Il pronto soccorso per gli animali feriti rischia di chiudere

Il pronto soccorso per gli animali feriti rischia di chiudere
di Roberta GRASSI
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 27 Luglio 2016, 08:44 - Ultimo aggiornamento: 21:15
E’ il fiore all’occhiello della Provincia. Una sfida riuscita, un angolo di pace e poesia che viene curato come uno scrigno da 15 anni. Tutti gli sforzi, ora, rischiano di essere cancellati con un colpo di spugna. Il Centro di prima accoglienza della fauna in difficoltà potrebbe soccombere ai tagli che hanno posto in ginocchio l’ente provinciale e di conseguenza la società in house Santa Teresa. Sarebbe banale definirlo il Pronto soccorso per i barbagianni, gli sparvieri, le rondinelle ferite. O per le testuggini di terra importate illegalmente in Italia dai Balcani. Banale. In quella piccola masseria sulla provinciale Ostuni - Rosa Marina, si fanno miracoli. Brillano al buio, nella voliera, gli occhi della civetta caduta dal nido portata in soccorso da mani umane. Come lei, sono decine i volatili salvati. Curati perché colpiti da eventi traumatici: l’ala spezzata, la zampetta fratturata. Il veleno ingerito insieme alla preda. Da quindici anni la biologa Paola Pino D’Astore, che può vantare nel suo curriculum diverse specializzazioni sulla cura della fauna selvatica, è reperibile notte e giorno. Risponde al telefono, e insieme a un solo operatore della Santa Teresa, si occupa degli animali feriti. Molto spesso, quando Madre natura non lo impedisce, riesce a salvarli. Per poi riabituarli al proprio habitat e liberarli, non appena si creano le condizioni.
 
Si lascia vincere dall’emozione, la dottoressa D’Astore, a sentir parlare di una chiusura possibile, forse anche imminente. I fondi non ci sono, o meglio ce ne sono a disposizione soltanto per i servizi essenziali. Tutti gli sforzi profusi in tre lustri per portare avanti un Centro divenuto presto un’eccellenza territoriale, andrebbero vanificati. Nonostante le richieste di supporto alla Regione, persino le minacce delle associazioni ambientaliste che hanno annunciato battaglia: disposte perfino a presentare denuncia alla procura della Repubblica.
A soccombere, prima che una utilissima struttura di ricovero per volatili e mammiferi, sarebbe un principio. Un concetto, una bellissima storia iniziata nel 2001. Un luogo magico dove decine di bambini, tenuti per mano dai genitori, hanno condotto gli uccellini feriti trovati per strada. Potendo contare, poi, su una informazione costante sugli sviluppi delle loro condizioni di salute. Lei, la dottoressa D’Astore, trascorre le nottate a mandare mail, foto, aggiornamenti. Chi soccorre gli animali, poi, viene puntualmente invitato a presenziare al momento più importante del percorso: l’addio alla cattività, forzata quanto necessaria, per il reintegro nell’ambiente naturale.
I conti non tornano. I soldi non ci sono. E negli uffici in cui si fanno somme e sottrazioni, si barrano caselle e si stabilisce cosa è essenziale e cosa no, si è stabilito che il Centro faunistico non è tra i servizi di primaria importanza per il territorio. Non in tempi di ristrettezze. E così quella piccola oasi di bellezza pare proprio avere le ore contate. Si sono trovati i fondi per sostenerla: ma solo fino al 21 settembre. Non c’è una programmazione a lungo termine, come spiega Riccardo Montingelli, l’amministratore unico della società in house Santa Teresa, da cui dipende il Centro - e non ci sono neppure le determine che sbloccano gli importi promessi per la sopravvivenza. Non ancora, per lo meno.
Il valore “etico” ed “educativo” del servizio 118 per volatili e mammiferi è specificato sul sito web del centro faunistico. Ma sono state moltissime le iniziative fatte che hanno lasciato ricordi indelebili nel cuore degli studenti di ogni ordine e grado. Per fornire un numero, sono 191 le testuggini di terra accolte dal 2001 a oggi. Alcune di esse, dopo anni di cure e di lattughe sgranocchiate nei recinti della struttura, stanno per essere affidate allo zoo di Fasano, unico luogo in cui si ritiene che possano restare al riparo da qualsiasi minaccia.
«Non posso credere che andrà a finire così», spiega Paola Pino D’Astore. Ha dedicato anima e corpo a una sfida che può ben dire di aver portato avanti con successo. Mattinate intere a trasferire dall’uno all’altro ulivo un nido di civette destinato a cadere giù durante la potatura. Notti insonni a pensare, senza mai accanirsi, alle sorti dei rapaci notturni, perfino dei pipistrelli. E poi le volpi, i ricci di terra. Feriti, assistiti, curati. Tornati a nuova vita. Non c’è garanzia alcuna per il Centro di prima accoglienza per la fauna in difficoltà. Non dopo il 21 settembre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA