Parigi, stretta di mano tra l'imam e il rabbino. E Netanyahu sfila al fianco di Abu Mazen

Parigi, stretta di mano tra l'imam e il rabbino. E Netanyahu sfila al fianco di Abu Mazen
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Lunedì 12 Gennaio 2015, 06:04 - Ultimo aggiornamento: 08:40
dal nostro inviato Nino Cirillo

PARIGI Come non notarli? Offrivano uno scatto storico, lo scatto di un mondo che vuole fermare il terrore. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu da una parte, alla destra di Hollande, appena dopo i primi ministri di Gabon, Niger e Mali, e il leader palestinese Abu Mazen, invece, dall'altra parte, subito dopo la Merkel, quasi accanto a Renzi. Tutti sulla stessa linea, fianco a fianco insomma, tutti e due impegnati in quella «marcia repubblicana» che, un giorno potremo dire, forse ha cambiato la Storia.



LA STRETTA DI MANO

Non hanno fatto sconti alle tv, Netanyahu e Abu Mazen, non hanno regalato né abbracci né altro, ma uno spettacolo di straordinaria compostezza, di impegno vero, di un comune sentire. Ci avrebbero pensato fuori da quel corteo il rettore della Grande moschea di Parigi Dalil Boubakeur e il capo del Concistoro ebraico di Francia, Joël Mergui, a regalarci la foto della giornata: una solenne stretta di mano la loro, un clima di solidarietà ritrovato, lo stesso clima che avrebbe confermato di lì a poco, l'intero, infinito corteo.



A cominciare dal cartello che imbracciava Nora, una insegnante di scuola materna di 48 anni: «Mio padre è musulmano, mia madre è cattolica, io sono umana». Già, un essere umano, semplice no? Eppure a decine i giornalisti di tutte le tv del mondo le si sono fatti incontro. E Nora sorrideva, aveva colto nel segno. Poi Eric, 55 anni, ebreo: «Io spero che i musulmani restino al nostro fianco, anche dopo questa manifestazione. Debbono deinventare la forza di punta di questa nostra Repubblica».

Le bandiere poi, mescolate e bellissime anche quelle. Algerine, turche, palestinesi. Come quella che teneva per mano Ahmed, e con l'altra la sua bambina: «No, non ho paura. Sono qui e non mi ha minacciato nessuno, non ho incontrato nessuna resistenza nella mia famiglia. Sono qui per mia figlia, per il suo futuro».

LA SOLIDARIETÀ



Paura invece hanno avuto, nelle ore più difficili di queste tremende giornate, i fratelli Mamadou e Lassana, che adesso sono qui, però, in place de la République. Sono due operai di Montreuil e lo ammettono: «Venerdì, a pregare alla moschea, non siamo andati. Temevamo che potesse accadere qualcosa dopo i due blitz, che ci potesse essere un seguito. Adesso siamo qui per testimoniare che i fratelli Kouachi e il loro complice sono dei barbari, non dei musulmani». Questo solo per dire di quelli che i microfoni sono riusciti a intercettare. Ma tutti gli altri? Ne abbiamo visti a migliaia di cartelli con su scritto: «Sono ebreo, sono musulmano, sono Charlie». Come se non s'aspettasse che questo freddo pomeriggio di gennaio per voltare finalmente pagina, per ricominciare insieme.