In piazza 5mila trattori a difesa del grano italiano

In piazza 5mila trattori a difesa del grano italiano
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Sabato 30 Luglio 2016, 11:19 - Ultimo aggiornamento: 11:59
In piazza la guerra del grano. La protesta dei produttori di frumento contro la caduta dei prezzi e l'invasione di import straniero ha vissuto ieri una nuova giornata di mobilitazione in diverse città italiane. Coldiretti (con il presidente nazionale Roberto Moncalvo) ha guidato la protesta di migliaia di produttori, che con i loro trattori hanno pacificamente occupato il lungomare Nazario Sauro a Bari, dove si sono radunati oltre 5mila agricoltori.
Il grano, denunciano gli operatori agricoli, viene pagato praticamente a metà dello scorso anno su valori che non coprono i costi di produzione e provocano l'abbandono e la desertificazione. «Il grano pugliese - spiegano gli agricoltori - è stato colpito da una speculazione da 145 milioni di euro pari alle perdite subite dagli agricoltori per il crollo dei prezzi rispetto allo scorso anno, senza alcun beneficio per i consumatori».

«La Puglia che è il principale produttore italiano di grano duro è paradossalmente anche quello che ne importa di più, tanto da rappresentare un quarto del totale del valore degli arrivi di prodotti agroalimentari nella regione. A pesare sono le importazioni in chiave speculativa - spiega il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele - che si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente».
Al fianco degli agricoltori, ed in piazza, è scesa anche la Regione: «La Puglia è il grano, è l'agricoltura, i vostri sacrifici e le vostre famiglie. Sto quindi difendendo identità di una Regione che è riuscita a costruire sul grano la propria ragione di esistenza», ha tuonato dal palco il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano: «Senza grano di qualità è impossibile costruire iniziative legate al brand Puglia ed Italia. Un elemento centrale e senza questo tutto il resto rischia di cadere».

Emiliano, quindi ha concluso: «Stiamo sostenendo le ragioni di una civiltà. Noi vogliamo costruire in accordo con mondo agricolo una legge che spieghi ai commercianti e produttori dell'importanza di utilizzare il grano pugliese».
La portata della crisi per i produttori italiani di frumento si evidenzia da alcuni numeri: le quotazioni del prodotto sono tornate ai livelli di trent'anni fa, con il grano duro per la pasta che viene pagato anche 18 centesimi al chilo, mentre quello tenero per il pane ancora meno, 16 centesimi al chilo. Le speculazioni dei mercati finanziari e il ricorso spregiudicato all'import di basso prezzo, secondo le organizzazioni agricole, sono le cause del disastro.

Ma i vertici dell'Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane (Aidepi) non ci stanno. Ed è botta e risposta: «Grano estero killer della produzione italiana? Semmai è vero il contrario. In realtà l’import di grano estero di qualità salva il mito della pasta italiana: il suo gusto, la sua competitività internazionale e l’occupazione di 120 aziende pastarie e 300mila aziende agricole italiane», afferma Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di Aidepi. «Purtroppo, l’origine italiana del grano duro non è in sé sinonimo di qualità», prosegue Felicetti: «Negli ultimi 7 anni i valori proteici del grano duro italiano sono stati molto prossimi al 12%. Spesso anche inferiori. Al limite, dunque dei parametri stabiliti dalla legge di purezza (10,5%) e ampiamente al di sotto delle esigenze necessarie per produrre una pasta di alta qualità. Per questa ragione, anche in anni, come questo, di produzione abbondante, rimane necessario importare grano duro estero di qualità top (in genere tra il 30 e il 40% del totale) per ‘rinforzare’ la
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