La legge sbaglia, lo Stato paga: ecco quanto a Lecce, Brindisi e Taranto

La legge sbaglia, lo Stato paga: ecco quanto a Lecce, Brindisi e Taranto
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Mercoledì 25 Gennaio 2017, 17:21 - Ultimo aggiornamento: 17:22
Non c’è da stare allegri, a scorrere i dati ministeriali. Perché a Lecce l’errore si annida dietro l’angolo. E a giudicare dal numero di casi, gli angoli sembrano essere davvero tanti. Il capoluogo salentino, infatti, è al sesto posto in Italia per numero di ingiuste detenzioni cui lo Stato ha dovuto far fronte con cospicui risarcimenti. Un record ben poco invidiabile, che si traduce in 1,2 milioni di euro di indennizzi destinati a quanti sono stati arrestati ingiustamente.
Il dato emerge da un’analisi delle cifre comunicate dal ministero dell’Economia e delle Finanze al ministero della Giustizia. Complessivamente, per le casse dello Stato, si tratta di un brutto colpo. Nell’ultimo anno, infatti, i risarcimenti per ingiuste detenzioni sono stati di oltre 31 milioni di euro; quasi 11 milioni, invece, quelli per errori giudiziari (fattispecie per cui la Corte d’Appello di Lecce non occupa, fortunatamente, una posizione rilevante in classifica), che in proporzione sono pochissimi: “solo” sei nel corso del 2016. Dal 1991 ad oggi, è una cifra spropositata: in totale, quasi 700 milioni di euro. L’ingiusta detenzione si riferisce alla detenzione subita in via preventiva prima dello svolgimento del processo e quindi prima della condanna eventuale; per errore giudiziario, invece, si intende una situazione in cui vi sia una condanna a cui sia stata data esecuzione e un successivo giudizio di revisione instaurato in base a nuove prove o alla dimostrazione che la condanna è stata pronunciata in conseguenza della falsità in atti.
La Corte d’Appello di Lecce (che comprende anche il circondario di Brindisi; non quello di Taranto, che dispone di una sezione distaccata di Corte d’Appello), dunque, è al sesto posto in Italia per casi trattati derivanti da detenzioni ritenute ingiuste. Sono 58 solo nel 2016. A guidare la classifica è Napoli, con 145 casi (4,2 milioni di indennizzi), poi i 104 di Catanzaro (4,1 milioni), i 76 di Catania (3,2 milioni), i 73 di Bari (2,1 milioni) e i 69 di Roma (1,8 milioni di euro). Seguono, dopo Lecce, Palermo, Milano e Messina. Pochissimi, invece, i casi in altre realtà, come a Taranto, dove nell’ultimo anno si sono registrate quattro ingiuste detenzioni. Ma piazzandosi davanti a una cartina dell’Italia, appare evidente la sproporzione tra Nord e Sud. Secondo il ministro della Famiglia e degli Affari regionali Enrico Costa (già vice ministro della Giustizia nel precedente governo), si tratta di «una evidente anomalia, che richiederebbe un approfondimento, visto che ci sono tribunali in cui le ingiuste detenzioni sono molto numerose e altri dove sono rare». Anche osservando il grafico dell’andamento anno dopo anno, è possibile individuare delle tendenze: i risarcimenti sono letteralmente esplosi dopo il 2001 (anno di introduzione della legge 89/2001, la cosiddetta legge Pinto, che regolamenta il diritto di richiedere un’equa riparazione per il danno), per poi abbassarsi leggermente negli anni successivi e rimanere costante fino allo scorso anno. A Lecce il trend è costante, almeno per quanto riguarda il numero di casi: nel 2015 si registrarono 53 episodi di ingiusta detenzione, mentre i risarcimenti sfiorarono invece i due milioni di euro.
Sempre Costa osserva: «Da ministro della Famiglia mi colpisce che una persona, per via di una detenzione ingiusta o per un evidente errore giudiziario, possa restare sulla graticola per dieci anni, visto che i tempi della riparazione purtroppo sono questi. Nel frattempo, ed è l’aspetto più odioso, chi è stato arrestato o processato ingiustamente rimane esposto al sospetto e la sua vita personale e familiare è distrutta, visto che in media servono dieci anni per accertare il fatto e riconoscere l’indennizzo». Poi una frecciatina all’Associazione nazionale magistrati, in un periodo in cui si parla, tra l’altro, di riforma del processo penale: «Se dibattessimo meno di età pensionabile dei magistrati e più di queste profonde lesioni della libertà personale, non sarebbe male».
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