Bonomo, il talento di guardare al futuro

Bonomo, il talento di guardare al futuro
di Brizia MINERVA
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Sabato 22 Aprile 2017, 20:33
But, where is Bari? Questa domanda veniva ripetuta costantemente da artisti internazionali incontrati in giro per il mondo da Marilena Bonomo gallerista barese scomparsa di recente.
Marilena, donna colta e sofisticata, nel 1971 apre a Bari una galleria d’arte che farà la storia dell’avanguardia in Puglia e in Italia meridionale. È il logico sviluppo della sua passione di collezionista, ma il luogo geografico della città pugliese appare anacronistico rispetto alla mappa delle città dell’arte negli anni Sessanta.Bari è decentrata non solo geograficamente, ma anche culturalmente, ancora legata all’arte di fine Ottocento e inizio Novecento. Se negli appartamenti dell’alta borghesia permangono paesaggi e nature morte, Marilena Bonomo pensa e guarda all’avanguardia e dal suo piccolo spazio in centro a Bari dirama energia contemporanea nelle Puglie e oltre. Subito stringe rapporti con maestri attivi anche oltreoceano come Sol Le Witt, Alighiero Boetti, David Tremlett, Richard Tuttle, Joseph Beuys, Mel Bochner. È curiosa, ama la sperimentazione legata al Minimal, Concettuale e all’Arte Povera. Per la città è un fulmine a ciel sereno. E la Bonomo nella sua galleria non sbaglia un colpo. Dietro il rigore e la sicurezza c’è una storia di collezionismo, e di esperienza acquisita dagli anni del soggiorno a Dallas, dove si trasferisce con il marito Lorenzo. Inizia a collaborare da esterna con il Fine Arts Museum. Con grande umiltà, Marilena impara anche a conoscere i pittori della frontiera americana. L’arte in quegli anni stava cambiando e virava verso una dimensione concettuale. Marilena seguirà questa strada e sempre evidenzierà l’importanza della sua scelta, negli anni ‘70, dopo il periodo dell’Espressionismo astratto di de Kooning, Pollock e altri, come quello della Pop Art di Warhol e Lichtenstein.
Due gli artisti americani la cui storia è legata fin dagli inizi alla galleria: Richard Tuttle e Sol Le Witt. Con Sol Le Witt, artista fondamentale per il concettualismo e il minimalismo, si crea un’intesa speciale. Grazie ai Bonomo, Sol conosce Spoleto e s’innamora dell’Umbria, dove acquista una casa. Per Bari, progetta una mostra che occupa tutte le pareti della galleria. Il lavoro è descritto su un piccolo foglio che indica con numeri i suoi quattro colori base e le loro combinazioni. Affida la realizzazione ad un assistente, Anthony Sansotta. Il risultato è sorprendente, in un solo spazio concentra concetti di architettura, pittura e scultura. Sol è il primo ad usare inchiostri colorati nei suoi wall drawing senza pennelli, ma con tamponi e nastri adesivi. I suoi wall drawing a volte raggiungono dimensioni imponenti. Uno di questi occupa oggi una parete della Sala Murat.
Altro artista di rilievo internazionale che ha stimolato la visione contemporanea della galleria è quella del tedesco Joseph Beuys. L’artista concettuale era legato alla Puglia da molti ricordi (compreso un periodo di prigionia durante la seconda guerra mondiale). Un suo lavoro si intitola La gente di Foggia è bella!
Parallelamente inizia a proporre anche i giovani talenti italiani. Nel 1974 Giulio Paolini espone in galleria Apoteosi di Omero. Un’opera costituita da diversi cavalletti da musica come supporto per foto. I cavalletti reggevano immagini fotografiche: Giovanna d’Arco, Leonardo da Vinci e altri personaggi interpretati da grandi attori così come apparivano in film che avevano raccontato la storia dei protagonisti. Attraverso il mezzo fotografico, il personaggio acquistava un nuovo volto. Una riflessione forte e avanzata sulla cultura dei media.
Altra presenza fondamentale è quella di Alighiero Boetti. Un artista che Marilena Bonomo così descrive: “La mente di Alighiero possedeva l’idea del tutto, dell’universale, come poi ha manifestato nel suo lavoro Tutto”. La prima mostra presentata a Bari è composta da lavori postali. Arriva poi I mille fiumi più lunghi del mondo, un’opera costituita da cento piccoli arazzi esposta e pubblicata poi nei musei di mezzo mondo e che ora fa parte della collezione del MOMA di New York.
Nel 1974 c’è Giovanni Anselmo con una mostra forte e precisa dal titolo Invisibile Infinito Tutto. Tre blocchi di piombo accostati al muro in cui si possono leggere i titoli incisi. Sulla parete i relativi disegni. Dietro queste scelte, sempre attente e coerenti con un discorso espositivo legato all’arte concettuale, si legge una realtà tutta italiana: per molto tempo le gallerie hanno sostituito le istituzioni, tanto da poter dire che se non ci fossero state le gallerie, non ci sarebbe stata un’arte contemporanea in Italia.
Ma sotto la lente d’ingrandimento di Marilena Bonomo e del suo spazio sono transitati anche significativi artisti pugliesi tra cui Franco Dellerba, Tullio De Gennaro, Paolo Lunanova, che con lei hanno potuto e saputo confrontarsi con luoghi e protagonisti dell’arte internazionale.
È stata un’esperienza unica che purtroppo in Salento non ha avuto alcun riscontro di tale intensità e importanza. Qui difatti le gallerie d’arte hanno avuto vita breve e, in ogni caso non hanno potuto contare su tali presenze internazionali.
Sul finire degli anni Settanta Dellerba recupera una dimensione ancestrale osservando con meditata attenzione le luminarie del suo Sud. Lo studio della ritualità religiosa e un’attenzione ai processi dell’installazione che esigono straniamento e partecipazione. Con le piccole luci delle architetture effimere delle feste di paese modificando vecchi oggetti di recupero, cavallucci a dondolo, biciclette nelle quali ristagnano le voci di un mondo ancestrale ma comunque presente. In anni più recenti ha sperimentato altri materiali dalla ceramica al legno sfidando la dimensione installativa e ricomponendo un suo personale e fiabesco bestiario.
La galleria di Marilena Bonomo pertanto è stato un faro in una Puglia sonnolenta in cui spesso le istituzioni culturali sono state assenti. Una donna appassionata dell’arte e degli artisti in grado di elaborare un progetto che oggi rientra a pieno titolo nella storia dell’arte contemporanea nazionale e non solo.
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