Re Artas e gli altri: rivive la civiltà dei messapi

Re Artas e gli altri: rivive la civiltà dei messapi
di Francesca D'ABRAMO
3 Minuti di Lettura
Sabato 22 Aprile 2017, 19:07 - Ultimo aggiornamento: 22:44

Persefone era figlia di Zeus e di Demetra. Il dio degli inferi, Ade, la rapì e la portò nel suo regno per farla sua sposa. La madre Demetra, folle di dolore per la perdita della figlia, decise di condannare la Terra alla sterilità impedendo la nascita di qualunque pianta. La carestia falcidiava l’umanità, così si raggiunse un accordo con il padre degli dei, Zeus: Persefone sarebbe tornata ogni anno per sei mesi sulla Terra. Così Demetra aspettava il ritorno della figlia facendo rinascere la natura.
Quello di Demetra e Persefone è il mito legato alla fertilità e ai cicli agricoli, proprio il culto che gli antichi Messapi celebravano nel santuario di Monte Papalucio, fuori dalle mura della grande e importante città di Oria. La sacralità di quel luogo, unico in tutto il territorio, e la raffinatezza della cultura dell’antico popolo del Salento rivivono oggi grazie al Museo Archeologico di Oria e dei Messapi.
La struttura, ospitata a Palazzo Martini, a pochi passi dall’acropoli dove sorgeva il palazzo del temuto e magnifico re messapico Artas, è stata inaugurata ieri alla presenza delle più importanti autorità civili e culturali del territorio. Il Museo riprende le collezioni di reperti messapici che già c’erano in città e le amplia con altri pezzi di pregio che fino ad ora erano sparsi in diverse sedi della Puglia. In particolare, tornano ad Oria gli importanti reperti emersi negli scavi di Monte Papalucio che molto ci dicono sulla religione e sulla vita quotidiana dei nostri antenati. “E’ dal mito che dobbiamo ripartire, dal racconto e dai culti femminili di Demetra, Persefone e Afrodite. Molto abbiamo da lavorare per valorizzare questo grande patrimonio” ha detto il professor Francesco D’Andria, uno dei pionieri degli scavi archeologici a Monte Papalucio e membro del comitato scientifico che ha curato la nascita del Museo.

 
Insieme a lui nella cerimonia di apertura c’era il direttore del Museo, Pino Malva, il quale ha ripercorso il lungo iter che, attraverso le diverse giunte che si sono susseguite in città, da Ardito a Pomarico all’attuale amministrazione Ferretti, al di là dei diversi orientamenti politici, ha portato a questo risultato. Presente naturalmente il primo cittadino di Oria, Cosimo Ferretti, con tutta la sua giunta. Ha presenziato alla cerimonia la Sovrintendente ai Beni Archeologici, delle Belle Arti e del Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, Maria Piccarreta; l’ente si occuperà direttamente del Museo con proprio personale in una prima fase, successivamente la gestione passerà al Comune.
Ha tagliato il nastro all’ingresso delle sale il vescovo della Diocesi di Oria, Vincenzo Pisanello, che ha speso parole di grande apprezzamento per il lavoro fatto e si è soffermato sull’importanza della valorizzazione dei beni artistici locali. Gremita come nelle grandi occasioni la sala conferenze di Palazzo Martini.
I primi visitatori del Museo, accompagnati dagli studenti dell’Istituto professionale per il Turismo “Calò” di Oria, hanno potuto vedere il plastico della Oria messapica e la riproduzione a dimensioni reali del famoso mosaico del leone: si tratta di un’opera unica nel suo genere, realizzata con ciottoli che venivano dalla Grecia. Il mosaico ornava probabilmente la sontuosa sala da pranzo del re, forse lo stesso Artas. L’opera è stata rinvenuta a pochi passi dal Museo, precisamente nel luogo dove oggi sorge la residenza del vescovo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA