Il dolore e la rabbia, in 8mila per l’ultimo saluto. Il vescovo: «Interessi più forti delle vite»

Il dolore e la rabbia, in 8mila per l’ultimo saluto. Il vescovo: «Interessi più forti delle vite»
di Vincenzo DAMIANI
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Giovedì 14 Luglio 2016, 13:50 - Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 15:47

Il vescovo ha appena concluso la benedizione, le 13 bare ad una ad una vengono sollevate e portate via lentamente. Mamme e papà provano ad aggrapparsi, nonno e zii si stringono tra loro per farsi forza. E mentre i palloncini bianchi per la giovane Jolanda vengono liberati verso il cielo, 13 applausi consecutivi accompagnano l’uscita dei feretri. È l’ultimo saluto di 8mila persone alle 13 delle 23 vittime del disastro ferroviario che ha scosso l’Italia. La pioggia battente e le raffiche di vento che sferzano Andria fanno vibrare persino le mura del palazzetto dello sport dove si celebra il rito funebre, non poteva che essere questo il cielo sopra la Puglia in questo plumbeo sabato mattina. Pioggia fuori, lacrime e disperazione dentro. In mezzo, le dure parole pronunciate dal vescovo Luigi Mansi, durante l’omelia, davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella, al governatore pugliese Michele Emiliano, al presidente della Camera Laura Boldrini, al ministro dei Trasporti Graziano Delrio e a tutti i sindaci con la fascia tricolore assiepati sulle tribune: «Le nostre coscienze – rimprovera - sono state addormentate da prassi che ci sembrano normali ma non lo sono: quelle prassi dell’economia in cui non si pensa alla vita delle persone ma alla convenienza e all’interesse, senza scrupoli e con piccole e grandi inadempienze del proprio dovere, verso i diritti delle persone, a cominciare dai più deboli e fragili». Gli affari messi avanti alla vita in una terra, il Mezzogiorno d’Italia, «dimenticata»: «Temiamo – dice ancora il vescovo con voce ferma ma serena - che per troppi anni e per tante persone queste terre siano state considerate le periferie dell’Italia, quelle periferie alle quali il nostro Papa Francesco ha fatto tante volte riferimento. Speriamo che si sospenda questo fare e che ci si occupi dei diritti di tutte le persone a cominciare dai più deboli e fragili, a cominciare proprio dalle periferie».

 

 


 

Le carezze di Mansi sono solamente per i parenti delle vittime e per i volontari, i soccorritori e tutti quei pugliesi che si sono messi in fila per donare il sangue quando ce ne è stato bisogno: «Una meravigliosa solidarietà». «Queste persone – conclude Mansi, con al suo fianco anche il vescovo della diocesi di Cerignola Ascoli Satriano monsignore Luigi Renna, e monsignore Domenico Cornacchia, vescovo della diocesi di Molfetta Ruvo Giovinazzo Terlizzi - non sono morte in silenzio. Asciuga Padre le lacrime di chi è triste e vieni in nostro soccorso». Anche Papa Francesco partecipa con un messaggio al dolore delle famiglie: «Invoca – legge il vescovo – una pronta guarigione ai feriti e affida alla protezione della vergine Maria quanti ora sono nel dolore».
Sugli spalti del palazzetto, dove solitamente a dominare sono gli incitamenti dei tifosi, si prega fissando verso il basso quelle 13 bare in mogano che proteggono le salme di Pasqua Carnimeo, Pasquale Abbasciano, Giuseppe e Serafina Acquaviva, Rossella Bruni, Luciano Caterino, Michele Corsini, Giulia Favale, Jolanda Inchingolo, Benedetta Merra, Fulvio Schinzari, Gabriele Zingaro, Giovanni Porro. Gli occhi lucidi degli 8mila presenti sono ipnotizzati dal rosso delle ghirlande a forma di cuore che si staglia sul marrone dei feretri sistemati uno accanto all’altro. Al centro spicca una bara bianca, è quella di Jolanda, la 25enne che a settembre si sarebbe sposata. A pochi centimetri c’è un palloncino, è a forma di Minion, il personaggio di un film d’animazione. Jolanda lo stringeva tra le braccia in una sua foto recente e le è accanto anche in quest’ultimo momento. «Perché proprio loro?», singhiozza una donna in prima fila. Non può esserci risposta, c’è solo il rumore della pioggia che continua incessante.

Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, si avvicina al feretro del poliziotto Schinzari, la fissa per qualche istante, poi dà una carezza alla moglie dello sfortunato agente, capo del personale della Questura di Bari. Sugli spalti ci sono anche i ragazzi di Giulia Favale, i suoi amati studenti che dal Salento hanno raggiunto Andria per dirle “grazie” per l’ultima volta. Sono scossi, composti, increduli: solo qualche ora prima dello scontro tra treni tra Andria e Corato avevano salutato la professoressa di francese, allegri come al solito e con la promessa di ricominciare gli studi a settembre con la stessa dedizione. Tra gli stretti corridoi del palazzetto dello Sport i volontari della Protezione civile e di diverse associazioni provano a farsi largo per soccorrere chi non ce la fa a reggere il peso delle emozioni. Le bottigliette di acqua passano di mano in mano, e nonostante non faccia caldo sono comunque una manna dal cielo. Ci sono anche degli psicologi, resteranno accanto ai parenti, in prima fila, per sorreggerli e consolarli ogni volta che ce ne sarà bisogno. Quando anche l’ultima bara viene sollevata e portata via, nel palazzetto cala un silenzio intenso. L’impianto lentamente si svuota, una nuvola di palloncini bianchi, gli stessi dedicati a Jolanda dai suoi amici, accompagna gli ultimi mesti istanti. All’esterno si aprono gli ombrelli, diluvia e il cielo è nero. «Si torna a casa mentre tutto piange attorno a noi», scrive su Twitter Emiliano, pubblicando la foto dei nuvoloni scuri all’orizzonte. In un giorno così non poteva che essere questo il cielo sopra la Puglia.





 

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