Addio Postalmarket catalogo del benessere

Addio Postalmarket catalogo del benessere
di Renato Moro
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Domenica 26 Luglio 2015, 19:37 - Ultimo aggiornamento: 19:38
«E allora neh, che facciamo? Partiamo?». «Certo, Anna, partiamo». Cinquantasei anni fa la grande Milano era tutta un cantiere. Il dopoguerra era alle spalle, il boom economico portava i primi frigoriferi nelle case e le Fiat Seicento sulle strade. Su tutti i cantieri svettava quello del Pirellone, il grattacielo disegnato da Gio Ponti ormai quasi ultimato. La signora Anna Bonomi Bolchini era tra i proprietari della società che aveva finanziato la costruzione di quei trentuno piani di calcestruzzo, acciaio e vetrate, ma quel giorno il suo pensiero era rivolto ad altro. «Partiamo allora, ragazzi - disse ai suoi collaboratori in ufficio -. Stampiano e andiamo in edicola, è tutto pronto».



Nacque così, più o meno, Postalmarket. Era il 1959 e gli italiani cominciavano a conoscere il consumismo. La sera, a casa, si canticchiava “Ciao ciao bambina”, con cui Modugno e Dorelli avevano vinto il Festival di Sanremo, e la solita minestra si accompagnava sempre più spesso alla crema Belpaese Galbani. La pubblicizzava, a Carosello, il mitico Ercolino, personaggio inventato da Paolo Panelli. Due minuti di recitazione e poi la sorpresa: il formaggio compariva all’improvviso, come il coniglio di Silvan, e tutti sorridevano felici e affamati. La signora Bonomi probabilmente non guardava Carosello, impegnata com’era tra la sua Milano e gli affari a Montecarlo, ma aveva capito che col benessere gli italiani stavano cambiando e presto avrebbero comprato di tutto pur di comprare. Ieri, dopo una serie di vicende che negli ultimi vent’anni hanno visto la società affondare e riemergere, il Tribunale di Udine ha dichiarato il fallimento. Punto e basta. Postalmarket entra definitivamente in archivio, forse di tanto in tanto qualcuno cercherà di ricordarne la storia, ma di certo questa volta non ci sarà un accapo. Come invece ci fu - uno dei tanti - nel 1998, quando rivista e società furono rilevate da un imprenditore salentino. Era Eugenio Filograna, originario di Casarano ma emigrato al Nord per inseguire i suoi progetti, destinato a diventare anche senatore della Repubblica e lontano parente di Antonio Filograna, il “re delle scarpe” che per decenni ha dominato il palcoscenico dell’imprenditoria salentina e non solo. Eugenio prese per mano Postalmarket, ringiovanì lo staff, gettò via un po’ di polvere, virò decisamente verso il Made in Italy, legò in qualche modo la rivista al mondo di internet e ripartì. Risultati buoni, ma dopo un po’ la concorrenza dei primi siti di vendita on line ebbe la meglio e così cominciò una discesa vertiginosa finita col fallimento e inutilmente interrotta con un cambio di proprietà.



Prima di schiantarsi contro il pianeta web, Postalmarket è stata una protagonista, per almeno un quarto di secolo, della storia del costume italiano. Wikipedia informa che negli anni di maggior splendore l’azienda riusciva a fare 45mila spedizioni in una sola giornata. Funzionava così, per chi non l’ha conosciuta: si sfogliava il catalogo, si sceglieva cosa comprare, si annotava il codice, si compilava la scheda con tutte le indicazioni, si pagava col bollettino poi si spediva tutto. Solitamente il postino bussava dopo tre o quattro settimane (a volte anche di più) e lasciava il pacco. Può sembrare un’eternità ora che Amazon e cugini riescono a far recapitare gli oggetti acquistati on line anche in 24 ore, ma quelli erano tempi diversi. I tempi del telefono che squillava con le chiamate per i vicini che ne erano sprovvisti, della cabina telefonica, della cartolina postale, delle partite in differita alla tivù, dei calcolatori elettronici grandi quanto una lavatrice.



A Lecce il primo vero supermercato aprì sul finire degli anni Sessanta in una piazza Mazzini che era un immenso rettangolo polveroso circondato da palazzoni moderni. Era la Standa e per la prima volta i salentini potevano recarsi a fare la spesa acquistando di tutto senza cambiare negozio: dalla carne all’olio, dalle scarpe ai pantoloni e anche gli oggetti per la cucina e il resto della casa. Su Postalmarket tutto questo si poteva fare da una decina di anni: con un francobollo e una cartolina postale potevi comprare di tutto: dal pigiama al reggiseno, dalla radiosveglia alle fodere in paglia per i sedili dell’auto, dai piatti alle lenzuola colorate. Negli anni Ottanta inserirono anche il Commodore 64, acquistabile al prezzo di 465mila lire, le macchine per scrivere elettriche, le canne da pesca e le biciclette.



Quello che la signora Bonomi non poteva prevedere, figlia di una portinaia andata in sposa a uno dei più ricchi costruttori milanesi, di buona educazione e di sani principi, è che la sua creatura di carta avrebbe un giorno alimentato i primi turbamenti di almeno un paio di generazioni. Sì, perché dopo la sezione dei pigiami e delle pantofole, su Postalmarket c’era quella della biancheria intima. Di solito mamme e nonne saltavano a pie’ pari quelle pagine se nelle vicinanze c’erano i mocciosi, o al limite le sfogliavano quando erano sole e lontane da sguardi indiscreti e morbosi. Eppure, come per miracolo, quella parte del catalogo finiva per essere la più “vissuta”, con le orecchie alle pagine che stranamente riproducevano in maniera assolutamente fedele quelle dei libri di scuola. Succedeva che le foto delle modelle vestite di mutandine, reggiseni, corpetti, babydoll (anche quelli), completini di pizzo trasparente e sottane e sottanine venivano passate in rassegna con la stessa attenzione che un collezionista pone ai suoi preziosi francobolli. Lo facevano anche gli adulti: fingevano di sfogliare distrattamente ma poi, dopo essersi guardati attorno, finivano per soffermarsi sempre lì. Non era raro, nelle officine, vedere appiccicate sui muri intere pagine con le modelle in intimo.



Mitico il catalogo della primavera-estate 1978. Quell’anno, l’8 luglio Sandro Pertini divenne il settimo presidente della Repubblica, il 18 agosto Vittorio Emanuele di Savoia uccise un giovane turista tedesco che disturbava la sua vacanza al mare e il 26 Albino Luciani divenne (per poco tempo) Giovanni Paolo primo. Ma a scaldare gli anini e a far ribollire il sangue fu una supersexy Ornella Muti chiamata da Postalmarket a posare col meglio della sua collezione. Ovviamente l’attenzione dei maschietti non fu attratta dai tallieur né dai cappottini e tantomeno dalle camicie.
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