Stretto tra incuria e vandali, così l’ex collegio Tommaseo annega

Stretto tra incuria e vandali, così l’ex collegio Tommaseo annega
di Roberta DENETTO
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Sabato 4 Marzo 2017, 05:50 - Ultimo aggiornamento: 19:27

“Il destino dell’Italia è sul mare”. È la scritta incisa sul muro che dà il benvenuto all’interno dell’area dell’ex Collegio Tommaseo di Brindisi. Purtroppo però il destino dell’intera struttura, definito dal tempo trascorso, parla in termini di degrado assoluto. E la vista mare mozzafiato, direttamente sul porto interno, non serve ad attenuare lo sconforto che prende nel constatare l’abbandono di quello che poteva essere un vero e proprio gioiello ma che oggi è avvolto da un’atmosfera surreale.
Si tratta di una vasta area e non semplicemente di un immobile. Diversi corpi di fabbrica collegati tra loro e tutti rispondenti all’interno di un enorme spiazzo centrale. Facile avervi accesso, basta attraversare una rete posta a recinzione che però evidentemente è stata danneggiata. Senza molta fatica è possibile attraversarla e “violare” così il silenzio di un luogo che, al contrario, grida vendetta.
Il quadro, pur nella sua tristezza, è di immediata interpretazione. Gli anni trascorsi nell’incuria hanno permesso alla vegetazione di crescere indisturbata, andando a colonizzare ogni angolo delle parti comuni. Erbacce altissime, flora spontanea, rovi e alberi imponenti fanno da cornice al cemento che occupa la parte centrale dell’area. Le scale conducono agli immobili che si sviluppano su un piano rialzato che, dall’ingresso comune, porta poi alle due diramazioni, a formare una sorta di complesso circolare. Poi ancora scale per i piani superiori. Questa, a grandi linee, la struttura che permette di orientarsi per rintracciare ciò che resta dell’antica progettazione. Salendo le scale il colpo d’occhio è desolante. Dal primo piano affacciandosi attraverso le parti scoperte, si coglie fino in fondo il senso di decadimento.

 

Ma avventurarsi tra le numerosissime stanze significa scoprire solai in cattivissimo stato. Molti di questi, ormai gonfiati dalle infiltrazioni, sono spaccati in più punti lasciando facilmente prevedere crolli. Il resto è uno slalom tra calcinacci, terra, oggetti testimoni del passaggio umano, in un luogo che, pur fotografato in una giornata soleggiata, ha tutte le caratteristiche per essere definito spettrale.
Le mura interne sono diventate fogli bianchi per anonime mani armate di bombolette spray. Locale dopo locale, corridoio dopo corridoio: disegni e scritte, vernice ovunque, espressione di chi ha trovato una destinazione d’uso “alternativa”. E su questo fronte una considerazione nasce in maniera immediata. La massiccia presenza di graffiti presuppone che il posto sia ampiamente frequentato ed è presumibile che si possa trattare di giovani e giovanissimi che riescano a cogliere solo in maniera superficiale (o non colgono affatto) il potenziale pericolo che corrono nel sostare all’interno di queste strutture fatiscenti. I solai sono al limite e i crolli potrebbero avere luogo da un momento all’altro. Qual è il grado di sicurezza garantito a salvaguardia dell’incolumità? Zero. Ragion per cui occorrerebbe, in mancanza di una reale possibilità di intervento di riqualificazione, almeno preoccuparsi che sia concretamente interdetto l’accesso. Considerando anche che, sparsi un po’ ovunque, si scoprono pezzi di eternit che lentamente, da anni, continuano a sbriciolarsi sotto le sferzate delle avversità atmosferiche.
Cos’è oggi il Collegio Tommaseo? È esattamente la fedele fotografia della noncuranza. È l’immagine della drammatica incapacità di salvaguardare ciò che si possiede senza necessariamente costruire ex novo. È lo specchio della mancanza di fondi e di progettualità. Resta un covo di colombi che hanno ampiamente popolato ogni anfratto, ritrovo di ragazzini temerari, rifugio per qualche sbandato. Che se poi ci scappa un incidente (o peggio ancora una tragedia) va’ a capire di chi è la responsabilità. Di certo tutti sanno in che condizioni è l’ex collegio.
Il destino dell’Italia sarà anche sul mare, ma di sicuro è sulle spalle degli italiani.
Popolo di navigatori, certo. Ma qui, a guardare lo scempio, si è abbattuta la burrasca. Se vogliamo chiamarla così.

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