La strategia, le vacanze insanguinate

di Paolo Graldi
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Venerdì 26 Giugno 2015, 22:58 - Ultimo aggiornamento: 27 Giugno, 00:00
Gente sulla spiaggia, bambini che giocano sul bagnasciuga, altri accarezzati dal sole o riparati sotto gli ombrelloni di paglia, su tutto il fruscio delle onde e del vento calmo. Profumo di relax, di vacanza. Poi, all’improvviso il crepitare dei colpi, le grida, il fuggi fuggi in cerca di un riparo, la falce dei kalashnikov che si abbatte disegnando ventagli di morte. La morte sale dal mare, come un’onda anomala e assassina.



Il commando approda su un gommone. Sta in questa fulminea sequenza il senso dell’attacco ai resort di Sousse. Spargere il terrore tra i turisti, mostrargli dal vivo e nel più truce dei modi, che questa terra non è loro e sarà solo la loro tomba. Sembrano dire: occidentali, voi venite qui sotto il nostro sole, noi lo oscureremo con le nostre bandiere nere, Lo stesso accadde al museo del Bardo, in marzo, raffiche contro i turisti nelle sale, per le scale, mentre scendevano dai pullman.



Un messaggio intriso di odio, una minaccia che scende sugli innocenti come un ombrello di fuoco, inatteso, imprevisto, micidiale. La strategia del terrore, qui in Tunisia, compie la sua tragica replica e compie la carneficina di stranieri in vacanza che suona, appunto, come tremendo monito a non sfidare più l’ira del Califfo. Ammettiamolo, da ieri il turismo in quei luoghi subisce un colpo micidiale, la gentilezza di quella gente viene ferita per sempre.



Un filo rosso, rosso sangue, unisce gli attentati di matrice islamica progettati e attuati, nell’anniversario della presa di Mosul, capitale dell’autoproclamato stato islamico, da cellule terroriste, che hanno risposto all’imperativo del Califfato che chiedeva per gli “infedeli tempo di calamità”. All’alba in Somalia, camion kamikaze fa trenta morti, appena dopo le dieci assalto alla raffineria vicino a Lione, un uomo decapitato, la testa infilata in una cancellata, accanto la bandiera nera dell’Isis, alle dodici e mezza assalto con cinture esplosive contro un’affollatissima moschea sciita di Kuwait City e, infine, l’attacco su gommoni venuti dal mare a due hotel resort a Sousse, in Tunisia, più di trenta vittime, decine di feriti. Cellule scollegate tra loro, a quel che pare, che rispondono a proclami d’attacco, facilitati dal mese del Ramadan che raduna grandi masse di fedeli.



Diverso l’attacco di Lione, del quale si vanno distinguendo i caratteri niente affatto rassicuranti di “cellule in sonno”, due o tre individui, che partono per compiere atti ad alto potenziale distruttivo, mettendo in conto il “martirio”, il che rende pressoché impossibile un’azione di prevenzione efficace.



Diverso ancora l’attacco ai bagnanti dei resort, sorpresi dal commando sbarcato da un gommone: raffiche sui turisti, all’impazzata, in pochi attimi un diluvio di proiettili semina la morte tra i lettini bianchi di plastica, gli ombrelloni di paglia intrecciata, davanti a quel mare verde smeraldo, nella calma di un giornata di sole e di brezza fresca. Asciugamani colorati, immagine raggelante e paradossale, usati per coprire pietosamente quei corpi immobili, fulminati da una furia incontenibile che si è poi spostata anche all’interno di uno dei due resort.



Uno degli attentatori è stato preso, come accadde al museo del Bardo. Preso anche l’uomo di Lione, che i servizi segreti “attenzionavano” sorvegliandolo, com’era accaduto per quelli dell’assalto alla redazione di “Charlie Hebdo” e al negozio ebraico.



L’allerta, ovviamente è al massimo livello. Cristiani, sciiti e sunniti, gli obiettivi dichiarati del Califfato di Mosul. Lanciati, rilanciati e raccolti.



La Tunisia, a stento ripresasi dal massacro al museo ripiomba nella paura diffusa subendo un colpo durissimo, forse mortale, alle strutture turistiche di gamma internazionale. Infestata da cellule jihadiste la Tunisia paga un prezzo altissimo, il sogno di consolidare i benefici effetti della primavera (qui assai più fiorenti che altrove) subisce l’incubo di una minaccia palpabile e tuttavia imprevedibile proprio perché basata su elementi mimetizzati, solo in apparenza quieti e integrati, ma pronti a muoversi, magari di propria iniziativa, rispondendo di fatto agli appelli di guerra del califfato.



Le investigazioni contribuiranno a chiarire il quadro delle complicità. Si ha fin d’ora l’impressione di una mobilitazione su larga scala, tre continenti coinvolti, obiettivi diversi per finalità omogenee rispetto agli obiettivi che si prefiggono. Gli appelli a non avere paura, sempre opportuni, non cancellano un senso diffuso di indeterminatezza, proprio perché il nemico è sfuggente, impalpabile, quasi mai prevedibile.



La grande scossa degli attentati di ieri servirà comunque a rifondare una collaborazione di polizie e di intelligence finora a maglie larghe anche se, come nel caso italiano, tutti riconoscono la straordinaria professionalità dei nostri apparati e delle numerose circostanze in cui la penetrazione nel campo avverso è servita a sventare piani d’azione prima che esplodessero sul campo.