"Locali per scambisti, non luoghi di prostituzione": nessuna condanna per i gestori

"Locali per scambisti, non luoghi di prostituzione": nessuna condanna per i gestori
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Sabato 21 Novembre 2015, 14:38 - Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 16:46
Gli scambi di coppia non erano la copertura di fenomeni di prostituzione. Lo ha stabilito il Tribunale di Brindisi che ha assolto tre persone: Carlo Saracino e Antonia Micelli, di Manduria e Fabrizio Salvatore Tondo, di Monteroni, tutti difesi dall’avvocato Massimo Manfreda.

Il processo, svoltosi per evidenti ragioni d'opportunità a porte chiuse, è durato tre anni ed era stato disposto dopo una articolata indagine condotta dagli investigatori del commissariato di Ostuni. Numerosi i testimoni sentiti, per lo più frequentatori del locale che avevano risposto alle domande non senza qualche imbarazzo.

Saracino, insieme ai suoi collaboratori Antonia Micelli e Fabrizio Tondo, era accusato di aver favorito la prostituzione presso il “Ritrovo”, a Ceglie Messapica, di una donna che veniva pagata 300 euro a serata. In sostanza, secondo l’accusa, la donna frequentava il locale in compagnia di Tondo fingendo di essere la sua compagna per poi partecipare invece alle serate degli scambisti.

Il club “Il Ritrovo” è noto a livello nazionale nel circuito riservato a locali dello stesso genere e Carlo Saracino, è il presidente nazionale di FederClubEuropa, associazione che appunto raggruppa una serie di night per scambisti di tutto il continente. Gli altri due sono collaboratori che finirono nel registro degli indagati della procura di Brindisi.



Per la procura invece il locale di Ceglie Messapica e lo scambismo erano solo un paravento per agevolare la prostituzione. La difesa, che ha parlato di “processo alla libertà sessuale”, ha avuto ragione dimostrando l’insussistenza dell’ipotesi accusatoria e che non esisteva alcuna prova di meretricio ma solo di una totale e libertà di costumi.

Il giudice Vittorio Testi ha accolto le argomentazioni della difesa respingendo le richieste del pubblico ministero, Raffaele Casto, che aveva invocato per tutti la condanna a una pena di cinque anni di reclusione.

I fatti risalgono al 2008. Due i capi di imputazione. Saracino e Micelli, con ruolo di istigatore e rafforzatore dell’altrui proposito criminoso, erano accusati di aver sfruttato o comunque favorito la prostituzione di donne non identificate. A tutti, invece, veniva contestato di aver favorito e sfruttato la prostituzione di una donna in particolare che veniva accompagnata all’interno del locale, vi rimaneva fino alla fine della serata e spesso indicava ai clienti la stanza dove dovevano appartarsi per avere rapporti sessuali.

Tutto lecito, secondo il Tribunale. Nulla che oltrepassasse i confini di quanto è disposto dalla legge.