Buccarella non sente: assolto. Il papà del boss non apre la porta ai carabinieri: denunciato, ma l’accusa cade

Buccarella non sente: assolto. Il papà del boss non apre la porta ai carabinieri: denunciato, ma l’accusa cade
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Sabato 28 Novembre 2015, 10:34
I carabinieri suonano al campanello, ma “Nino Balla” non apre. E poiché è sottoposto a una serie di obblighi da rispettare, in virtù dei suoi trascorsi giudiziari, scatta la denuncia per le violazioni. La chiave di volta del processo, che si è concluso con una assoluzione per il vecchio Buccarella, al secolo Giovanni, classe 1927, sono stati i suoi problemi di salute: “ipoacusia” sul referto. Una certa sordità, per dirla in prosa.

E’ così che il capostipite della famiglia tururanese che dà il nome, non a caso, a un intero clan della Sacra corona unita (ma più per il ruolo del figlio Salvatore,) è stato assolto dal giudice Giuseppe Biondi che ha condiviso in toto le tesi difensive del suo avvocato storico, Domenico Valletta.
I fatti oggetto di contestazione risalgono al 2008. In più circostanze i carabinieri erano andati a casa di Buccarella senior, in quel di Tuturano, e avevano pigiato il dito sul campanello. Che era risultato “perfettamente funzionante”. Il trillo si udiva, eccome. Ma dall’interno non s’era mai scorto rumore dei passi di qualcuno che giungesse ad aprire la porta. E alla fine nessuno aveva spalancato l’uscio per dare cognizione agli uomini in divisa della propria presenza nell’abitazione.

Annotazioni su annotazioni, il silenzio era stato interpretato alla stregua di una inosservanza degli obblighi derivanti dallo status di “sorvegliato speciale” affibbiato a Buccarella per le sue storie (giudiziarie) passate. Associazione mafiosa, estorsioni. Accuse del tutto indipendenti dal giudizio affrontato dinanzi al Tribunale in composizione monocratica per quisquilie che però avrebbero potuto costargli caro.

Il processo è iniziato nel 2012 con un rinvio a giudizio deciso dal gup di Brindisi. Buccarella non ha potuto presenziare alle udienze per il suo precario stato di salute, in taluni casi, perché detenuto ai domiciliari in altre circostanze. Si è concluso ieri con una sentenza che ha acclarato che non v’era alcuna intenzionalità da parte dell’88enne di sottrarsi ai controlli. “Certo non si ignora – ritiene il giudice – che Buccarella avrebbe dovuto adottare tutte le precauzioni per rendersi concretamente controllabile dalle forze dell’ordine. Tuttavia la mancata adozione di tali precauzioni assume un rilievo colposo, mentre il reato in questione ha natura di delitto doloso”.

Non si può escludere insomma che l’imputato, durante i controlli, fosse in casa nelle date indicate e negli orari riportati. Sebbene “non in grado di sentire il campanello, o il clacson della vettura di servizio dei carabinieri – prosegue – in conseguenza della grave ipoacusia di cui risulta affetto”.

La conferma è giunta anche dall’audizione della compagna e attuale convivente di Nino Balla, Vincenza Trenta, che è stata ascoltata nel corso del dibattimento. Ha confermato di aver intrattenuto una relazione lunga 40 anni con Buccarella. Ma nel periodo in questione egli era ancora sposato con la moglie, affetta da una gravissima malattia. Non c’era nessuno che avrebbe potuto assisterlo e soprattutto recarsi ad aprire la porta in presenza dei militari.

I referti medici hanno fornito poi le conferme che servivano, a riprova delle dichiarazioni dei testimoni, inclusa la certificazione dell’invalidità civile depositata dal legale e acquisita dal giudice. La ricostruzione dei fatti è stata così possibile nella sua interezza: “il fatto non sussiste”
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