Dolore e commozione per l’ultimo saluto a Michela

Dolore e commozione per l ultimo saluto a Michela
di Maurizio DISTANTE
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Venerdì 1 Luglio 2016, 22:17 - Ultimo aggiornamento: 2 Luglio, 12:25

Il tratto di strada che separa la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, a Latiano, e la casa della famiglia di Michela Bardaro, la studentessa 24enne deceduta in un incidente stradale la sera di mercoledì 29 giugno lungo la strada che collega Mesagne e Latiano, è di una manciata di metri appena.

 

Via Giacinta De Nitto è una strada stretta e la gente che si accalca sul portone di anticorodal bianco di nonna Angelica, dove la giovane ha passato le ultime ore prima dell'estremo saluto, ne occupa la gran parte. Sono le 16.30 quando don Tommaso, il parroco, varca il portone della sua chiesa per dirigersi verso casa Bardaro: al suo passaggio, proprio come Mosè fece col mar Rosso, il sacerdote si fa largo tra la folla ed entra. Il silenzio innaturale che si è creato nell'afoso pomeriggio del primo giorno di luglio è rotto dai lamenti provenienti dall'interno dell'abitazione: è uno dei momenti più duri per i cari di Michela e il livello di commozione generale non è descrivibile con le parole. Il feretro bianco lascia la casa portato a spalla da alcuni dei tantissimi amici accorsi a salutarla: se il tragitto da compiere fosse più lungo, tantissimi altri avrebbero voluto accompagnarla ma in pochi passi si arriva in una chiesa già piena da chissà quanto. 

In tanti rimangono fuori e chi è dentro non bada al caldo asfissiante: a togliere il fiato c'è già il dolore che non può essere mascherato dai pesanti occhiali scuri che in molti indossano per proteggersi dal sole e per nascondere le lacrime. Don Bartolo, il sacerdote che ha parlato durante l'omelia, non ha cercato di scacciare il dolore, indugiando in retoriche frasi consolatorie, sarebbe stato impossibile: prima di cominciare la sua orazione, il prete ha chiamato sull'altare tutti gli amici di Michela che, lasciando i propri posti in piedi o sulle panche, hanno affollato l'area dell'altare, quella di solito riservata ai prelati. «Mi piace pensare che Michela, ora, se ne stia affacciata alla finestra del Paradiso e, guardando quello che accade qua giù, esclami sorridendo: “Ma siete proprio matti!” - esordisce don Bartolo - Di fronte a una simile tragedia si rischia davvero di impazzire. Ieri, però, durante un colloquio riservato con la famglia, mamma Giovanna mi ha chiesto perché sia successo tutto questo: io non ho una risposta. Ma Michela sì». 

La carezza di Michela che don Bartolo affida a Giovanna, al papà Tommaso, al fratello Antonio e a tutti quelli che la stanno piangendo è fatta di lacrime e preghiera. «Solo così, accettando questi doni che Michela ci ha fatto, potremo superare la tragedia della morte, un dolore grande che si supera col silenzio e la preghiera, appunto». Michela, seguendo il filo delle parole tessuto dal sacerdote, non è morta ma vive nella fede. «Michela sarà giovane per sempre, nel nostro ricordo che dobbiamo rendere testimonianza perché lei amava la vita in ogni suo aspetto: il servizio, l'organizzazione, la disponibilità facevano parte di lei. Se vogliamo sentirla vicina, dobbiamo riprendere e proseguire quello che lei ha iniziato». Oltre alla famiglia, don Bartolo si rivolge ai tanti giovani che, dentro e fuori la chiesa, non riescono a non piangere, osservando ora la bara candida, ora i palloncini che aspettano l'uscita del feretro per essere liberati in aria. 

«Quel maledetto albero di ulivo ha distrutto i sogni terreni di Michela ma non quelli di Dio: la morte non è la fine di tutto ma il “dies natalis”, il giorno in cui accediamo alla vita vera.
Oggi è il “dies natalis” di Michela». Il primo giorno dell'eternità, per lei, il giorno più lungo per chi rimane. Appena la bara bianca fa capolino dal portone della chiesa, un applauso fragoroso ma composto, come il dolore che sta attanagliando tutti i presenti, si sprigiona nell'afosa aria estiva: i palloncini bianchi con la scritta “Ciao Michela” vengono liberati per salire insieme a lei e le lacrime tornano a scorrere in un amaro contrasto tra il giallo del sole che splende nell'intenso azzurro del cielo e il nero del lutto che colora i cuori di un paese intero.

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