Cardiopatico, 87 anni, attende 12 ore in ospedale un esame che non arriva

Cardiopatico, 87 anni, attende 12 ore in ospedale un esame che non arriva
di Maurizio DISTANTE
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Sabato 11 Giugno 2016, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 17:16
È durata circa 12 ore l'odissea di Damiano Petrachi, un 87enne che, accompagnato dal figlio l’altra mattina, intorno alle 10.15, si è recato al pronto soccorso dell'ospedale Antonio Perrino di Brindisi per un forte dolore al petto e al braccio. L'anziano, cardiopatico, è stato registrato in accettazione alle 10.58 per iniziare l'iter di esami, visite e analisi che avrebbero dovuto fare luce sulle sue condizioni di salute: il percorso, però, si è interrotto alle 22.30, quando, stremati dalla lunga attesa, l'87enne e il suo accompagnatore hanno deciso di tornare a casa, senza aver risolto il problema per il quale si erano recati in ospedale. 
 
«Non credo che quello che siamo stati costretti a passare sia una cosa accettabile – afferma Giovanni Petrachi, il figlio del cardiopatico che è rimasto con lui per tutto il tempo trascorso in ospedale – In 12 ore di attesa sono stati effettuati due prelievi di sangue, una visita cardiologica ed eravamo in attesa per una visita geriatrica». La goccia che ha fatto traboccare il vaso è caduta proprio mentre l'87enne era attendeva il suo turno in geriatria, aspettando che un medico lo visitasse. «Eravamo in reparto e aspettavamo il nostro turno – racconta Petrachi – C'era una donna, prima di noi: terminata la visita alla signora, il geriatra è uscito dallo studio, si è avvicinato a noi e ci ha detto che, dato che non era grave, potevamo aspettare il collega che gli avrebbe dato il cambio». Dopo 12 ore trascorse in ospedale, è comprensibile che una simile risposta non venga presa bene. «Eravamo lì dalla mattina – prosegue il figlio dell'anziano – mio padre era senza cibo, senza le sue medicine, stanco e preoccupato: avevamo entrambi esaurito le forze e la pazienza e, allora, abbiamo deciso di andare via, senza ultimare i controlli necessari». 

Petrachi, firmando il foglio di dimissioni, ha messo a verbale l'accaduto. «Voglio che si sappia cosa è successo mercoledì. Non ce l'ho col personale, al di là del medico che non ha visitato mio padre: è il sistema che non va. Il cardiologo da cui è stato mandato papà durante la permanenza in ospedale aveva una fila di pazienti in attesa interminabile e stava lavorando come un matto e con grande professionalità; stesso discorso vale per gli infermieri e gli altri medici. Lo stato delle cose, però, porta tutti a essere indisponenti e scontrosi: noi eravamo lì con tutte le immaginabili preoccupazioni e ci sentivamo abbandonati. Non so quale possa essere una soluzione ma, di sicuro, le cose non funzionano». 

Petrachi, nel suo racconto, ha snocciolato una serie di particolari che danno l'idea di quale piega posano prendere le cose nel punto di frontiera dell'ospedale più importante della provincia. «Da cardiopatico, papà deve prendere ogni giorno, oltre a tutte le altre medicine, la cardioaspirina: sono dovuto recarmi a casa a prendere le sue perché in ospedale non gliel'hanno somministrata». Petrachi, quindi, non vuol denunciare negligenza o altre simili situazioni ma la confusione che si viene a creare in pronto soccorso a causa della grande mole di lavoro cui sono sottoposti i pochi operatori, medici e infermieri, che non riescono a gestire in maniera ottimale i pazienti. 

«Capisco che i casi più gravi abbiano la precedenza, che le cose cui badare sono tante e importanti ma non si può tollerare che un anziano di 87 anni con problemi di cuore che si reca in ospedale con un dolore al petto sia lasciato per 12 ore su una sedia o spostato da un reparto all'altro per non fare nulla». 
Il figlio del cardiopatico, quindi, rivolge un appello al presidente della Regione, Michele Emiliano, affinché si prendano dei provvedimenti che possano invertire la tendenza attuale. «Caro presidente, venga a farsi un giro al pronto soccorso del Perrino, venga e si sottoponga a tutta la trafila cui ci sottoponiamo noi per ricevere le cure di cui abbiamo bisogno. Si accorgerà che la situazione è grave, molto più grave di quello che, probabilmente, lei immagina».
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