Quirinale, i numeri preoccupano Renzi: «Ma parte una fase politica nuova»

Quirinale, i numeri preoccupano Renzi: «Ma parte una fase politica nuova»
di Alberto Gentili
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Venerdì 30 Gennaio 2015, 05:59 - Ultimo aggiornamento: 21:49
«I voti sono pochini pochini. Speriamo che passi...». Alle otto di sera, dopo una giornata trascorsa a contare e ricontare i voti potenziali per Sergio Mattarella e a leggere e rileggere le dichiarazioni di Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, dalla stanza del governo di Montecitorio dove sono riuniti h24 Lorenzo Guerini, Luca Lotti e il cerchio ristretto dei renziani, trapela una palpabile preoccupazione.

I conti danno Mattarella, «l'uomo dell'etica e della moralità, l'uomo con la schiena dritta che sa dire no anche a chi l'ha indicato» (Matteo Renzi dixit), poco sopra la soglia di sicurezza per la quarta votazione di domani. In tutto 581 voti, inclusi 10 transfughi grillini. «Ma bisogna prevedere una quota fisiologica di franchi tiratori del 10%, dunque siamo più o meno a 520 voti sicuri», dice uno dei “contabili”. «Pochini pochini», appunto.



DISARMATI I FRANCHI TIRATORI

E' per questo che Renzi, parlando ai grandi elettori del Pd, ha scandito una frase studiata proprio per disarmare i franchi tiratori di casa. Per fermare gli scontenti, quelli che sostenevano Walter Veltroni o Piero Fassino, Giuliano Amato o Pier Luigi Bersani, e che avrebbero potuto tentare il ripescaggio del loro leader nel segreto dell'urna: «Attenti, questo non è un passaggio per bruciare nomi. Il candidato del Pd sarà uno, non ce ne saranno altri...». Come dire: inutile che proviate a orchestrare agguati, nessuno di voi ci guadagnerebbe.



Ma visto che i voti sono «pochini pochini» c'è anche da provare a recuperare Berlusconi. O, per lo meno, a strappare un aiutino nel segreto dell'urna. E con l'ex Cavaliere, Renzi usa più il bastone che la carota. Dopo avergli detto mercoledì: «Attento, che dopo Mattarella può arrivare Cantone», ieri alle sette del mattino ha ricevuto a palazzo Chigi proprio il magistrato dell'Autorità anticorruzione. E si è premurato di farlo sapere ai quattro venti. «E se non è Cantone, potrebbe essere Prodi», sibilano i renziani. Altro nemico giurato del capo di Forza Italia.



C'è però chi è convinto che il premier nelle prossime ore ricorra anche alla carota. Sentite Francesco Bonifazi, il tesoriere del Pd vicinissimo a Renzi: «Ci sono le condizioni per far rientrare in gioco Berlusconi. Matteo troverà un modo per tendergli la mano». E ascoltate il presidente del Pd, Matteo Orfini: «Speriamo di recuperare Berlusconi, del resto non ha obiezioni sul nome ma solo sul metodo e comunque Mattarella corrisponde all'identikit tracciato dal centrodestra che aveva chiesto un candidato che non avesse una storia di militanza nel Pd».



Ma tra i renziani c'è ormai la convinzione che si sia «aperta una fase politica nuova». Che il tentativo in extremis su Berlusconi serva soltanto per mettere in sicurezza Mattarella e non per rispolverare il Patto del Nazareno, una volta chiusa la partita del Quirinale: «Da sabato probabilmente avremo un nuovo Presidente e innegabilmente si apre un'altra fase...».



Una fase in cui Renzi, dopo aver ricompattato il Pd e Sel in occasione della madre di tutte le battaglie, rispolvera il bipolarismo. Torna a sinistra. Mattarella in quanto ex dc è un politico di confine, ma è anche uno che il confine lo marca. E in modo ruvido, come dimostra la sua storia: si dimise dal governo Andreotti per provare a impedire il pasticcio sulle tv che lanciò Mediaset. «Mentre Napolitano», dice un altro renziano, «ha sempre predicato la pacificazione tra il Pd e Forza Italia». In molti gongolano dando credito a questa tesi: «Renzi è un genio, ha spremuto Berlusconi come un limone e ora che ha ottenuto la legge elettorale e non gli serve più, lo scarica», dice Bruno Tabacci, leader di Centro democratico.



Ma torniamo ai numeri, alla «vera ciccia di questa fase». Su due versanti. Gli ex dc e i grillini ortodossi. Dario Franceschini, Beppe Fioroni e molti altri ex dc del Pd hanno cominciato a fare i reclutatori tra gli ex democristiani in Parlamento. «Sono dappertutto in Forza Italia e in Area popolare, non potranno rinnegare un uomo che ha la loro stessa storia», profetizza Fioroni. E da Palazzo Chigi filtra il tentativo di agganciare i 40 voti di Raffaele Fitto: «Ha in odio Berlusconi e suo padre era grande amico di Mattarella...». «La Gladio democristiana è in gran spolvero e movimento...», certifica Paolo Naccarato che ha già portato in dote i 15 voti di Gal.

Sul versante grillino si muove il renziano Roberto Giachetti: «Si sta lavorando sui Cinquestelle, stiamo cercando di fargli capire che sarebbero dei folli se sabato, alla quarta votazione, non isolassero Berlusconi votando Mattarella. In quel modo seppellirebbero il Patto del Nazareno. E magari si potrebbe cambiare anche la legge elettorale. Chissà, con il Mattarellum...».



Ma c'è qualcos'altro, oltre ai numeri, che preoccupa Renzi. E' l'attivismo di Alfano. «Questa mattina ha riunito al Viminale, Berlusconi, Ghedini e tutta la banda», sibila un renziano del cerchio ristretto, «è come se si stesse intestando il no a Mattarella. Non vorremmo che indebolisse il governo. Ma in quel caso...». In quel caso? «Ci sarebbero le elezioni».