«Sparò e uccise, ma non voleva»: condannato a 4 anni

«Sparò e uccise, ma non voleva»: condannato a 4 anni
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Domenica 22 Maggio 2016, 06:47 - Ultimo aggiornamento: 18:00
«Sparò per ferire e non per uccidere» e lo fece «dopo essere stato provocato». E’ così che il gip Maurizio Saso ha motivato la sentenza con cui ha accolto la richiesta di patteggiamento a 4 anni di reclusione per Patrizio Laveneziana,46 anni, il bracciante agricolo di Ceglie Messapica che nel pomeriggio dello scorso Natale sparò alle gambe e provocò il decesso del cognato, Giancarlo Zaccaria, 30 anni, detenuto e beneficiario di un permesso premio, che si era recato nella sua abitazione per aggredirlo. Laveneziana si costituì e confessò subito tutto ai carabinieri alla presenza del pubblico ministero. 
La pena stabilita è il frutto dell’accordo raggiunto tra la difesa, sostenuta dall’avvocato Cosimo Deleonardis e il pm Valeria Farina Valaori. L’accusa per Laveneziana, che subito dopo i fatti andò dai carabinieri a confessare, era di omicidio preterintenzionale. Per lui era stato disposto, vista l’evidenza della prova, il giudizio immediato. Si trova agli arresti domiciliari e ha ottenuto però il permesso di andare a lavorare.
 
I fatti sono stati compiutamente ricostruiti in fase di indagine proprio grazie al contributo reso da Laveneziana e confermato anche dai testimoni presenti. Dopo il pranzo di Natale la vittima, Zaccaria, si è recato a casa della sorella. C’erano anche alcuni bimbi nell’appartamento. Ha schiaffeggiato il cognato e lo ha “sovrastato”, rileva il gip, con il suo fisico imponente: era alto circa 1 metro e 90. Secondo quanto contenuto nella sentenza Laveneziana ha reagì per via di uno “stato d’ira” determinato dalla “ingiusta e umiliante aggressione subita dal cognato in casa propria”.
Sparò un colpo, un solo colpo con la pistola Sauer & Sohn, una calibro 38 special legalmente detenuta. E sparò da distanza ravvicinata mirando verso il basso, alle gambe dell’altro. Non aveva intenzione di ucciderlo, ma solo di scacciarlo via. Gli è stata poi contestata l’ipotesi di reato che prevede l’intenzionalità solo relativamente alle lesioni e la colpa in riferimento all’evento morte. Fu solo infatti a causa di una circostanza sfortunata che Zaccaria perse la vita. La morte, a quanto emerse poi dalla consulenza medico-legale delegata dalla procura (come accertamento tecnico irripetibile) al medico legale Antonio Carusi, fu causata da arresto cardiorespiratorio dovuto a uno shock emorraggico massivo da ferita penetrante all’arto inferiore sinistro con lesione dell’arteria e della vena femorale omolaterlale.

Il proiettile, rileva ancora il giudice: “non era destinato ad organi vitali”. Gli sono state concesse le attenuanti generiche e quella della provocazione. La visita sgradita per altro era stata preceduta da una lettera minatoria fattagli pervenire dal carcere dove Zaccaria era recluso. Nella missiva dava a Laveneziana del “cornutone” e gli scriveva inoltre che avrebbe voluto “dargli mazzate” che “quando gli fanno la Tac devono prendere il microscopio per vedere il pezzo più grande delle ossa”. 
Per questo la pena di 4 anni è stata ritenuta congrua. Al conto si è arrivati partendo dalla pena base di 10 anni, ridotta a 6 anni e 8 mesi per la concessione delle generiche, poi ancora diminuita di un terzo per la tipologia di rito scelto, per l’appunto il patteggiamento. Per Laveneziana è stata altresì disposta l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. 
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