Renzi, per il Colle metodo Ciampi, il Pd farà un nome ai partiti

Renzi, per il Colle metodo Ciampi, il Pd farà un nome ai partiti
di Alberto Gentili
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Lunedì 15 Dicembre 2014, 06:01 - Ultimo aggiornamento: 15:57
Le grandi manovre per il Quirinale sono ufficialmente scattate.A dare il via è Matteo Renzi in persona. Il premier e segretario del Pd, non richiesto, né sollecitato, in coda della sua relazione all'assemblea nazionale dem, mette a verbale: «C'è chi dice, “Oddio dobbiamo eleggere il presidente della Repubblica!”. Io invece non ho paura. Il fatto che nel 2013 questo Parlamento abbia fallito, non significa che non sia stata imparata la lezione. Non ho alcun dubbio che quando arriverà il momento il Pd, dopo una discussione interna, andrà a parlare con le altre forze politiche e saprà indicare un garante delle istituzioni».



Segue dedica a Giorgio Napolitano e standing ovation di tutti i dem: «Può darsi che questa sia l'ultima assemblea con Napolitano presidente, non lo so. Ma so che in queste ore il presidente della Repubblica sta facendo il presidente della Repubblica e che lo farà fino all'ultimo giorno con il nostro sostegno». Applausi e sospiri in sala. La paura di un nuovo naufragio c'è. Eccome. A dare il via è Matteo Renzi in persona. Il premier e segretario del Pd, non richiesto, né sollecitato, in coda della sua relazione all'assemblea nazionale dem, mette a verbale: «C'è chi dice, “Oddio dobbiamo eleggere il presidente della Repubblica!”. Io invece non ho paura. Il fatto che nel 2013 questo Parlamento abbia fallito, non significa che non sia stata imparata la lezione. Non ho alcun dubbio che quando arriverà il momento il Pd, dopo una discussione interna, andrà a parlare con le altre forze politiche e saprà indicare un garante delle istituzioni».



Segue dedica a Giorgio Napolitano e standing ovation di tutti i dem: «Può darsi che questa sia l'ultima assemblea con Napolitano presidente, non lo so. Ma so che in queste ore il presidente della Repubblica sta facendo il presidente della Repubblica e che lo farà fino all'ultimo giorno con il nostro sostegno». Applausi e sospiri in sala. La paura di un nuovo naufragio c'è. Eccome.



Di più Renzi non dice. Ma è evidente che da ora a fine gennaio, quando presumibilmente il Parlamento procederà all'elezione del nuovo capo dello Stato (le dimissioni di Napolitano sono stimate intorno al 14 gennaio, dopo che si sarà chiuso il semestre di presidenza italiana dell'Unione), quasi ogni parola, mossa e trattativa del premier, sarà da inserire nelle grandi manovre quirinalizie. Italicum incluso.



Renzi assicura di non aver «ancora messo la testa sui candidati». E in parte c'è da credergli visto che, come afferma il suo braccio destro Lorenzo Guerini, «qualsiasi nome che esce fuori adesso è immediatamente bruciato». Ma c'è chi è pronto a scommettere che il premier abbia «già un candidato, però lo tiene segreto perché Matteo sa che la partita è così delicata che non è il caso di fidarsi neppure di... se stesso...».



Una battuta che la dice lunga sulla delicatezza della partita. Tant'è, che per ora Renzi ha rivelato soltanto il «metodo» con cui procederà alla scelta del successore di Napolitano: «Il Pd, con i suoi 450 grandi elettori, avrà l'onere e l'onore di indicare il candidato da proporre alle altre forze politiche». Una sottolineatura, quella dell'accordo all'interno del Pd, che spiega i toni non troppo bellicosi con cui il premier si è rivolto alla minoranza. «Finché ci sarà da eleggere il capo dello Stato», chiosa velenoso Pippo Civati, «Renzi non si può permettere di spaccare il partito. Poi, vedrete...».



IL PROSSIMO PASSO

Il primo step, dunque, sarà provare a trovare un «candidato condiviso» nel Pd. «Il secondo», come spiega Guerini, «sarà rivolgersi alle altre forze politiche. Berlusconi dice che il Quirinale è nel patto del Nazareno? Non è vero. L'intesa verrà cercata con tutte le forze politiche, senza esclusioni». Anche con i Cinquestelle.



Ma per riuscire in questa operazione, per non rischiare di fare la fine del suo predecessore Pierluigi Bersani «affossato dall'agguato dei cento», Renzi ha sposato «il metodo Ciampi». «Insieme a tutto il partito», spiega un fedelissimo, «sceglieremo un nome non troppo targato e decisamente autorevole e inattaccabile, con un'elevata caratura istituzionale e internazionale. Un Ciampi, insomma. Ma un Ciampi politico perché è finita la stagione della politica ostaggio dei tecnici». L'ambizione e la speranza di Renzi: riuscire a far eleggere il nuovo capo dello Stato alla prima votazione, in modo da evitare «la palude parlamentare», così com'è appunto accaduto con Carlo Azeglio Ciampi nel 1999. Se invece l'operazione si annunciasse troppo difficile, la scelta del premier cadrà su un nome «più schierato» e tenuto segreto fino alla quarta votazione, quando per eleggere il Presidente basterà la maggioranza assoluta del Parlamento. «Ma anche in questo caso sarà un candidato che nessuno accusare di ubbidire a Matteo».



L'altra mossa del premier, oltre a non esacerbare lo scontro con la minoranza, è rottamare l'Ulivo. E con l'Ulivo, di fatto, tutti i leader di quella stagione della sinistra. A cominciare da Romano Prodi. Così, in corsa c'è Franco Bassanini, ormai di casa a palazzo Chigi. E ci sono Giuliano Amato (sponsorizzato da Berlusconi), Pier Carlo Padoan, Pier Ferdinando Casini e Roberta Pinotti che ieri non ha mai lasciato la prima fila durante l'assemblea dem. Mario Draghi, invece, è l'outsider che Renzi teme. Da qui l'«assoluta necessità» di un'intesa preventiva «per non doversi rivolgere a un salvatore della Patria...».