Puglia, la mappa dei rischi
«Sbagliato sottovalutare»

Puglia, la mappa dei rischi «Sbagliato sottovalutare»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Giovedì 25 Agosto 2016, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 12:27

Il maggior propellente che ha stimolato la tardiva corsa ai ripari, nel 2009, è stato il terremoto de L’Aquila: squarciò l’Abruzzo, travolse emotivamente il Paese, obbligò - tra le altre cose - a disseminare il terreno normativo e tecnico di nuovi paletti, possibili soluzioni, strumenti preventivi, monitoraggi più stringenti. Sulla carta. Da ormai sette anni, comunque, la classificazione sismica del territorio italiano è finalmente un supporto cruciale. O perlomeno lo è in teoria: dovrebbe innervare piani urbanistici e progettazione edilizia, ma non sempre è così, nonostante gli obblighi di legge. La mappa del rischio, a cura dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e del Dipartimento di Protezione civile, affresca il Paese con quattro differenti colori, a ognuno dei quali corrisponde una caratterizzazione (da zona 1 a zona 4) secondo l’indice di maggiore o minore pericolosità. Con una postilla: non esiste più il territorio “non classificato” e dunque potenzialmente “a rischio zero”, al punto che la zona a minor tasso di sismicità è prudenzialmente catalogata come area in cui “i terremoti sono rari”. Ma non impossibili.

La mappa pugliese. La Puglia è una specie di tavolozza multicolore: da 1 a 4, in sostanza non manca alcuna sfumatura. Sono in tutto 68 i Comuni - disseminati tra Bat e Foggia - etichettati con zona 1 o 2. Nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto l’indice di rischio è ritenuto basso (zona 4), soltanto in alcune porzioni del versante jonico il livello di guardia lievita un po’ (sono zona 3 Castellaneta, Crispiano, Ginosa, Laterza, Massafra, Mottola, Palagianello, Palagiano, Taranto e Statte). «Ma va prestata molta attenzione alla sismicità di tutta la Puglia» ammonisce Salvatore Valletta, presidente dell’Ordine dei geologi di Puglia. «La classificazione - aggiunge - meriterebbe un aggiornamento». Per tutti, anche per le aree apparentemente esenti da pericolo o lambite solo superficialmente: «Per alcune zone del Brindisino e del Tarantino - commenta Antonio Cardone, geologo ostunese - andrebbe ripensata la categoria di rischio. La Puglia ha una caratterizzazione sismica più forte nel Gargano. La bassa Murgia e il Salento, pur avendo avuto in passato episodi sismici di notevole intensità, sono soprattutto di quarta categoria: penso alla linea che congiunge Brindisi con Taranto, a Ostuni, al capoluogo brindisino, a Francavilla, a Carovigno. Ecco: andrebbe ripensata la valutazione del rischio, anche perché la statistica sismica è un primo e valido approccio». Tradotto: la storia non mente, le faglie hanno lunga memoria e i precedenti tragici non mancano.

Prevenzione, non previsione. L’avvertenza è d’obbligo: la mappatura dell’Ingv è un’analisi di tipo probabilistico che stima le chance di evento sismico in una data area e in un determinato arco temporale; ma non ha niente a che fare con la previsione di terremoti, strada al momento sbarrata quasi del tutto in assenza di metodi ed evidenze scientifiche. Di certo, la mappa del rischio dovrebbe essere la cometa nella redazione di strumenti urbanistici e progetti edilizi. Ma - spiega uno studio dell’Enea - «oltre il 70% dell’edificato attuale non è in grado di resistere ai terremoti», e la desolante statistica vale anche per edifici strategici come ospedali e scuole. Eppure, i costi per dotare di tutele antisismiche un edificio lieviterebbero soltanto del 10%. Sul punto Cardone è categorico: «Le indagini sismiche sono un obbligo di legge che, anche in zona 4, dovrebbe accompagnare ogni progettazione. Invece c’è una sottovalutazione da parte di tutti: committenti, progettisti, enti pubblici che dovrebbero valutare. Dovrebbe essere un obbligo a carico di tutti, con un insieme di professionalità in prima linea. Vale soprattutto per progettazioni conu superfici o volumetrie importanti. Eppure le norme ci sono: forse vanno specificate meglio, evitando di avere maglie troppo larghe».

La legge pugliese. Nelle aree caratterizzate come “zona 4” è facoltà delle singole Regioni prescrivere l’obbligo di progettazione antisismica: la Puglia lo ha fatto circa sei anni fa. Non solo: nel 2014 il Consiglio regionale ha approvato la legge sul “fascicolo di fabbricato”, lo strumento privilegiato per monitorare lo stato di salute di una costruzione. Spiega l’articolo 6: «I Comuni, entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, provvedono a raggruppare i fabbricati esistenti per probabile livello di rischio attuale (strutturale, geologico, e idrogeologico del suolo), sulla base delle informazioni e delle conoscenze delle caratteristiche geotecniche e idrogeologiche del suolo.

Entro lo stesso termine, i Comuni predispongono un cronoprogramma definito in base al livello del rischio, finalizzato alla sottoposizione dei fabbricati interessati alla verifica obbligatoria della loro condizione statica». L’assenza di verifica delle condizioni statiche e relazione tecnica comporta sanzioni fino a 50mila euro, mentre l’accertata mancata messa in sicurezza dei fabbricati sfocia nella dichiarazione di inagibilità e nello sgombero forzato. Resta da capire se, come e quanto i paletti normativi siano davvero rispettati e applicati nei singoli Comuni.

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