Il premier: o così o elezioni E oggi incontra Berlusconi

di Marco Conti
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Martedì 20 Gennaio 2015, 05:49 - Ultimo aggiornamento: 08:32
ROMA - Condizionare l’approvazione della legge elettorale per sedersi al tavolo della trattativa sul Quirinale. L’assalto al Patto del Nazareno, da parte delle minoranze Pd e FI, Matteo Renzi se lo aspettava. Malgrado sinora si sia guardato bene dal proporre nomi e abbia parlato solo di «metodo», è proprio il percorso avviato dal premier che la sinistra del suo partito contesta con più forza.



RICATTI

All’assalto, Renzi, è però deciso a rispondere serrando le fila dei contraenti il Patto del Nazareno. Tra questi una mano importante l’ha data ieri sera Angelino Alfano che a Milano ha avuto uno strategico faccia a faccia con Silvio Berlusconi. L’incontro di stamane tra l’ex Cavaliere e il presidente del Consiglio, e il successivo vertice di Renzi con il ministro dell’Interno, servirà ad aggiornare il pallottoliere in vista del voto al Senato. Margini per cambiare la legge elettorale togliendo o riducendo i capilista bloccati, come chiede la sinistra del Pd guidata da Gotor e Migliavacca (entrambe bersaniani), non ce ne sono. «Ormai è una questione politica e non di merito, se qualcuno pensa di porre veti o di ricattarmi si sbaglia», è sbottato Renzi dopo la riunione con i senatori. Malgrado il gran lavoro di Luigi Zanda, capogruppo del Pd a palazzo Madama, una trentina di senatori del Pd continuano a stare sulle barricate e minacciano quantomeno di astenersi. Visto che al Senato l’astensione viene considerata voto contrario, i rischi aumentano e potrebbero crescere se la minoranza del Pd dovesse saldarsi a quella di FI guidata da Raffaele Fitto, e ai grillini che non attendono altro che silurare governo, maggioranza e patto del Nazareno. «Vogliono andare contro decisioni assunte dal partito? Si accomodino, poi vediamo come finisce». La prima reazione del premier contro quello che definisce un «tentativo di golpe interno», è l’ufficializzazione dell’incontro con l’ex Cavaliere. I contatti tra i due non sono mancati in questi giorni, ma l’incontro mattutino a palazzo Chigi è il segnale di una sfida raccolta da parte di Renzi che ieri non a caso, incontrando i senatori, ha evocato la legge elettorale lasciata in vita dalla Consulta: «Non passa l’Italicum? Bene, ci terremo il Consultellum». Come dire che spazi per altre mediazioni sono impossibili e che la fine della legislatura è alle porte. Renzi, che tiene bene a mente le parole di Giorgio Napolitano sulla «legislatura delle riforme», considera infatti inutile una legislatura che archivia le riforme costituzionali e la legge elettorale. Due obiettivi che Napolitano, nel discorso di fine anno, ha considerato di fatto ben avviati e uno stop, in questo momento, sarebbe giudicato dal Rottamatore come la conferma che con questo Parlamento, fermo al 2013, è impossibile riformare il Paese.

IRRESPONSABILI

Cento uno è il numero assegnato dagli uffici del Senato all’emendamento-Gotor e cento uno furono i franchi tiratori che nel 2013 fecero la festa prima a Marini e poi a Prodi. «E’ il numero dell’irresponsabilità», sostengono i senatori renziani che da ieri pomeriggio sono in pressing sui colleghi della sinistra. Il fronte potrebbe assottigliarsi al momento del voto ma il rischio dello scivolamento verso il voto anticipato dovrebbe alla fine evitare la bocciatura della legge.



L’arroventarsi del clima, in vista del voto per il Quirinale, era da mettere nel conto e Renzi ha da tempo messo le mani avanti parlando di elezione al quarto scrutinio. Un modo per dire che non accetta ricatti nè dal Pd nè da FI. Il ricompattamento dell’area centrista, avvenuto ieri a Milano, consegna a Renzi un pacchetto di 250 grandi elettori che, sommati ai 450 del Pd, sarebbero in grado di eleggere il Capo dello Stato nelle prime tre votazioni o di reggere 180-190 franchi tiratori per eleggerlo dalla quarta in poi. Se è impossibile per Renzi portare sul Colle più alto un candidato deciso in solitudine, è altrettanto difficile che si lasci imporre un nome.



Sinora il presidente del Consiglio non ha espresso preferenze su nessun nome anche nei colloqui riservati e non lo farà oggi negli incontri mattutini. E’ facile immaginare che tutto dipenderà dalla tenuta del Pd sulla legge elettorale. Malgrado ciò trattative e posizionamenti sono in corso.