Diagnosi di periartrite ma muore dopo essere stato dimesso

Diagnosi di periartrite ma muore dopo essere stato dimesso
di Roberta GRASSI
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Giovedì 24 Agosto 2017, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 12:45
La procura di Brindisi ha aperto una inchiesta per omicidio colposo sulla morte di un ingegnere 42enne di Lecce, Mario Ricci, colto da infarto il 12 luglio scorso. Il pm Luca Miceli ha disposto l’esumazione della salma su cui sarà eseguita l’autopsia: due sono i medici indagati, come atto dovuto, entrambi in servizio all’ospedale Perrino di Brindisi. Entrambi hanno già ricevuto l’avviso di conferimento dell’incarico per l’esame autoptico, accertamento tecnico irripetibile che sarà effettuato molto probabilmente la prossima settimana e che darà un responso certo sulle cause del decesso.
Le valutazioni più importanti, tuttavia, vengono svolte dagli inquirenti sulla ricostruzione dei fatti e su quanto riportato sui referti.
A effettuare le prime segnalazioni al Tribunale del Malato, denunce poi inoltrate alla procura di Brindisi, sono stati i colleghi dell’uomo, dipendente della sede di Brindisi dell’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Erano le 8.30 all’incirca quando l’uomo ha accusato un dolore alla spalla destra. Si è recato in Pronto soccorso, accompagnato dai colleghi, dove è stato visitato e dimesso. Secondo quanto riferito, gli sarebbe stata diagnosticata una periartrite. Il professionista è morto nel pomeriggio, una volta a casa, a Lecce.
I dubbi, le perplessità, l’istanza di verità e giustizia, si sono tradotti in un esposto in procura. Viene chiesto di accertare se il decesso dell’ingegnere, che come tutte le mattine era uscito dalla propria abitazione in perfetta salute (apparentemente) per andare a lavoro, sia imputabile a una tragica fatalità o se ci siano responsabilità da poter attribuire ai medici per la loro condotta.

Il pm, valutati gli atti, ha deciso di procedere come per prassi.
Due i nomi che sono stati iscritti nel registro degli indagati. Si tratta di un atto dovuto: è così consentito loro di nominare un legale e un consulente di parte che possa fare le proprie valutazioni riguardo alle cause del decesso.
Più di un mese dopo dai fatti, insomma, sarà effettuato l’esame diagnostico, in contraddittorio.
Anche l’Azienda sanitaria locale aveva avviato una inchiesta interna per verificare cosa fosse accaduto. Per valutare l’operato dei professionisti dipendenti.
A quanto è emerso sarebbe stato riferito dal paziente, una volta al pronto soccorso, di un dolore alla spalla. Per la sospetta periartrite l’ingegnere è stato poi trasferito nel reparto di ortopedia dove la diagnosi pare abbia trovato conferma. Le condizioni di salute dell’uomo sono precipitate qualche ora dopo. Quando ormai non c’era più nulla da fare per salvargli la vita.
Resta l’angoscia dei parenti, degli amici, dei colleghi di lavoro. L’interrogativo ancora privo di risposta sul destino del dipendente dell’Arma: una diagnosi più celere sarebbe stata possibile? E in che misura avrebbe potuto evitare il peggio? Sarà il medico legale a esprimersi. Quindi la procura che, una volta letta la relazione, deciderà se procedere con una richiesta di rinvio a giudizio o se invece chiudere il caso propendendo per l’archiviazione. Così come accade nella gran parte dei casi in cui vi sono denunce per “colpa medica” per decessi avvenuti in tribunale. Quasi mai, se non in situazioni rarissime, si tratta di epiloghi che derivano d a negligenza, imprudenza e imperizia.
 
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