Tentò di strangolare la zia: condannato

Tentò di strangolare la zia: condannato
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Domenica 23 Ottobre 2016, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 14:41
Otto anni di reclusione. È la pena inflitta dal Tribunale di Brindisi a Roberto Tarantino, 62enne di Brindisi arrestato dalla Mobile e poi finito a processo per aver tentato di strangolare l’anziana zia di 81 anni trovata in fin di vita sul letto. Secondo quanto emerse dalle indagini l’uomo, assistito dall’avvocato Simona Attolini, chiamò il 118 subito dopo l’aggressione. Fu condotto in carcere su ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip Maurizio Saso su richiesta del pm Luca Buccheri che coordinò le indagini durate quattro mesi e condotte dagli agenti diretti dal vicequestore Alberto Somma. L’accusa a processo è stata sostenuta dal pm Simona Rizzo. L’uomo rispondeva di tentato omicidio e di maltrattamenti. 
 
Secondo quanto emerse dagli accertamenti investigativi non correva buon sangue tra zia e nipote. Ma a fornire elementi ai poliziotti fu il sistema di videosorveglianza di un'attività commerciale che ha sede lungo Corso Umberto, la zona dove si verificarono i fatti. Immagini diventate poi fondamentali per ricostruire i momenti antecedenti all’arrivo del 118. Emerse che il tentativo di strangolamento fu messo in atto presumibilmente con un cavo elettrico (o qualcosa di simile) tanto creare lesioni evidenti e profonde alla gola dell’anziana donna. L'episodio risale all’estate del 2014. Il provvedimento restrittivo fu eseguito nel febbraio del 2015. Tarantino parlò di una caduta. Alla Mobile giunse segnalazione di un possibile “autostrangolamento” ipotesi che non fu presa in considerazione. 

Dalle intercettazioni ambientali, poi si acquisirono ulteriori dati importanti per gli sviluppi dell’inchiesta. Emerse quella che fu tratteggiata dal giudice come una personalità violenta di Tarantino che viveva in quella casa insieme al figlio minorenne e alla zia, usufruttaria sino alla morte dell’abitazione che la sorella di lei aveva lasciato in eredità al figlio dell’arrestato. Più volte dai colloqui, dalle urla, dalle bestemmie di Tarantino emerse, sottolinearono gli investigatori della Sezione Omicidi della Mobile, il suo desiderio che la zia morisse. Nonostante l’aggressione e le continue minacce, la donna aveva accettato di tornare in quella casa che per lei era divenuta un inferno in una situazione – come affermano gli inquirenti – “di sudditanza nei confronti del nipote”.

Nonostante i tentativi di costruirsi un alibi sull’accaduto, finanche portandosi in un negozio di copisteria per dimostrare di non trovarsi nell’appartamento al momento dell’aggressione, le presunte menzogne di Tarantino furono smontate una per una e per l’uomo, che aveva solo piccoli precedenti per spendita di banconote false, scattarono le manette per tentato omicidio.
A processo, poi, la ricostruzione è stata ribadita con l’apporto delle testimonianze. Sono stati acquisiti i fotogrammi, ripercorsa la dinamica dei fatti anche attraverso l’esame delle conversazioni captate in casa. 
Tarantino ha sempre affermato la propria innocenza. Le tesi accusatorie hanno però retto e il verdetto del collegio giudicante, venerdì sera, è stato di condanna. Colpevole, per il Tribunale che ha stabilito una pena pari a otto anni di reclusione. 
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