Visti da (molto) vicino/ Alessandra
Trottolino Amoroso fa vita spericolata

Alessandra Amoroso
Alessandra Amoroso
di Rosario TORNESELLO
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Sabato 19 Aprile 2014, 23:51 - Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 19:47
Amoruso. La striscia adesiva sul citofono un errore, non un inganno. Nessun depistaggio. Sbagliata all’inizio e mai corretta. Cose cos, cui ci si affeziona per inerzia. E che restano. La signora Lina, diminutivo di Angela, apre la porta sotto una cascata di riccioli scuri. Devono averle fatte in serie, lei e buona parte delle figlie. Stesso sorriso, identici occhi vispi. Le affinità proseguono; emergono una a una. La porta spalancata apre la vista sul salotto. Poi guardi bene ed è una cabina di regia. Maxischermo sulle prove di Formula Uno, computer acceso sulla posta elettronica. E il padrone di casa che si aggira con le cuffie al collo neanche Jean Todt nel team Ferrari. Pensi sia musica – e cos’altro, sennò? – invece è l’audio tv via wireless. Per non dar fastidio, spiega il signor Walter. Amoroso. È il cognome, a essere precisi. Altrimenti più correttamente sarebbe amorevole. O premuroso. La “u” da qualche parte devono pur averla pescata.



Il papà è il duro di casa. Le regole, dice. E inarca il sopracciglio. Un po’ ci fa. Della banda è l’unico maschio: tenere testa a moglie e tre figlie, una ogni cinque anni, non deve essere stato facile. Il verbo al passato delimita il presente e annuncia il futuro. Alessandra, e va bene. Ma anche la piccola di casa, Marianna, 23 anni, già fuori, a Roma. E la grande, Francesca, pronta a spiccare il volo: tre rose bianche, più un 3 che svetta tronfio da un vaso, contano i mesi da qui al matrimonio. A luglio, al secondo piano di via Pellico angolo via Taranto, a Lecce, rimarranno loro due. Rimarranno, sia chiaro, nel poco tempo che resterà tra il lavoro di lei, dipendente dello Iacp in piazza Mazzini, le tante passioni di lui, infermiere al “Fazzi” ora in pensione con barca ormeggiata a Otranto - da anni la stessa - e i concerti di Sandra in giro per l’Italia. Tanti, affollati. Cose che accadono quando il talento ti accompagna e la tenacia non ti molla. Ma per dirla tutta, e dirla con loro, anche la fortuna ha parte in commedia: averlo (il maschile rende omaggio alla definizione più autentica del termine) aiuta. Inutile girarci intorno.



Sandra, certo. Loro la chiamano così. Meglio non spiegarlo agli organizzatori dell’“Amore puro tour”, con quel palco che ammicca all’anagrafe per via delle due A, equa ripartizione tra nome e cognome, una per la pedana e l’altra per lo sfondo. In settimana tappa al PalaFlorio di Bari, ieri al PalaPartenope di Napoli. Relax da Pasqua al 1° Maggio e poi si ricomincia: Ancona, Rimini, Verona. L’Italia si scala. Le date si aggiungono. «Ma quello di Bari è stato il suo concerto più bello, finora», raccontano i genitori. Non è solo rilievo critico-artistico. È riscontro emozionale, empatico: «È scesa tra il pubblico e con loro ha cantato l’ultima canzone. Un delirio. E nessuno che l’abbia sfiorata con un dito. Non ne hanno bisogno: lei ormai ha un rapporto costante con i suoi fans, sui social network, nei vari concerti e appuntamenti che si danno». È la sua “Big Family”, con logo che strizza l’occhio a Sant’Agostino: “Chi canta prega due volte”. All’inizio era diverso. Molto. A casa un finimondo: telefono, citofono, mail, lettere. Ora la baraonda è finita. Ha traslocato su altre piattaforme. Anche la passione evolve e cambia indirizzo. Qui è tornata la pace, dopo il caos primordiale.



