A Gallipoli la grande bellezza di un numero aureo

A Gallipoli la grande bellezza di un numero aureo
di Eraldo MARTUCCI
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Lunedì 12 Giugno 2017, 23:08 - Ultimo aggiornamento: 23:16
“La bellezza può consolare o turbare; può essere sacra o profana; può essere divertente, stimolante, ispiratrice, raggelante. Può influenzarci in infiniti modi, ma mai viene considerata con indifferenza: la bellezza esige di essere notata”: sono le illuminanti parole del filosofo inglese Roger Scruton sul significato ultimo della bellezza. E la bellezza, anche in natura, nasce dall’armonia, che lega indissolubilmente l’arte, l’architettura, la musica e la matematica.
Ma cosa unisce in particolare le sculture di Fidia, il “Sacramento dell’ultima cena” di Salvator Dalí, la “Nascita di Venere” di Botticelli, la “Gioconda” di Leonardo, la “Flagellazione di Cristo” di Piero della Francesca, alcuni brani di Béla Bartók e Claude Debussy, la disposizione dei petali della rosa e la spirale di alcuni conigli?
«Queste realtà così disparate condividono un numero, o una proporzione geometrica, noti fin dall’antichità – scrive l’astrofisico Mario Livio - e designati nell’Ottocento con una serie di definizioni che alludono all’oro, simbolo di ciò che è nobile, inalterabile e prezioso: “numero aureo”, “rapporto aureo” e “sezione aurea”».
E’ un numero irrazionale, pari a 1,6180339887, così chiamato nel 1918 dal matematico Mark Barr dalla prima lettera greca (phi) nel nome del grande Fidia. Numero studiato e teorizzato da Leonardo Pisano, meglio noto col nome di Fibonacci, nato a Pisa nel 1175 e considerato tra i più grandi matematici di tutti i tempi, ed il cui ruolo nella storia del rapporto aureo è davvero affascinante.
Ed è proprio dedicata a questo misterioso numero la mostra “Matematica e Bellezza, Fibonacci ed il Numero Aureo”, ospitata dalla Diocesi di Nardò-Gallipoli presso il Museo Diocesano “Monsignor Vittorio Fusco” – sezione di Gallipoli. L’inaugurazione, prevista per domani sera alle 20.30, sarà preceduta alle 19.30, all’interno della Basilica Concattedrale di Sant’Agata, dalla Lectio Magistralis di Antonino Zichichi, curatore della mostra organizzata da “Il Cigno GG Edizioni” di Roma, dalla società “Sia – Servizi Museali”, e da “Impresa Leopizzi 1750” di Parabita, supportate dalla “World Federation of Scientists”, di cui è presidente lo stesso Zichichi.
Un legame tra Bellezza e Matematica che lo scienziato di fama mondiale ripercorre attraverso le riproduzioni dei capolavori del Medioevo e del Rinascimento - da Michelangelo a Botticelli, da Giotto a Leonardo Da Vinci - poste in relazione con opere di artisti contemporanei, quali Alberto Biasi, Gregorio Botta, Bruno Ceccobelli, Piero Guccione, Giacomo Manzù, Piero Pizzi Cannella, Oliviero Rainaldi ed altri ancora. Sulle riproduzioni dell’antichità è disegnato il rapporto aureo, mentre sulle opere contemporanee il visitatore potrà individuarlo attraverso un approccio ludico-interattivo.
«“Il Numero Aureo è in ciascuno di noi”, disse Leonardo da Vinci, e infatti definì “uomo ideale” chi ha nel suo corpo le due lunghezze fondamentali il cui rapporto sia uguale allo stesso Numero Aureo, altresì noto come “divina proporzione” - afferma Zichichi – e le stesse proporzioni le troviamo nelle Piramidi, nei Templi di Agrigento, nel Duomo di Milano, nella Gioconda, nella Primavera di Botticelli e in tutte le opere di pittura, scultura ed architettura (Cattedrali e Chiese) di cui è ricca l’Italia».
La prima chiara definizione di questo rapporto fu formulata, circa tre secoli prima di Cristo, da Euclide: «Si può dire che una linea retta sia stata divisa secondo la proporzione estrema e media quando l’intera linea sta alla parte maggiore così come la maggiore sta alla minore». Rapporto che, quasi venti secoli dopo, il celebre astronomo Keplero, scopritore tra l’altro delle tre leggi del moto planetario che portano il suo nome, considerò come uno dei principali strumenti della creazione divina dell’universo. E tutto questo lo fa sviluppando un modello che, grazie alla musica, spiega l’astronomia e l’aritmetica.
D’altronde tutti sono consapevoli del ruolo speciale che la musica ha sempre rivestito, e non a caso nelle sette branche del sapere antico Platone (e con lui il precursore Archita ed il successore tardo latino Marziano Capella), la colloca nel “Quadrivium” assieme a geometria, aritmetica e astronomia.
Si è già detto che ad usare questo rapporto sono stati tanti compositori, soprattutto a partire dalla fine dell’Ottocento, e tra questi appunto Béla Bartók nella Musica per Archi, Percussioni e Celesta, e Claude Debussy in “La Mer” e “Cathédrale Engloutie”, decimo brano del primo libro dei preludi.
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