Rapina a un viado, una telefonata scagiona il carabiniere del Marrazzo-gate

Piero Marrazzo e Carlo Tagliente in Tribunale
Piero Marrazzo e Carlo Tagliente in Tribunale
di Nicola Quaranta
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- Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 07:05
OSTUNI - Rapina ai danni di un transessuale: in aula “cade” l’accusa nei confronti del carabiniere Carlo Tagliente, chiamato in causa, a margine dell'inchiesta sullo scandalo a luci rosse che coinvolse l'allora presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, quale autore, insieme ad uno dei colleghi finiti all'epoca sotto processo, per una presunta rapina ai danni di un transessuale al quale vennero asportati alcuni profumi ed un computer portatile durante un servizio di controllo. A tirare in ballo il militare, finito sotto processo, lo stesso viado. Nel corso dell’udienza tenutasi presso la nona sezione Penale del Tribunale di Roma, la difesa del militare (avvocati Ambra Giovene e Marina Lo Faro, del Foro di Roma) hanno contestato la relazione dei Ros dei carabieri relativa ai tabulati telefonici di Tagliente, dimostrando che agli atti mancherebbe una telefonata utile a dimostrare come nel giorno dell’irruzione il carabiniere ostunese non si trovava a Roma. In aula è stato ascoltato un consulente del Ros a cui sono stati chiesti lumi sulla riscostruzione fatta dagli stessi inquirenti in relazione ai tabulati telefonici di Tagliente e dei suoi colleghi sulla vicenda poiché da uno studio accurato del tabulato telefonico grezzo, quindi quello originale, effettuato dalla difesa è stata riscontrata la mancanza di una telefonata chiave che Tagliente avrebbe effettuato ad un suo collega perchè impossibilitato a raggiungere l’abitazione e ad effettuare l’intervento. Così pure la totale assenza della posizione di Tagliente sulla base di aggancio del segnale di cella del ripetitore telefonico.
A riprova di tale tesi, sono state proiettate in aula dal consulente, sia la ricostruzione del Ros che il tabulato originale. E dalla comparazione è emerso, su ammissione dello stesso consulente, la mancanza agli atti della chiamata in questione.

Non solo, fa notare la difesa. Alla domanda posta sui codici della cella telefonica in relazione alla posizione di Tagliente, il perito ha precisato che durante la fascia oraria in cui il militare viene collocato nell’appartamento del viado risulta in realtà essere addirittura fuori Roma e questo è il motivo per cui, secondo la difesa del carabiniere lo stesso aveva chiamato il suo collega anche se poi dalla ricostruzione quella telefonata sarebbe misteriosamente scomparsa. Un tasselo, dunque, che la difesa giudica rilevante per quanto attiene la posizione del carabiniere ostunese, già sgravato peraltro da altre pesanti accuse che gli erano state addossate a margine del caso Marrazzo, compresa l’ipotesi di reato più grave: concorso in omicidio. Accusa (poi archiviata) che maturò dopo la morte del pusher Gianguerino Cafasso avvenuta tra l’11 e il 12 settembre 2009 in una stanza dello hotel Romulus.

Tagliente e altri due commilitoni, infine, risultano parte civile nel processo parallelo che vede viceversa imputati due periti della Procura laziale (Stefano Moriani, milanese, e Marco Iacoppini, romano), accusati di falso ideologico.
I due medici legali furono trascinati in Giudizio, perché, in concorso tra di loro, nella qualità di consulenti tecnici del Pubblico ministero nel procedimento penale sulla morte di Cafasso, avrebbero redatto e firmato congiuntamente una relazione medico legale e tossicologica, depositata presso la Procura di Roma il 26 novembre 2009, ideologicamente falsa, in quanto contenente false attestazioni di attività autoptiche, medico legali e tossicologiche mai realmente svolte. Inoltre avrebbero attestato di aver effettuato accertamenti tossicologici di laboratorio su aliquote di visceri mai eseguite in quanto i relativi prelievi non erano mai stati compiuti.
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