Ecco, gli inizi. «La prima volta ad “Amici” l’ho accompagnata io», ricorda la mamma. La signora è un inno alla gioia. O almeno all’ottimismo. «Alessandra aveva 17 anni, studiava ancora all’Olivetti. Superò diverse selezioni ma non entrò nel gruppo della trasmissione di Maria De Filippi». Ci rimase male, ovvio. Ma non seppellì i sogni di gloria. Ah, la mamma la mamma... Fin lì aveva cantato in parrocchia, vicino casa, Madonna della Porta. «Poi la seconda volta ha fatto tutto da sé. Aveva ormai 22 anni. Lavorava in un negozio nei pressi di piazza Mazzini, da “Fornarina”. Un buono stipendio. Io le dissi soltanto: se ci tieni, riprova». In mezzo anche l’idea di andare a studiare al Dams di Bologna. Alzata d’ingegno stoppata dal padre con tackle in scivolata: «Non era il caso. Lei ormai aveva un lavoro e un contratto regolare, cosa difficilissima qui al sud. E quanto ad “Amici”, avevo la ferma convinzione che fossero trasmissioni pilotate». È andata come è andata. E s’è ricreduto. Tutto lo Iacp e il “Fazzi” mobilitati per il televoto. Gli amici, i parenti. Il successo e poi il resto. «Dov’è in questo la fortuna? Glielo dico subito: l’estate prima di vincere “Amici” Alessandra aveva partecipato a Brindisi al concorso “Fiori di Pesco” organizzato da Mogol. In palio un anno alla sua scuola. Lei vinse la sezione interpreti, ma fu scelto il ragazzo primo nel gruppo autori. Fosse approdata alla corte di Mogol invece che a Canale 5 chissà come sarebbe andata». Il resto è storia. E anche aritmetica. A far due calcoli, e a farli è la Federazione industria musicale italiana, sono in tutto 905mila copie vendute. Oro e platino da queste parti non sono più metalli rari.



Loro due, seduti sul divano, un po’ ci giocano: anche le ascendenze hanno la loro importanza, insomma. Da parte di madre: «Ho sempre cantato - spiega Angela Ruggeri -. Sì, davvero. Anch’io in parrocchia, alla Chiesa dell’Idria». Nome del gruppo un tantino azzardato: “I Santoni”. Le velleità di carriera per mamma Lina si infransero davanti al no opposto dal suo papà: spettacoli in giro? non se ne parla! Da parte di padre, invece, è un gioco di sponda: «Io non canto e non suono», ammette Walter. In compenso elenca fratelli e parenti diretti, fino a uno zio musicista nella gloriosa banda di Squinzano. «Ma le canzoni in casa sono arrivate con me»: lui mette il sigillo dell’imprimatur e indica orgoglioso uno splendido impianto stereo che campeggia in salotto, accanto alla raccolta di 33 e 45 giri, campionario vintage dei tempi che furono. «Costava quanto una Seicento». Arrivava da Alessano. Lei da Otranto. Si sono conosciuti in una palazzina di via Rudiae dove le loro famiglie abitavano, quella dei “postali”. I loro papà facevano lo stesso mestiere. Altra storia.



Alessandra è nata e cresciuta qui. Poi ci ha messo del suo. Spericolata, irrefrenabile, dinamite pura, altro che amore. Fuoco d’artificio, ecco. I giochi, il calcio per strada come e con i maschiacci, gli incidenti in scooter («mamma, tranquilla: mi vedrai con il collare ortopedico, ma sto bene»), le multe a raffica, le giostre da temerari, gli scappellotti per gli orari sforati («le ha buscate, hai voglia: le regole vanno rispettate»), gli scherzi telefonici a tutti, genitori inclusi. E però generosa, testarda, tosta. Con i primi soldi un’auto nuova per la madre. Ma niente barca per il padre: lei avrebbe voluto, lui no. «I soldi sono suoi». Nessuna compensazione con le contravvenzioni. Anche perché ora arrivano intestate a lei, a Roma, dove ha messo su casa. «Un donna vera: cucina, fa le pulizie, tiene tutto in ordine. Accudisce il suo cane, uno splendido bovaro del bernese. Ed è oculata: non è mai stata una spendacciona e non ama la mondanità. Refrattaria al gossip. Punto». In compenso le è rimasta l’ipercinesi da trottola: è diventata insegnante di Zumba, sfreccia nella capitale con la sua 500 saltando da una corsia all’altra, preferenziali incluse. La faranno socia onoraria dell’Urbe per i contributi al bilancio comunale. E poi è un’esplosione di simpatia, tra barzellette e imitazioni, dalla De Filippi in poi. E di energia. Tanta. «Vita sana innanzitutto», scandisce il concetto papà Walter. Pazienza per i tatuaggi, che qui non vanno giù in nessun modo. Ma a una figlia si perdona tutto. Così la casa resta il rifugio sicuro di sempre. Se proprio, qui ci si ricarica a botta di tajeddha riso patate e cozze e di melanzane ripiene. Prepara la mamma. Ci sono cose che il resto dello showbiz non può neanche immaginare.









Visti da (molto) vicino: 24esima puntata.

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