Cerano e l’uscita dal carbone, i sindacati aprono il dibattito: «A rischiare è l’occupazione»

Cerano e l’uscita dal carbone, i sindacati aprono il dibattito: «A rischiare è l’occupazione»
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Sabato 24 Giugno 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 20:48
Torna d’attualità, dopo un breve dibattito pubblico nelle scorse settimane, la questione del destino della centrale Enel “Federico II” di Cerano alla luce della strategia energetica nazionale che prevede, entro pochi anni, l’uscita dal carbone.
Le segreterie di Filctem, Flaei e Uiltec, dunque, hanno deciso di organizzare una fase di approfondimento e discussione con delegati sindacali e lavoratori elettrici del polo energetico di Brindisi proprio per discutere della questione, in questa fase di consultazione di portatori di interessi e parti sociali. 
Nell’audizione parlamentare del 10 maggio scorso, ricordano infatti i sindacati, il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero dell’Ambiente hanno presentato, la strategia energetica nazionale e illustrato gli interventi nei vari settori per concretizzare, in Italia, quanto deciso nella Conferenza sul clima di Parigi.
«Con questo elaborato del governo - sottolineano Filctem, Flaei e Uiltec - si stabiliscono i tempi per la riduzione obbligatoria del 40 per cento delle emissioni di gas-serra e nel sistema elettrico, si prevede l’uscita anticipata dal carbone in tre possibili scenari nel periodo 2025-2030 il tutto nell’ipotesi che al 2030 il 50 per cento della domanda elettrica sia coperta dalle fonti rinnovabili. Superare la produzione da carbone costerà oltre tre miliardi di euro, per nuove centrali, infrastrutture energetiche per il rafforzamento della rete elettrica italiana e per il riconoscimento ai produttori dei costi non ancora ammortizzati degli impianti esistenti». 
 
Uno «scenario davvero inedito» che prevede la dismissione della centrale termoelettrica di Brindisi, con i suoi 450 dipendenti diretti e 680 nell’indotto, nel 2025 e che, per i sindacati, «mette in luce gravi ed insostenibili ripercussioni di carattere socioeconomico e di tenuta occupazionale per l’intero territorio. La de-carbonizzazione non può e non deve essere pagata dai lavoratori e dalle loro famiglie».

La dismissione della centrale a carbone di Brindisi Nord e le difficoltà a realizzare gli investimenti presentati da A2A per la riconversione della ex centrale Edipower con la «perdita di centinaia di posti di lavoro» devono rappresentare, secondo i sindacati, «un monito per l’intera comunità». 
Per questo Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil ritengono «indispensabile la gradualità della transizione energetica, nella certezza degli investimenti sulle reti, la trasformazione o riconversione degli impianti esistenti per la garanzia del sistema elettrico italiano, che non può essere sostenuto solo da energia rinnovabile». 
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