La confessione di Screti al Gip: soldi a Consales per non fallire

La confessione di Screti al Gip: soldi a Consales per non fallire
di Roberta Grassi
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Giovedì 14 Aprile 2016, 13:27 - Ultimo aggiornamento: 15:54
BRINDISI - La mazzetta? Non fu versata a titolo personale. Si trattava del corrispettivo da corrispondere per ottenere in cambio l'appalto pubblico, indispensabile "perché la Nubile rischiava il fallimento". Era quindi di una necessità imprescindibile quella di ottenere l'ordinanza contingibile e urgente del novembre 2013 con cui il sindaco di Brindisi, Mimmo Consales, affidava all'azienda la gestione degli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, pur aggirando la normativa. La tangente, poi, fu data dall'imprenditore Luca Screti "con il denaro percepito come amministratore unico della Nubile". E' quanto riferito da Screti nei due interrogatori sostenuti davanti ai pm, poi riassunto e riportato dal gip Giuseppe Licci nel lungo provvedimento con cui, accogliendo le richieste dei pm Giuseppe De Nozza e Savina Toscani, ha disposto per la società (quale persona giuridica) una misura interdittiva della durata di un anno che le impedirà di contrattare con la pubblica amministrazione e di occuparsi di rifiuti. La Nubile è assistita dall'avvocato Giuseppe Guastella. Il provvedimento cautelare era stato chiesto dalla procura contestualmente alla richiesta d'arresto (poi eseguita) per l'allora sindaco di Brindisi, Mimmo Consales, per il patron della ditta appaltatrice Luca Screti, entrambi ancora ai domiciliari, e per Massimo Vergara, il commercialista che avrebbe materialmente consegnato i soldi all'ex primo cittadino, una "mazzetta" servita a pagare un debito personale da 30mila euro con Equitalia. Vergara è libero. Nelle 24 pagine con cui si dispone l'interdittiva, c'è un passaggio che riguarda gli interrogatori di Screti e di Vergara.

"La necessità e l'esigenza della Nubile di firmare il contratto di affidamento in gestione e di metterlo in servizio con l'illegittima ordinanza sindacale del 6 novembre 2013 - scrive il gip - è stata riempita di contenuto dallo stesso Screti nel corso sia del primo che del secondo interrogatorio, allorquando ha più volte in chiare lettere riferito che senza quell'appalto la Nubile sarebbe andata incontro al fallimento, perché gravata da una imponente esposizione debitoria nei confronti di Equitalia". "Lo Screti - precisa il giudice - ha quindi agito nell'interesse della Nubile e non a tutela di un suo esclusivo interesse, né tantomeno di un interesse esclusivo di soggetti terzi". "A conferma di ciò - prosegue Licci - si richiamano i due interrogatori dello Screti anche al fine di evidenziare che la provvista di denaro contante utilizzata per pagare il Consales è stata costituita con denari che lo Screti ha percepito quali compensi per il suo ruolo di amministratore unico della Nubile, con la intuibile considerazione che, pur di far accaparrare alla Nubile il contratto di gestione e la messa in esercizio dell'impianto, non ha esitato a rimetterci anche denaro che gli spettava come amministratore della società e quindi, sostanzialmente si è spinto fino al punto di agire in suo danno ma nell'ottica di far guadagnare la Nubile".

Specifica il giudice che tanto Screti, quanto Vergara, hanno avuto un atteggiamento collaborativo ammettendo gli addebiti loro contestati. Per gli inquirenti la questione "tangente" è ormai impacchettata. Si prosegue invece con gli accertamenti che riguardano tutti gli atti amministrativi che avrebbero in qualche modo avvantaggiato la società, già indebitata per circa 6 milioni e 400 mila euro e attualmente per circa 13 milioni in tutto, incluse le quote di maggiore Ecotassa pagate dai Comuni, quelle dovute alla Regione e probabilmente non corrisposte da Nubile e le somme in termini di royalties, di gestione post mortem della discarica di Autigno e di smaltimento del percolato. Non è sfuggito alla procura, tra l'altro, che proprio nei giorni precedenti all'esecuzione delle tre misure cautelari da parte della Digos, la Nubile stesse procedendo alla cessione di rami d'azienda oltre che alla designazione di un amministratore che di fatto sarebbe stato una "testa di legno". La società avrebbe ottenuto vantaggi dall'operazione "illegale" e non essendosi dotata del modello organizzativo previsto dalla norma va considerata come "entità" a parte.
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