Il Tar dà torto al Comune: il progetto dello Shuttle
interrotto per un esproprio

Il Tar dà torto al Comune: il progetto dello Shuttle interrotto per un esproprio
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Mercoledì 6 Settembre 2017, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 12:40
Nuovo inciampo per il progetto dello Shuttle di collegamento tra la rete ferroviaria e l’aeroporto di Brindisi, che dovrebbe consentire a tutti gli abitanti del Salento, ma anche del resto della Puglia, di usufruire dei collegamenti aerei senza avere bisogno di raggiungere Brindisi in auto.
Questa volta, però, a mettere i bastoni tra le ruote al progetto multimilionario - il finanziamento iniziale a disposizione era di 40 milioni di euro - non è stata una delle aziende in gara per aggiudicarsi il sostanzioso appalto ma una singola cittadina, che si è opposta all’esproprio di un terreno di sua proprietà da parte del Comune. Un terreno che non sarebbe servito materialmente per realizzare le infrastrutture a servizio dello Shuttle ma per compensare Aeroporti di Puglia per la perdita di alcune aree nell’ambito dei lavori.
A deciderlo, nelle scorse settimane, è stato il Tar di Lecce, che ha accolto nel merito il ricorso della donna annullando, almeno in parte, le delibere approvate dal consiglio comunale nel 2014 e nel 2015, oltre ad un paio di determine dirigenziali riguardanti i progetti che la signora aveva per le aree di sua proprietà.
La donna, infatti, avrebbe voluto vendere le aree in suo possesso ad una società interessata alla realizzazione di un parcheggio low cost nei pressi dell’aeroporto ed anche ad una seconda società interessata, invece, ad alcuni immobili confinanti.
 
La proprietaria del terreni ha impugnato il vincolo preordinato all’esproprio imposto dal Comune, che ha risposto sostenendo la tardività del ricorso, il quale sarebbe quindi irricevibile.
I legali del Comune, infatti, hanno ricordato che l’avviso della partenza del procedimento è stato pubblicato nel marzo 2014 mentre l’approvazione del progetto preliminare, con vincolo preordinato all’esproprio, risale all’autunno dello stesso anno. «Sarebbe stato onere degli odierni ricorrenti - hanno sostenuto gli avvocati di palazzo di città - impugnare la predetta deliberazione entro i termini decadenziali decorrenti dal 16 ottobre 2014». La delibera del 2015, invece, «rivestirebbe natura di atto meramente conservativo del vincolo già apposto» e dunque «giammai potrebbe sortire l’effetto di determinare una riapertura dei termini».
I giudici del Tar, tuttavia, smentiscono il Comune ed aggiungono che «essendo mancata la notificazione individuale dei provvedimenti finali, non può dirsi decorso il termine decadenziale di impugnazione». In parole povere, l’ente di piazza Matteotti avrebbe dovuto contattare per posta tutti gli interessati agli espropri e comunicare loro l’avvio dei termini per l’impugnazione dei provvedimenti. Cosa che, in realtà, non ha mai fatto.
Non solo. Il Tar, infatti, ha stabilito che i dinieghi alla realizzazione dei progetti da parte delle società che avrebbero acquistato i terreni dalla proprietaria siano state «motivate esclusivamente in ragione del fatto che le aree de quibus sarebbero interessate dal progetto di realizzazione dello Shuttle». In realtà, però, i terreni in questione, come detto, non sono interessati dal percorso dello Shuttle ma sono espropriati «ai fini della cessione a terzi (senza neppure vincoli di destinazione alcuna, precisamente quali “aree da cedere in compensazione ad Aeroporti di Puglia”, celando essenzialmente l’apposizione del vincolo espropriativo una “cessione compensativa a favore di terzi”» e senza che i proprietari possano «ottenere in cambio alcun credito compensativo o alcune aree in permuta», oltre che il Comune abbia «operato alcuna comparazione dell’estensione delle aree di proprietà della ricorrente con quelle di proprietà di Aeroporti di Puglia». Invece l’esproprio, fa notare il Tar, «è necessariamente funzionale alla concreta localizzazione ed alla realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità». Dunque, l’apposizione del vincolo risulta «palesemente anomala (e, dunque illegittima)».
Ora, dunque, il Comune dovrà correre ai ripari e individuare nuove aree da cedere ad Adp o, comunque, trovare una differente soluzione.
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