Chic o choc? Una "gogna" su Facebook mette alla berlina il look in tribunale

Chic o choc? Una "gogna" su Facebook mette alla berlina il look in tribunale
di Roberta GRASSI
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Sabato 1 Ottobre 2016, 10:10 - Ultimo aggiornamento: 18:01
Lasciate ogni speranza, voi che entrate in tribunale con un look troppo appariscente. Voi che esagerate con la vita bassa e qualcosa, laggiù, vi sfugge di mano. Il rischio non è più solo quello di non riuscire a passare inosservati, conseguenza inevitabile con un bel paio di legging leopardati. Ma di finire immortalati e postati su facebook all’interno di un gruppo che nulla ha da invidiare ai fashion blog, con sfumature giudiziarie. 
Anche il palazzo di giustizia di Brindisi, laddove evidentemente si è aggirato un anonimo fotografo armato di smartphone, si è guadagnato il suo posticino nella rassegna di immagini pubblicate. 
 
Ad assurgere agli onori delle cronache e delle critiche social una mise giudicata “chic” dai censori del web. Mocassini senza calze abbinati a un abito chiaro, panta-palazzo blu. 
Il gruppo, creato per gioco, sta accumulando adesioni in quantità. Scalando così le vette delle bacheche con più adesioni (circa 22mila al momento): si chiama “avvochic & choc, ovvero la moda nei tribunali”. E se ne vedono delle belle. Mise laminate, short, tute, scollature, veli e trasparenze. Si spazia dall’eccesso di eleganza, al trash. I soggetti sono variegati: primi della lista i legali, poi anche gli operatori, i testi, gli imputati. Chiunque si trovi a frequentare gli uffici giudiziari. Eccezion fatta per i magistrati e le forze dell’ordine. 

Si tratta di un gruppo che si autodefinisce: “Una comunità di avvocati, aperta anche ad altre persone che frequentano gli uffici giudiziari per motivi di lavoro, che si occupa di moda sottoforma di gioco basato su un regolamento”. 

Le norme sono precisate in un decalogo: la foto deve essere scattata rigorosamente all’interno e non all’esterno di un ufficio giudiziario, è obbligatorio indicare di quale tribunale si tratti, il soggetto deve essere abbigliato in maniera particolarmente elegante o trash, il volto non deve essere visibile, si può commentare ciò che indossa il soggetto ma non il suo aspetto fisico. Si può perfino concorrere al premio della settimana. 

Tanto per citare qualche esempio c’è l’avvocato in New Balance e calzino corto a Tivoli, le ciabattine da spiaggia e da Taranto uno slip fintroppo stringato che spunta dai jeans a vita bassa di una donna seduta in attesa. Da Modena giungono ritratti di unghie da strega. Immancabili i calzini bianchi e le riflessioni sui risvolti dei pantaloni. La crociata contro il trash coinvolge anche pois, righe, colori sgargianti e biancheria intima troppo in vista. 

Brindisi ha il suo posticino al sole, a metà fra lo chic e lo choc. Lecce l’uomo “delle angurie” in pantaloncini sopra il ginocchio. Ma va ricordato che agli uffici giudiziari di Brindisi spetta un primato, antesignani della censura fashion.

All’inizio dell’estate 2014, l’allora presidente del Tribunale, Francesco Giardino, aveva firmato una nota in cui fissava disposizioni rigide in materia di look. Le direttive sono ancora in vigore, affisse all’ingresso dell’edificio: «L’ingresso non è consentito a persone vestite in modo non decoroso». E per decoroso si intende, con «pantaloncini, salvo che costituiscano elementi di divisa degli appartenenti alle forze armate, vestiti eccessivamente scollati o trasparenti, minigonne ciabattine infradito». 
Le regole vengono fatte rispettare. Pena il divieto d’accesso in tribunale. Da qualche tempo c’è uno spauracchio aggiuntivo: la gogna social. 
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