«Scuole blasonate? Ci fanno un baffo»
Il Ferraris smette i panni di Cenerentola

«Scuole blasonate? Ci fanno un baffo» Il Ferraris smette i panni di Cenerentola
di Tea SISTO
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Lunedì 23 Maggio 2016, 07:02 - Ultimo aggiornamento: 14:46

Viso imberbe, grande ciuffo biondo platino, look irriverente e trasgressivo. Niente di scandaloso per chi l'adolescenza se l'è lasciata alle spalle decenni fa con altri, diversi, datati “stili” anticonformisti. Poi Moreno Guadalupi prende il microfono in mano e legge.
E' un brano di “Tu come tutto quello che tocchi” di Clara Nubile. Silenzio in sala. Via libera a un ragazzino che rivela un talento naturale a rappresentare se stesso o altri sino a provocare lacrime tra chi lo ascolta. Moreno, studente dell'istituto professionale Ferraris, va via tra gli appalusi. Sullo schermo compare un giovane detenuto, di qualche anno più grande. Recita lo stesso monologo, stessa spontaneità, stesso pathos. Altri applausi. Nessun vincitore, bravissimi a pari merito. Cuore, stomaco, cervello e adrenalina in questi due ragazzi che appaiono comunque pacati, maturi, consapevoli. Sì la sfida è cominciata a Palazzo Nervegna, settimane fa, in una sala affollata.

La scommessa, c'è da giurarlo, sarà vinta. La scommessa è corale, ma vede in questo caso una protagonista. Rita De Vito è la giovane preside del Ferraris, scuola superiore Cenerentola della città, l'istituto dove in genere vanno a finire gli studenti che non ce l'hanno fatta altrove. Sono 519 ragazzi tra il mattiniero e il serale di Brindisi e la sezione distaccata di Fasano e una sola, ma forte e determinata alunna, ape regina rispettata da tutti, dicono gli insegnanti. Più del cinquanta per cento sono pendolari. Rita De Vito è in questa scuola di Brindisi dal primo settembre scorso dopo aver ricoperto lo stesso incarico in un'altra scuola per due anni e aver insegnato Italiano e latino al liceo classico Marzolla e al liceo scientifico Fermi per 15 anni. Scuole blasonate, niente a che fare con un professionale dove si registra il 30 per cento di abbandono al secondo anno. Si ritrovata fieramente catapultata in una scuola che altri considerano un inferno e la vuole cambiare. Allora via ai progetti non per tirare per i capelli, ma per conquistare il cuore e la mente di quei ragazzi che sembrano pronti a gettare la spugna, ad arrendersi. Sta piano piano sollecitando la loro curiosità favorendo la realizzazione dei i loro sogni. Volete fare i percussionisti? Si può. E spunta il laboratorio. Volete diventare attori? Perché no? Frequentare la scuola non deve essere vissuto da questi ragazzi come andare al patibolo.
Un gruppo di loro salirà sul palco del teatro Verdi l'11 giugno prossimo (ore 19, ingresso libero con prenotazione) assieme ai detenuti più giovani della Casa circondariale di Brindisi e assieme al Teatro delle Pietre di Marcantonio Gallo che da tempo opera nelle carceri e curatore del libro "Dentro/Fuori, Carcere& Dintorni", presentato pochi giorni fa, «un lavoro collettivo in cui ognuno, detenuti e non, ha cercato di mettere a fuoco l'esperienza all'interno del carcere, mettendosi una mano sul cuore», spiega Gallo.


«Il titolo del lavoro teatrale ancora non lo so», spiega la preside Rita De Vito.

 
«Si ispira a ”Malisangu”, sempre del Teatro delle pietre, forse sarà Malisangu junior o forse no. Nelle prove sono convolti 12 alunni della sezione distaccata di Fasano e dieci che frequentano l'istituto a Brindisi. Cinque ragazzi si occupano della scenografia con l'aiuto di Marco Mariano, docente del nostro istituto e scultore. Un grande aiuto lo dà Ivan Pedone, detenuto che ha la possibilità di uscire dal carcere per lavoro. I ragazzi si vedono per le prove una mattina e due pomeriggi a settimana. Non è facilissimo, perché bisogna giostrare tra le sedi di Brindisi e Fasano. Ma si va avanti con determinazione ed entusiasmo». Come farà la scuola a sostenere questa ambizione? Ha presentato un progetto al Miur che, per l'originalità e l'innovatività dei percorsi formativi, ha tributato all' l'Ipsia "G. Ferraris", il riconoscimento di unica scuola su scala nazionale destinataria di un finanziamento di 51mila euro. «Il progetto nasce con l'obiettivo di valorizzare il vissuto spesso problematico dei nostri ragazzi, facendo leva sulla loro carica emotiva e sulla valenza "catartica" di una disciplina capace di esprimere peculiarità ancestrali della natura umana attingendo all'irrazionale, all'istintivo, alla dimensione più pura dell'animo umano talvolta deprivato del riconoscimento della dignità, dell'autostima, della fiducia nelle proprie potenzialità. E nessun altro interlocutore risulta più idoneo di un individuo, quale il detenuto, che, sulla sua pelle, ha vissuto le lacerazioni degli affetti negati, del fallimento esistenziale, della privazione del bene più grande: la libertà», aveva scritto nella presentazione del primo evento che dava il via al progetto, la stessa preside.

«C'è l'urgenza di intervenire e attivare processi di recupero, inclusione, cittadinanza attiva, destinati agli studenti a rischio di deprivazione valoriale ed esistenziale e l'esperienza maturata dal Teatro Delle Pietre con individui che si sono persi nel tunnel dello svilimento umano e sociale, ora in fase di recupero e riscatto, ha dato origine al Progetto che ha lo scopo di portare attenzione ai valori umani e relazionali in una scuola che si sta impegnando per offrire opportunità di crescita e miglioramento civico e sociale prima ancora di formare alle competenze professionali». E queste sono cose serie».

«Il Ferraris è una scuola difficile, complessa, nella quale, nel tempo, resta chi sposa il ruolo dell'insegnamento come missione, chi è depositario di valori solidi e fortezza d'animo tale da non farsi piegare dalle storie lacerate e laceranti di alcuni nostri ragazzi che, sempre più spesso, trasferiscono sul contesto scolastico il bisogno di accoglienza, di ascolto, di abbraccio in cui trovare riparo e ristoro», aveva detto Rita De Vito in conferenza. «Gli incontri tra detenuti e studenti nelle scuole possono far comprendere meglio il peso delle proprie azioni, quando queste siano fuori controllo, e le conseguenze che possono avere sulla propria condizione umana e sociale.
Useremo il teatro per riconoscere e individuare meglio l'idea di responsabilità che dovrebbe accompagnare e sostenere il senso più profondo delle nostre libertà, i diritti e doveri di ogni cittadino, ma anche il modo in cui questi debbano essere difesi, approfondendo così il senso della legalità, alla base di ogni società civile». Un'idea ambiziosa che è già in movimento.

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