei, sempre cose per la casa mi regalano: il frullatore, il ferro da stiro, le tovaglie, che io dico, no? Ma a me un profumino, un braccialetto, un foulard morbido che sembro pure io una signora per una volta, mai?
Il colmo lo abbiamo raggiunto quando Gino mio che, in certi momenti vorrei fosse di un’altra, mi ha regalato una scopa e una paletta con il bastone, pure la confezione regalo mi aveva fatto e quando io, con rispetto parlando, mi sono incazzata, lui mi ha detto: “Nahhh, e io per te l’ho fatto! Pensavo che ti faceva piacere che non ti dovevi più piegare per raccogliere la polvere”.
A questo punto, Gino mio se proprio mi vuoi vedere contenta, regalami l’aspirapolvere come quello della Signora che da quanto è bello sembra una macchina di lusso e neanche l’accendo che quello ha già pulito tutto.
Poi, la verità vera, forse tiene ragione Gino mio: a me la polvere mi piace sentirla sotto le mani proprio, solo così mi sembra che ho pulito veramente io.
E, comunque, mi cercano tutti cose diverse: Gino mi ordina la pasta al forno, Emanuele il polpettone con le patate, la Vanessa le melanzane ripiene.
Tutti tengono problemi con il mangiare: chi non si mangia questo, chi non si mangia quello, chi tiene l’intolleranza, chi gli puzza una cosa.
Pieni di fisime stanno.
Manco al ristorante fanno così.
La verità vera al ristorante noi non ci andiamo mai e quindi non lo so proprio che farebbero.
Poi, si mettono con le facce nei piatti e, per un poco, non li sento più.
Dicono che i leccesi avanzano sempre qualcosa, quando finiscono: a casa mia portano una fame che se non ti stai attento, ti mangiano pure a te.
Io una sola cosa pretendo: che a tavola dobbiamo stare onesti e Gino ed Emanuele se lo devono dimenticare proprio di mangiare a petto nudo come i selvaggi che sono.
La mamma mia se ne sta seduta buona buona e mi sorride per ogni boccone che si piglia e si vede dagli occhi suoi, pieni di ricordi che si è dimenticata, che sta aspettando solo la torta.
“Ada, poco sale che tengo la pressione alta…” Mi dice la zia Marietta mentre si sta mangiando il secondo piatto di polpo fritto.
Il maestro Nino, invece, non tocca niente perché si è già saziato mangiandosela con gli occhi.
Poi, Gino inizia a dire cose senza senso perché sta pieno di vino e si mette a litigare con la zia che dice che le facciamo fare sempre le figure con l’innamorato suo.
“Ma questo casa non ne tiene che deve stare sempre qua?” Grida il marito mio pazzo e se ne scende al bar a completare l’opera.
Insomma il circo con tutti gli elefanti è casa mia.
“Meh, mo sparite tutti!” Gli dico io e rimango un poco con le amiche mie che sono venute a prendersi il caffè a raccontarci i fatti del quartiere e a lamentarci di don Gaetano, il parroco della chiesa nostra, quella dove sta l’osso di Santa Teresina, che a noi ci tratta come scomunicate mentre a quella fanatica scema del sesto piano - che se lo liscia con i regali - la tiene come una santa.
Quella è bionda finta, ma scema naturale!
Poi, al pomeriggio, quando finisco i servizi, mi prendo rigetto e mi guardo un poco di televisione, sempre seduta in punta sulla sedia, pronta a scattare ché tanto qualche cosa succede sempre.
Se per qualche motivo si dimenticano di me, me ne sto lì poco poco e mi passano davanti agli occhi i programmi con certe sguaiate che timore di Dio non ne tengono e allora tolgo l’audio e mi metto il televideo ché a me mi piace sapere le cose, mi fa sentire meno morta di fame e subito mi si scurisce il cuore ché leggo cose che proprio non mi piacciono come il fatto della villetta di San Foca che a certe persone non l’affittano perché si vogliono bene in un modo che al padrone di casa non piace.
Che dico io, no? A voi Gino vi sembra normale? Io e lui insieme siamo normali? La nostra famiglia vi pare normale?
Però a noi la casa, se tenevamo i soldi, ce la davate, no?
E fate male perché Emanuele mio, per esempio, non è legittimo, è pazzo proprio e quando gli pigliano i cinque minuti spacca tutto.
Però gli piacciono le femmine e va tutto bene, no?
Ma come ragionate? Io non vi capisco proprio!
Poi, squilla il telefono e io rispondo subito casomai è un ragazzo del call center e a me mi dispiace proprio che la gente li tratta male e gli dice le parole.
Sarà perché la Veronica che è laureata mo si è impiegata lì?
Quella quando torna a casa sta sempre con i musi appesi che la gente le chiude il telefono in faccia o si inventa le scuse o dice le porcherie.
E io penso a quanto ha studiato questa figlia mia, sempre voti alti ha preso, e mo la vita se la sta mangiando proprio come mi ha mangiato a me.
Ma io tengo fiducia e sono felice quando strofino con l’aceto le piastrelle della cucina della Signora che è così bella che sembra di stare dentro la trasmissione della Clerici.
Le strofino forte e sorrido perché lavoro per far sorridere anche i figli miei.
Meh, fatemene andare ché devo fare la salsa, un altro poco e passa quello con il camion che vende i pomodori: belli sono, dolci dolci, dice che sono della campagna sua e quando arriva questo periodo comincia a girare per il quartiere e parla nel microfono così tutte sappiamo che sta arrivando e scendiamo per fare la spesa.
Lui è esodato come Gino mio, solo che si è dato da fare.
Quest’anno, faccio un poco di salsa di più ché mi devo disobbligare con il dottore Morello che quello, quando visita la mamma, a volte non si paga.
Non come quelli che invece si pigliano tutto fino all’ultimo e se vuoi pagare qualche lira di meno non ti fanno la fattura.
Vabbé, me ne sto andando proprio ché si è fatto tardi: le giornate mie vanno più veloci di quelle degli altri.
 

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