Petrolio, nuovi ok: ricerche con air gun da Bari a Brindisi

Petrolio, nuovi ok: ricerche con air gun da Bari a Brindisi
di Alessandra LUPO
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 19 Ottobre 2016, 20:30
Due nuovi permessi di ricerca di petrolio rilasciati nei giorni scorsi dal ministero dello Sviluppo economico alla Global Petroleum Limited per circa 150mila ettari di mare pugliese a cavallo delle province di Bari e Brindisi rompono il silenzio calato da un po’ di tempo sul tema delle trivelle. Dopo il tormentone sul referendum e poi le rinunce eclatanti di Petroceltic e Shell ai mari pugliesi, c’è infatti chi non rinuncia: si tratta della società petrolifera australiana che aspettava da anni il via libera per setacciare il mare pugliese e ora ha ottenuto il permesso. Anzi i due permessi, cui se ne aggiungeranno ad ore altri due contigui in via di emanazione, con cui si autorizza la ricerca di petrolio, ma anche di gas, attraverso “indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D” ovvero l’airgun. Entrambi i permessi sono ovviamente al di là delle 12 miglia nautiche entro cui in Italia non è più possibile ricercare idrocarburi, ma la Via - chiesta nel giugno 2014 e rilasciata il 14 ottobre scorso - riguarda una fascia marina enorme, che in un tratto si allunga a circa 40 miglia dalla riserva naturale di Torre Guaceto, particolare che ha già messo in allarme i territori, tutti apertamente contrari alle prospezioni petrolifere. E anche la Regione Puglia si è fatta sentire: «Ecco cosa succede quando le decisioni si prendono solo a Roma senza poteri delle Regioni - è stato il commento del governatore Michele Emiliano sui social: micidiali permessi di ricerca di petrolio/gas con uso dell’airgun. Meditate prima di votare al referendum». Molto critici sono anche gli ambientalisti della rete No Triv che definiscono i decreti «l'ennesimo assalto al mare Adriatico a conferma che il Governo Renzi crede solo nello sfruttamento intensivo dell’ambiente; altro che sostenibilità ambientale e chiacchiere sui cambiamenti climatici».
I nuovi permessi di ricerca di idrocarburi, denominati “d 82 F.R-.GP” con una estensione di 745,7 km2 e “d 83 F.R-.GP” con una estensione di 745,3 km quadrati, riguardano l’intera fascia marina al largo delle coste pugliesi tra le province di Bari e Brindisi: da Giovinazzo, Bari, Mola di Bari, Monopoli, Molfetta, Polignano a Mare si allunga infatti fino a Fasano, Ostuni, Carovigno, Brindisi, San Pietro Vernotico e Torchiarolo, alle porte della provincia leccese.
L’iter era stato avviato a giugno 2014. In una data che gli ambientalisti ritengono «fuori tempo massimo rispetto a quanto previsto dal testo Unico dell’Ambiente decreto legislativo 152/2006», che prevede la possibilità di richiedere integrazioni solo entro 30 giorni dalla data di scadenza del periodo per le osservazioni del pubblico, in questo caso agosto 2014. Il progetto prevede l’acquisizione e l’elaborazione di circa 545 km di linee sismiche 2D mediante tecnologia airgun ed un eventuale rilievo geofisico 3D. L’ultilizzo della tecnica dell’airgun, che crea piccole bolle sottomarine per ascoltare l’eco profonda del mare e scovare l'eventuale presenza di sacche di petrolio, è stata al centro di una serie di piccoli aggiustamenti e integrazioni, che avevano a che fare soprattutto con la durata (scesa da 58 a 40 giorni). A novembre 2014 infatti il ministero aveva concesso ai petrolieri la possibilità di inviare integrazioni progettuali, giunte a gennaio 2015. Da allora sono arrivati 4 pareri del Comitato Via che sostituivano di volta in volta le prescrizioni del parere precedente. Ma alla fine, nell’ultimo parere del Comitato Via si legge testualmente che “il rischio per i cetacei si ridurrà perché potranno allontanarsi dall'area di progetto”.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA