Antidoping
di

Il dito, la luna e le scandalose statue seminude

3 Minuti di Lettura
Venerdì 29 Gennaio 2016, 14:52
Andiamoci piano con la storia delle statue dei Musei Capitolini coperte per non offendere l'ospite iraniano. Piano perché siamo su un terreno minato, quello della censura, e al classico invito “scagli la prima pietra chi...” sarebbe davvero difficile mettere i buoni da una parte e i cattivi dall'altra.Prendiamo l'esempio di Charlie Hebdo: siano stati tutti Charlie Hebdo dopo che i kalashnikov dei terroristi islamici hanno fatto strage di giornalisti e disegnatori. Le matite insanguinate hanno sostituito per settimane milioni di faccine sorridenti su Facebook e Twitter e tutti, quasi tutti, abbiano difeso la libertà di satira che è anche libertà di pensiero, di critica e di espressione. Poi, davanti alla vignetta del piccolo e sfortunato Aylan, con la redazione della rivista francesce che immaginava per lui un futuro da palpeggiatore sull'onda dei palpeggiatori seriali che a Capodanno hanno umiliato centinaia di donne nel nome di Allah, davanti a quella vignetta in tanti si sono fermati. E i je suis Charlie sono diventati d'un colpo je ne suis pas Charlie.

Ma la satira è satira soltanto se è libera satira e in quanto tale non deve avere dei limiti. Diciamo che l'unico limite dovrebbe essere quello imposto prima di tutto dal Codice penale e poi dalla coscienza di chi disegna o scrive e non dalla coscienza di chi legge o guarda. Che, ovviamente, a sua volta deve essere libero di scegliere se leggere e guardare o non leggere e non guardare e altrettanto libero di criticare. Ma senza censurare.

Cosa c'entra questo con quelle casse di compensato bianco che hanno nascosto le nudità delle statue nei Musei Capitolini?

C'entra perché c'è un “filo rosso”, un comune denominatore che unisce l'una e l'altra storia: è l'ipocrisia, la diffusa tendenza a leggere in superficie gli eventi, a concentrare l'attenzione sul dito ignorando la luna. Così come è stata ipocrisia la corsa a farsi rappresentare dalle matite postate in tutte le posizioni - visto che tanta solidarietà s'è sciolta alla prima, difficile prova -, è ipocrisia anche la corsa collettiva a denunciare la folle scelta - perché comunque resta folle - di coprire le statue per non suscitare scompensi ormonali nel presidente Rouhani. L'errore è stato gravissimo, la brutta figura ha assunto dimensioni mondiali e il significato del gesto probabilmente occuperà un posticino permanente nella storia dei rapporti tra Europa e Islam, tra Occidente e Oriente. Di dimensioni nazionali, invece, è ora la corsa allo scaricabarile, all'accusare l'altro: il vicino di scrivania, il capo, il capo dei capi e magari tra poco verranno chiamati in causa il fruttivendolo dell'angolo giù in strada o la cassiera del bar più vicino ai Musei Capitolini. Poi verrà il nulla, l'oblio. E quel genio che ha avuto la pensata continuerà impunito a pensarne altre e magari un giorno ripasserà quelle candide statue con della crema da scarpe di colore marrone per non turbare un capo di stato nero in visita guidata. Non sarebbe razzismo, ma solo stupido compiacimento.

Fin qui il dito. La luna, però, è qualcosa di spaventosamente più grande. Che, con tutto il rispetto nei confronti delle statue oscurate e di tutto ciò che quell'arte può rappresentare, dovrebbe davvero mobilitare le coscienze e non solo quelle. In visita a Roma, nei giorni in cui nei Musei Capitolini si lavorava febbrilmente per coprire cosce e tette di marmo, c'era il presidente di uno Stato nelle cui piazze si continua a impiccare chi è scomodo al Manovratore e chi non vuole piegarsi alla religione e alle sue leggi. Il presidente di uno Stato in cui le donne che commettono adulterio vengono lapidate – la-pi-da-te! -, dove i giornalisti che non si allineano finiscono in carcere, dove per chi vìola le leggi della Sharia c'è la tortura e il carcere, dove gli omosessuali sono perseguitati e le donne discriminate.

Basta leggere uno dei rapporti di una delle tante associazioni umanitarie, basta ascoltare le testimonianze per rendersi conto di quanto, in questo caso, sia piccolo il dito e quanto grande sia la luna. E che per il signor Rauhani, probabilmente, passare tra le nudità dell'Arte classica avrebbe lo stesso effetto di una passeggiata in un quasiasi mercatino rionale tra arrapanti manichini che indossano perizoma e reggiseni in pizzo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA